giovedì 29 settembre 2011

PIEDI: assorbire l’umidità corporea in eccesso



La lana Merinos, in assoluto tra le più pregiate al mondo, è uno straordinario isolante dal freddo grazie alle proprietà termoregolanti. E’ un valido aiuto nell’assorbire l’umidità corporea in eccesso, fino al 50% rispetto al suo peso della materia, e inoltre la sofficità e morbidezza della fibra attutiscono in modo eccellente le vibrazioni, e questo, per chi deve indossare le calzature antinfortunistiche molte ore al giorno,  migliora il benessere.


La lana Merinos svolge queste principali azioni:


effetto spugna: assorbe immediatamente ogni minima traccia di umidità con cui entri in contatto (fino a 50% del suo peso), portandola verso l'esterno dove evapora e neutralizzando così le sostanze nocive del sudore.  La lanolina, di cui è molto ricca garantisce da ogni possibilità di ristagno ed evita colpi di freddo. 
effetto isotermico: questa lana non scalda ma è isolante, mantiene semplicemente la temperatura dei corpi con cui è a contatto: perciò, se da un lato c'è una temperatura di 37 gradi e dall'altro di 50 gradi o più, queste restano invariate. 
effetto antiparassiti: la struttura e l'andamento dei peli impediscono l'accumulo, alla loro base, di polvere e sporco. In aggiunta all'assenza di calore e umidità non consentono il formarsi dell'ambiente adatto alla proliferazione di parassiti. 
effetto micromassaggio: la composizione del tessuto lanoso crea un effetto di “massaggio” alla pianta del piede, mantenendola particolarmente rilassata. 

E’ grazie a questo know-how che proponiamo, principalmente nel periodo invernale, calze con percentuale minima dal 25% fino al 70% di composizione lana.


LANA MERINOS INVERNALE, TERMICA TERMOREGOLANTE, TRASPIRANTE, ANTIBATTERICA, RINFORZI SPECIFICI NEI PUNTI DI MAGGIORE FRIZIONE, BANDE ELASTICIZZATE E PARTICOLARI TESSITURE ANTISTRESS.
LANA E POLIAMMIDE INVERNALE, TERMICA TERMOREGOLANTE, TRASPIRANTE, RIMAGLIATA A MANO, CON SPECIALI TESSITURE ANTISTRESS E AUTOMASSAGGIANTI. 


D.P.R. n. 151 (del 01/08/2011) - Breve Analisi e Sintesi


D.P.R. 151/11 NUOVO REGOLAMENTO PER LE PROCEDURE DI PREVENZIONE INCENDI

Il D.P.R. n. 151 del 01/08/2011, “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi a norma dell’articolo 49, comma 4-quater, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 221 del 22/09/2011, reca importanti e sostanziali modifiche alle procedure di prevenzioni incendi per l’emissione del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) da parte dei Comandi dei Vigili del Fuoco.

Il regolamento di semplificazione abroga completamente sia il D.P.R. n. 37 del 12/01/1998 che il D.M. 16/02/1982 introducendo nel suo Allegato I un nuovo elenco di attività soggette ai controlli dei VV.F. distinte in tre categorie, denominate A, B, C:

1. nella categoria A sono state inserite quelle attività dotate di “regola tecnica” di riferimento e contraddistinte da un limitato livello di complessità, legato alla consistenza dell'attività, all'affollamento ed ai quantitativi di materiale presente; 

2. nella categoria B sono state inserite le attività presenti in A, quanto a tipologia, ma caratterizzate da un maggiore livello di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica regolamentazione tecnica di riferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al parametro assunto per la categoria “superiore”, cioè la C; 

3. nella categoria C sono state inserite le attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza o meno della 'regola tecnica'.
Tali categorie, costituite per suddividere ulteriormente la singola attività in funzione di parametri di complessità (numero di addetti, volumi di materiali presenti, potenzialità, etc.) determinano procedure differenti, che saranno indicate in uno specifico decreto del Ministero dell’Interno. Nelle more dell'emanazione del nuovo regolamento recante la disciplina delle modalità di presentazione delle istanze per l'avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, continue­ranno a trovare applicazione le disposizioni contenute nel d.m. 4 maggio 1998.
Il regolamento entra in vigore il 7 ottobre 2011.


NUOVI IMPIANTI: PRESENTAZIONE PROGETTO ANTINCENDIO
Gli enti e i privati responsabili delle attività elencate nell’Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza al Comando dei Vigili del Fuoco competente territorialmente, l’esame dei progetti relativi a nuovi impianti e insediamenti. Analogamente si deve procedere in caso di modifiche successive ad impianti esistenti, comportanti aggravio delle condizioni di sicurezza antincendio.
Le modalità specifiche e la documentazione costituente il progetto di prevenzione incendi da sottoporre a verifica dai parte dei Tecnici del Comando dei VVF devono essere stabilite da apposito decreto del Ministero dell’Interno che dovrà essere emanato.
Per quanto riguarda la tempistica, il Comando dei VV.F. dovrà esaminare il progetto entro 30 giorni, richiedendo eventualmente documentazione integrativa, pronunciandosi sulla conformità del progetto entro 60 giorni dalla data di presentazione.
La novità pertanto è che le attività dell’elenco di cui Allegato I, categoria A, del D.P.R. n. 151, non sono soggette ad approvazione preventiva in fase di progetto da parte del Comando dei VV.F.


A titolo di esempio non esaustivo, rientrano tra queste attività escluse dalla verifica progettuale preventiva da parte del Comando dei Vigili del Fuoco (ma comunque soggette a rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi):
1. i depositi di bombole di GPL con capacità complessiva inferiore a 300 kg e i depositi di GPL in serbatoi fissi fino a 5 m3
2. gruppi elettrogeni di potenzialità superiore a 25 kW e fino a 350 kW
3. alberghi con più di 25 posti letto e fino a 50 posti letto
4. scuole con affollamento inferiore a 150 persone
5. locali adibiti ad esposizione (ad esempio negozi) con superifice superiore a 400 m2 e fino a 600 m2
6. centrali termiche di potenzialità superiore a 116 kW ma inferiore a 350 kW
Come si può notare, generalmente per ogni attività rimangono comunque dei limiti minimi da superare per essere soggetti a Certificato di Prevenzione Incendi.
Si evidenzia anche che, per quanto riguarda le tariffe richieste dai Comandi dei Vigili del Fuoco per l'espletamento dei servizi di verifica progetto e rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, per le nuove attività inserite nell'Allegato I (non presenti nel precedente elenco del D.M. 16/02/1982), si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, secondo la tabella di equiparazione riportata nell'Allegato II.


CONTROLLI DI PREVENZIONE INCENDI
Tutte le attività riportate nell’elenco dell’Allegato I del D.P.R. n. 151 del 01/08/2011 sono soggette a controlli da parte del Comando dei Vigili del Fuoco: in particolare prima dell’esercizio delle attività il responsabile della stessa dovrà darne segnalazione al Comando dei VV.F., presentando l’istanza di cui al comma 2 dell’art. 16 del D. Lgs. n. 139 del 8/3/2006, ossia la cosiddetta SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività). Le modalità saranno definite specificatamente da un decreto del Ministero dell’Interno, ma la comunicazione dovrà essere certamente corredata da tutto il materiale comprovante la conformità impiantistica e strutturale ai requisiti di antincendio.
Per quanto concerne i sopralluoghi svolti dal Comando dei Vigili del Fuoco per il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, il regolamento di semplificazione dei procedimenti di prevenzione incendi prevede:
1. sopralluoghi “a campione” per le attività di cui all’Allegato I, ricadenti nelle categorie A e B;
2. sopralluoghi per tutte le attività che hanno comunicato inizio dell’esercizio, ricadenti nell’Allegato I categoria C.
Qualora i sopralluoghi svolti dai tecnici del Comando dei VV.F. evidenzino difformità alla normativa antincendio, il responsabile dell’esercizio avrà 45 giorni di tempo per adeguare l’attività, in caso contrario il Comando procederà ad interdire le attività.


RINNOVO CERTIFICATO DI PREVENZIONE INCENDI: NUOVE SCADENZE
Tutti i Certificati di Prevenzione Incendi (CPI)sono soggetti a rinnovo quinquennale, ad eccezione delle attività di cui ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’elenco di cui Allegato I del D.P.R. n. 151/11, per le quali il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) ha durata pari a 10 anni. In ogni caso il rinnovo avviene mediante dichiarazione di “situazione non mutata”, in modo del tutto analogo a quanto già previsto dal D.P.R. n. 37 del 12/01/1998.


DEROGHE ALLE REGOLE TECNICHE DI PREVENZIONE INCENDI
Qualora l’applicazione delle regole tecniche di prevenzione incendi non sia integralmente possibile, a causa delle caratteristiche proprie delle attività, gli interessati possono effettuare richiesta di deroga, secondo le modalità che saranno definite da un decreto del Ministero dell’Interno. Tale richiesta di deroga alle normative antincendio può essere avanzata anche dai titolari di attività non rientranti tra quelle soggette a rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, ma comunque aventi attività ricadenti nel campo di applicazione di specifica normativa tecnica verticale.


NULLA OSTA DI FATTIBILITA’
Per progetti di particolare complessità, contenenti attività di cui all’Allegato I, categoria B e C, gli enti e privati interessati possono chiedere un esame preliminare ai fini del rilascio del nulla osta di fattibilità.


CONCLUSIONI
Il nuovo regolamento pubblicato con il DPR 151/11, recepisce quanto previsto dalla l. 30 luglio 2010, n. 122 in materia di snellimento dell'attività amministrativa, e individua le attività soggette alla disciplina della prevenzione incendi operando una sostanziale semplificazione relativamente agli adempimenti da parte dei soggetti interessati. 
Il nuovo regolamento tiene conto degli effetti che la “segnalazione certificata di inizio attività”, cioè la cosiddetta “SCIA” (l. n. 122/2010) determina sui procedimenti di competenza del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.


Un commento pubblicato nel sito dei Vigili del Fuoco: "per la prima volta, in una materia così complessa, viene concretamente incoraggiata un'impostazione fondata sul principio di proporzionalità, in base al quale gli adempimenti amministrativi vengono diversificati in relazione alla dimensione, al settore in cui opera l'impresa e all'effettiva esigenza di tutela degli interessi pubblici".



















martedì 27 settembre 2011

MASCHERINE ANTIPOLVERE: Scelta, Durata e Sostituzione

Per poter scegliere i respiratori e i filtri giusti, bisogna porsi le seguenti domande:

• Quali polveri sono presenti?
• Quanto è alta la loro concentrazione nell’aria ambiente sul posto di lavoro?

Se non si conosce la concentrazione di polveri è possibile fare riferimento alle applicazioni di settore, ma se non si conosce neppure il tipo di polveri, è obbligatorio svolgere un’individuazione dei pericoli, eventualmente rivolgendosi ad uno specialista della sicurezza sul lavoro.

Un respiratore sbagliato o usato in modo improprio può rappresentare un serio pericolo per la salute!




Attenzione!
I respiratori per polveri fini non proteggono dai gas e dai vapori nocivi e asfissianti. Non sono ammessi anche in caso di una concentrazione di ossigeno ridotta nell’atmosfera dell'ambiente.


98 %   TLV < 0,1 mg/m3 FFP3 / P3
92 %   TLV > 0,1 mg/m3 FFP2 / P2
78 %   TLV =  10 mg/m3 FFP1 / P1   

Occorre sottolineare che la penetrazione di particelle attraverso il filtro è solo una delle possibili fonti di esposizione delle vie respiratorie. Altre potenziali fonti, come la perdita di tenuta del facciale, la manutenzione inadeguata o il mancato utilizzo del respiratore in situazioni di rischio, sono tutti fattori che possono determinare un rischio di esposizione addirittura maggiore e che,
pertanto, devono essere debitamente valutati e controllati.

Prima di utilizzare i DPI delle vie respiratorie l’utilizzatore è tenuto ad accertarsi che le maschere di protezione impiegate siano quelle indicate per il tipo di sostanza nociva o tossica e la relativa concentrazione.


Classificazione P1 o FFP1:
a puro titolo esemplificativo

Al massimo per lavori con scarsa concentrazione di polveri e solo in caso di polveri assolutamente non tossiche, non nocive, non pericolose, quindi inerti.


Classificazione P2 o FFP2:
a puro titolo esemplificativo

Polveri minerali (ad es. polveri di miscelatura, cemento, scavo di roccia)
Polveri fibrose (ad es. lana di vetro e di roccia, escluse le fibre di amianto)
Fumi di saldatura di acciai non legati o bassolegati (non rivestiti, superficie pulita) non cancerogeni
Polveri di smerigliatura (ad es. di metalli, di plastica, di vernice)
Polveri di legno (eccetto faggio, quercia)
Polveri organiche (ad es. farina, cereali, cotone)
Polveri e nebbie contaminate da agenti biologici come germi e muffe, ad es. formatesi nella manipolazione di paglia e fieno (non protegge dai virus e dai microorganismi che causano gravi malattie)


Classificazione P3 o FFP3:
a puro titolo esemplificativo

Fumi di saldatura di acciai rivestiti e altolegati
Polveri contenenti quarzo (ad es. sabbia di quarzo, granito)
Microrganismi patogeni (virus, batteri, ecc.)
Polveri cancerogene (solo alcune: ad es. amianto, fibre ceramiche, cromati, metalli come nickel, cadmio, cobalto, berillio e i loro composti, polveri di faggio e quercia).

I facciali filtranti o i filtri devono essere sostituiti quando si avverte una aumento della resistenza respiratoria o quando si avvertono odori o sapori che precedentemente, durante l’utilizzo, non si percepivano o si percepivano in maniera ridotta.


Per i facciali filtranti, che possono presentare perdita di tenuta nel tempo, è opportuna la sostituzione dopo ogni turno di lavoro, o dopo tre turni per i modelli dotati di bordo di tenuta. Verificare ad ogni turno la corretta tenuta del respiratore.

E’ necessario indossare correttamente i DPI per non inficiare la protezione. Se sono presenti per esempio due elastici vanno indossati tutte e due, generalmente uno in posizione nucale e uno in posizione temporale. 


A classe maggiore corrisponde un maggiore strato filtrante con conseguente aumento della resistenza respiratoria. Molti tipi di maschere sono presenti sul mercato nella versione semplice e nella versione con valvola di espirazione: questa favorisce l’espulsione dalla maschera dell’aria espirata fornendo così minore resistenza alla espirazione. Inoltre grazie alla valvola di espirazione, all'interno del facciale filtrante ci saranno minore umidità residua e di conseguenza minore calore, quindi maggiore comfort e durata del DPI.

E’ assolutamente necessario indossare le maschere per tutto il tempo durante il quale si è esposti ai contaminanti (e per essere precisi sarebbe necessario indossarli prima dell'operazione e rimuoverli dopo che la stessa sia terminata). Togliere la protezione anche momentaneamente vanifica l'efficacia della protezione.


I DPI monouso devono essere correttamente smaltiti, mentre i DPI riutilizzabili possono essere puliti e disinfettati.

* Le mani devono essere accuratamente lavate ogni volta prima di indossare
un respiratore e dopo alverlo rimosso.
* Individui con problemi respiratori, quali asma o enfisema, dovrebbero verificare con un medico come utilizzare un respiratore.
La tenuta al volto del respiratore è estremamente importante. Se il respiratore non è perfettamente a tenuta, i contaminanti dispersi nell’aria possono penetrare tra il bordo di tenuta e il viso ed essere inalati. Qualunque cosa si trovi tra il bordo di tenuta del respiratore e il viso ne riduce l’efficienza filtrante.
Gli uomini dovrebbero tenere il viso ben rasato ogni volta che utilizzano il respiratore. Barba, baffi lunghi e basette possono essere causa di scarsa aderenza tra respiratore e viso. Inoltre tra il respiratore e il viso non devono esserci capelli, gioielli o indumenti.
I respiratori usa e getta non devono mai essere scambiati tra operatori, per nessuna ragione.


PIOMBO
Le polveri e i fumi prodotti dai processi industriali che implicano l’utilizzo di piombo o dei suoi composti possono essere assorbite e messe in circolazione nel nostro organismo. In genere viene espulso, ma può anche essere immagazzinato, e se la quantità di piombo accumulata nel corpo è
eccessiva, si possono manifestare sintomi quali cefalea e nausea. L’esposizione prolungata e non controllata al piombo può nuocere agli organi vitali.

AMIANTO
L’amianto è costituito da fibre sottili che si possono separare in fibre ancora più piccole, invisibili all’occhio umano. Se disperse nell’aria, queste fibre possono essere inalate e concentrarsi nei polmoni, danneggiandone i tessuti delicati (asbestosi) o addirittura determinando l’insorgere del cancro.

SILICE
Le microscopiche particelle di polvere di silice, chiamate silice cristallina respirabile, possono essere inspirate e raggiungere i polmoni, danneggiandone i tessuti delicati (silicosi) e provocando difficoltà respiratorie. L’esposizione prolungata alla silice cristallina può aumentare il rischio di cancro ai polmoni.

LEGNO
Se inalate, le particelle di polvere di legno possono irritare il naso e le vie aeree. In alcuni soggetti, l’esposizione a queste polveri può causare asma professionale, perché le particelle inalate possono scatenare una reazione allergica che determina una maggiore sensibilizzazione alle successive esposizioni. Le polveri di legno duro possono anche essere causa di cancro alle cavità nasali.

SALDATURA
I fumi di saldatura sono costituiti da una miscela di polveri sottili che possono irritare le cavità nasali e le vie aeree. L’inalazione di alcuni ossidi di metallo presenti nei fumi di saldatura può causare la cosiddetta febbre da fumi metallici, i cui sintomi, reversibili nel breve periodo, comprendono tosse, cefalea e febbre. L’esposizione a determinati composti di nichel e cromo
rintracciabili in alcuni fumi di saldatura può aumentare il rischio di cancro ai polmoni.

CROMO
Se inalati, le polveri, i fumi e le nebbie rilasciati dai processi industriali che impiegano il cromo e i suoi composti possono avere effetti nocivi sulla salute. I composti di cromo (VI) sono particolarmente pericolosi. Gli effetti a breve termine comprendono irritazione delle cavità nasali e delle vie respiratorie superiori, mentre nel lungo periodo possono insorgere patologie renali e
cancro alle cavità nasali e ai polmoni.

CEMENTO
Se inalate, le particelle di polvere di cemento possono irritare il naso e la gola. Alcuni processi di lavorazione del cemento possono inoltre rilasciare minuscole particelle di silicio che, una volta penetrate nei polmoni, possono danneggiarne i delicati tessuti (silicosi). L’esposizione prolungata può anche aumentare il rischio di cancro ai polmoni.

CARBONE
L’esposizione alla polvere di carbone può irritare il naso e la gola e, nel lungo periodo, può causare gravi malattie polmonari quali bronchite cronica, enfisema e pneumoconiosi. Nelle polveri di carbone è spesso presente la silice cristallina, che può portare alla silicosi, causando disturbi respiratori con conseguenze anche letali.

NICHEL
Se inalati, le polveri, le nebbie e i fumi prodotti dal nichel o dai suoi composti possono avere effetti nocivi sulla salute. L’esposizione ripetuta può essere causa di asma (i cui sintomi comprendono tosse e affanno) e, nel lungo periodo, aumentare il rischio di cancro alle cavità nasali e ai polmoni.

CEREALI
L’inalazione di particelle di polveri provenienti dalle coltivazioni di cereali può causare bronchite e irritazione delle cavità nasali e delle vie aeree. In alcuni soggetti, l’esposizione può determinare l’insorgenza di asma professionale. Le spore di muffe eventualmente presenti nel grano immagazzinato possono causare il “polmone del contadino”, una patologia che si manifesta con sintomi quali perdita di peso e dispnea (respiro corto).


Per la selezione maschere della protezione respiratoria e per la durata dei filtri devi conoscere il contaminante a cui sei esposto e qual è il livello di esposizione (concentrazione).

1° Contaminante
2° Gas number
3°Livello di esposizione misurato


Per indicarti la vita utile di un Respiratore devi sapere:

Livello/intensità dell’attività lavorativa
Livello di umidità
Temperatura del luogo di lavoro


Livello o intensità dell’attività lavorativa:

❏ Leggero (es. controllo da seduto in di macchinari)
❏ Medio (es. Movimenti leggeri di carichi)
❏ Pesante (es. Sollevamenti di pesi o carichi gravosi)




Impianti Elettrici: incidenti dovuti al mancato uso delle scarpe


Il mancato uso di scarpe adeguate in attività su impianti elettrici sotto tensione o comunque correlate a rischi elettrici. La dinamica degli incidenti, la normativa e le tipologie di DPI.




Il primo caso è relativo all’attività di installazione e manutenzione di attrezzature elettriche ed elettroniche.
Un operaio, assieme ad un collega di lavoro, si reca presso una stazione di conversione/trasmissione di una emittente radio allo scopo di eseguire alcuni interventi su apparecchiature elettroniche. Operazioni effettuata con gli impianti sotto tensione.
L’operaio, sprovvisto di guanti e di scarpe isolanti, durante il lavoro entra in contatto con elementi sotto tensione.
Al di là della mancanza dei DPI si è rilevato che nella suddetta stazione “l' impianto elettrico nel suo insieme non era a norma mancando, tra l'altro, di impianto di messa a terra e di protezioni differenziali”.
Dunque questi i fattori determinanti o modulatori (peggiorativi) dell’incidente:
- l'infortunato operava in presenza di parti attive in tensione;
- l'infortunato era sprovvisto di DPI ( guanti e scarpe);
- l'impianto era privo di messa a terra e di protezioni con interruttori differenziali e/o magnetotermici.

Il secondo caso è invece relativo ad un intervento su quadro elettrico sotto tensione.
Un operatore interviene in un quadro elettrico per un guasto al motore elettrico di un impianto di aspirazione dell’impianto di betonaggio.
Disattiva il sistema di sicurezza del quadro e con il cacciavite spinge un interruttore provocando un corto circuito. Viene investito da una fiammata alla mano, al braccio, alla spalla e al volto.
L’infortunato “doveva provare con le apparecchiature elettriche con dei tester” ed era sprovvisto degli idonei DPI (visiera, guanti, giubbotto, tuta e scarpe).


Il terzo caso è invece relativo ad attività edili.
Un lavoratore si trova “all’altezza del secondo piano fuori terra dell’edificio in costruzione intento a versare l’acqua necessaria alla preparazione dell’impasto della sabbia” che unita al cemento serve alla realizzazione del massetto sul quale deve essere posato il pavimento.
Nel compiere questa azione – mentre non indossa scarpe antinfortunistiche ma semplici zoccoli di cuoio – è a contatto diretto con la sabbia umida e si trova, inoltre, nei pressi del montacarichi per sollevare i materiali necessari per la realizzazione del pavimento. Improvvisamente il lavoratore viene folgorato e si accascia al suolo.
Dalle indagini emerge che “l’ impianto elettrico era realizzato e mantenuto in modo tale da poter essere causa di contatto accidentale con gli elementi sotto tensione. In particolare il montacarichi risultava privo di isolamento elettrico e l'impianto elettrico era privo di protezione differenziale al quadro principale e di messa a terra”.
Anche in questo caso i fattori determinanti sono relativi allo stato dell’impianto elettrico e all’utilizzo di un montacarichi privo di isolamento elettrico, tuttavia non bisogna tralasciare la mancanza di scarpe adeguate all’attività svolta.


Il D.Lgs. 81/2008 torna più volte sull’obbligatorietà per i lavoratori dell’uso dei dispositivi di protezione. Ad esempio all’articolo 20 ricorda che ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro e che, a questo proposito, deve utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a disposizione.


L'elenco dei DPI "indispensabili" lo trovate qui

Info tratte dall’archivio di INFOR.MO. strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi. Punto Sicuro.


Scala apribile DIELETTRICA e ISOLANTE normativa europea UNI EN 131
Scala apribile con piattaforma da 270 x 250 mm in polipropilene, ribaltabile automaticamente, e con gradini piani da 80 mm fissati ai montanti con risbordatura triangolare. Di tipo industriale, molto robusta, è costruita in vetroresina. E’ dotata di una vaschetta portaoggetti in polipropilene, di tappi antisdrucciolevoli alla base di 72 x 20 mm e cinghie antiapertura. La sua altezza alla piattaforma varia da un minimo di 0,69 mt. fino a un massimo di 2,80 mt.

lunedì 26 settembre 2011

DPI per le Vie Respiratorie: casi applicativi di Infortunio


Il 1° caso è relativo all’attività di montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili.
Due lavoratori, dipendenti rispettivamente di due ditte diverse, sono in un azienda per effettuare lo smontaggio di pale all'interno di una cisterna.
Vengono rinvenuti “privi di conoscenza all'interno del serbatoio, che in precedenza aveva contenuto un semilavorato a base di betone”.
I due lavoratori “non indossavano alcun presidio di protezione: né maschere, né imbracature di sicurezza”. Per il primo si constata il decesso, il secondo, prima in prognosi riservata, poi sciolta, “a seguito della mancanza di ossigeno all'interno della cisterna e/o di inalazione di gas tossici riporta lesioni guaribili in 30 gg”.
L’azienda presso cui si situava la cisterna “aveva provveduto alla verifica dei requisiti tecnico professionali dell'impresa a cui aveva appaltato i lavori ma, non aveva fornito alla stessa dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro (i testi parlano di odore di solventi e mai di azoto con cui era stata effettuata la bonifica del serbatoio il giorno prima). Tutte le procedure di lavoro, peraltro scritte, sono state disattese”.

Il 2° caso è relativo ad attività di sabbiatura delle pareti di un silos.
Un lavoratore si trova da solo, su un ponteggio alto circa 12 metri, installato all’interno di un silos (contenitore per vino), per effettuare operazioni di sabbiatura alle pareti. Improvvisamente altri lavoratori sentono un rumore e accorsi sul luogo trovano il lavoratore deceduto a terra.
“Sulla base delle rilevazione effettuate si ritiene probabile che l’infortunato abbia perso l’equilibrio durante la discesa del ponteggio.
A ciò si è giunti sulla base dei seguenti elementi:
- il corpo della vittima è stato rinvenuto all’interno del perimetro di base del ponte sul lato sinistro rispetto alla botola d’entrata;
- l’ultimo piano di calpestio (a circa 12 m di altezza da terra) presentava un’apertura da cui avrebbe potuto precipitare, ma essa si trovava nell’angolo destro sempre rispetto alla botola d’entrata;
- se fosse caduto per l’inadeguatezza del parapetto di protezione sarebbe caduto all’esterno della base del ponte;
- non ci sono elementi di salita e discesa sicuri ed adeguati lungo l’incastellatura, i lavoratori si arrampicavano sugli elementi stessi del ponte. Molto probabilmente utilizzavano le zone d’angolo dove gli elementi essendo sfalsati sui due lati sono più ravvicinati, inoltre tali piani essendo sfalsati fra loro lasciavano ampie aperture verso il vuoto;
- le condizioni di visibilità all’interno del silos erano pessime per la polvere che si liberava durante la sabbiatura che, in parte veniva estratta con un ventilatore posto all’imboccatura della botola e in parte residua nell’ ambiente;
- infine la maschera con cappuccio che indossava, in pessime condizioni, rendeva ancora più scarsa la visibilità”.
Come si vede sono molti i fattori determinanti dell’incidente, ad esempio le carenze del ponteggio o l’eccesso di polvere nel silos. Tuttavia nell’incidente è determinante anche il deterioramento della maschera con cappuccio.

Il 3° caso è relativo ad attività di pulizia di una cisterna.
Per ripulire una cisterna che ha contenuto acque di scarico provenienti dalle lavorazioni interne alle cantine (pulizia di vasi vinari, pompe, ecc.), alcuni lavoratori si accingono alla “pulizia mediante l'estrazione della parte liquida”.
Per la pulizia della parte solida, i fanghi depositati sul fondo della vasca, utilizzano quindi una pompa collegata all'autospurgo e immettono acqua in pressione tramite una lancia.
La “scala” per accedere all’interno della vasca di accumulo è “costituita da 2 scale in successione: la prima, del tipo alla ‘marinara’ con montanti di corda e scalini in alluminio”, ancorata con due grossi moschettoni alla barra centrale posta sull’apertura della botola e penzolante nel vuoto; la seconda, rigida in alluminio, a pioli, di lunghezza di 5,7 metri, “appoggiata con i piedi sul fondo e con la parte superiore alla parete della vasca, a circa 1 metro dalla botola”.
Le operazioni continuano fino al pomeriggio quando un operatore entra nella cisterna con un autorespiratore a circuito chiuso collegato con l'autospurgo: un secondo operatore è già all'interno della vasca munito di una maschera a filtri ABEK.
Ad un certo punto l'autista dell'autospurgo comunica che essendosi riempita la cisterna interrompe l'aspirazione dell’acqua e l’alimentazione dell’autorespiratore per andare a scaricare.  I due operatori all’interno della cisterna sollevano la propria maschera per “meglio comunicare all’autista che sarebbero risaliti subito, dando quindi l’assenso all’inizio della manovra di scollegamento dall’autospurgo”. Mentre si apprestano ad uscire dalla cisterna un lavoratore, poi deceduto, si sente male e inizia la salita delle scale per uscire; giunto quasi alla sommità perde i sensi e cadeva sul fondo della cisterna.
Nel frattempo l'altro operatore, che si trova all'interno della cisterna e si è tolto la maschera per comunicare con l’infortunato, si sente anch'esso male e si appoggia alla parete della cisterna in prossimità della scala. L’autista, che ha chiuso la valvola pneumatica e fermato il compressore dell’aspirazione, sente un richiamo di aiuto e, avvicinatosi alla botola, vede un operatore vicino alla scala ed uno a terra sul fondo della cisterna a circa 6 metri di profondità.
Ritorna quindi velocemente all’autospurgo, rimettendo in funzione la parte aspirante per permettere una circolazione (tipo vortice) di aria con l’intento di aspirare i gas presenti nella vasca di accumulo e far entrare aria pulita nella vasca, e dà l’allarme chiamando 118 e Vigili del Fuoco che, arrivati sul posto, provvedevano a recuperare gli operatori dall'interno della vasca (l’operatore a terra è già deceduto).
Sono diverse le cause dirette o indirette di questo grave infortunio:
- “una sottostima del rischio da parte degli operatori che si sono tolti le maschere;
- il sistema utilizzato per l'accesso al fondo della vasca;
- il mancato utilizzo di un sistema a fune di sicurezza collegata agli operatori all'interno della vasca”;
- l'altezza presumibile da dove è caduto l’operatore deceduto.

Vendita all'ingrosso per Aziende

DPI: non un costo bensì un investimento e un risparmio

Issa Associazione Internazionale ha pubblicato una ricerca sul rapporto 
COSTI / BENEFICI degli investimenti sulla sicurezza sul lavoro.


Questa ricerca ha rilevato che un investimento da parte di un'azienda di 1.334 euro per addetto all'anno comporta vantaggi stimati in 2.940 euro (sempre all'anno e per addetto): un Rop medio, per l'appunto, di 2,2 euro. Tra le voci relative ai costi della prevenzione dichiarati dalle imprese monitorate, figurano 168 euro per l'abbigliamento di protezione, 141 euro per le misure specifiche di formazione in materia di prevenzione, 58 euro di costi medici preventivi. A fronte di ciò sono stimate a 566 euro le economie relative al minor numero di malfunzionamenti e di interruzioni del cicli produttivo, a 632 euro il valore aggiunto generato dalla maggiore soddisfazione dei dipendenti e a 632 euro quelli legati al miglioramento dell'immagine aziendale.

Per quello che ci riguarda ci preme sottolineare come ad un costo di € 168 per DPI corrisponda un risparmio di € 566 dovuto alla mancata interruzione del ciclo produttivo (finalmente)!



Fonte: www.issa.int

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Rimandiamo alla lettura della Differenza tra Prezzo e Costo occulto di un DPI

venerdì 23 settembre 2011

KIT D' EMERGENZA SVERSAMENTO ACIDO SOLFORICO





MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Decreto 24 gennaio 2011, n. 20 Regolamento recante l'individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, deposito e sostituzione degli accumulatori. (GU n. 60 del 14/03/2011) Testo in vigore dal 29/03/2011


ACIDO SOLFORICO FUORIUSCITO DA BATTERIE E ACCUMULATORI VARI
Come risolvere il problema dell’improvvisa fuoriuscita di acido solforico dagli accumulatori (batterie) dovuto alla rottura della struttura e/o sversamenti accidentali evitando danni alle persone e impedendo che venga assorbito dal suolo?


Soluzione SOLFO NET POLVERE ASSORBENTE NEUTRALIZZANTE DELL’ACIDO SOLFORICO DEGLI ACCUMULATORI

SOLFO NET risolve completamente questo problema in due fasi che avvengono in rapida sequenza:

1° fase) Assorbe inglobando totalmente l’acido solforico delle batterie sversato senza mai più rilasciarlo. La superficie rimane pulita,asciutta e calpestabile.

2° fase) Grazie al contenuto di una miscela di polveri speciali che danno una reazione esotermica (calore di neutralizzazione) che dura circa 3-4 minuti, SOLFO NET neutralizza l’acido solforico assorbito.

Modo d’uso: versare il prodotto circoscrivendo e coprendo il liquido fuoriuscito. Attendere 3-4 minuti che avvenga la reazione esotermica (calore di neutralizzazione) quindi raccogliere e smaltire secondo le norme vigenti in materia. Smaltimento: dopo la fase di neutralizzazione, smaltire il tutto secondo le norme vigenti in materia, tenendo presente che quanto risulta dopo le due fasi di SOLFO NET può essere classificato come rifiuto speciale non pericoloso.

KIT D' EMERGENZA SVERSAMENTO ACIDO SOLFORICO SPECIFICO PER AUTOTRASPORTI

KIT D' EMERGENZA SVERSAMENTO ACIDO SOLFORICO SPECIFICO PER STOCCAGGIO

LA SOSTANZA ASSORBENTE E NEUTRALIZZANTE CERTIFICATA, CHE DEVE ESSERE OBBLIGATORIAMENTE TENUTA A DISPOSIZIONE PER L'EMERGENZA ORIGINATA DA POSSIBILI SVERSAMENTI, DEVE CORRISPONDERE ALLA QUANTITÀ NECESSARIA PER ESTINGUERE COMPLETAMENTE I VOLUMI DI SOLUZIONE ACIDA INDICATI A FIANCO DEI SEGUENTI SETTORI DI ATTIVITÀ:

- DEPOSITI PER LA VENDITA ALL’INGROSSO (AGENZIE DI RAPPRESENTANZA IN GENERE) 200 LITRI
- DEPOSITI PER LA VENDITA AL DETTAGLIO (RICAMBISTI, CONCESSIONARIE AUTO E MOTO) 100 LITRI
- ESERCIZI PER LA RICARICA E LA SOSTITUZIONE 25 LITRI


SOLFONET KIT 351 54 litri
Polvere assorbente neutralizzante per acido solforico.
- ADEGUAMENTO ALLA NORMATIVA VIGENTE PER CARRELLO ELEVATORE CHE MONTA BATTERIE DA 450 AH 24V IN UNA AZIENDA OVE SONO PRESENTI FINO A 20 ACCUMULATORI.
- OPPURE BATTERIE DA 1000 AH 24 V IN AZIENDA OVE SONO PRESENTI FINO A 5 ACCUMULATORI.
- OPPURE BATTERIE DA 450AH 48 V IN AZIENDA OVE SONO PRESENTI FINO A 5 ACCUMULATORI.
- Potere assorbente litri 54.
- Armadio metallico pensile dimensione: 400PX730LX1000H mm
- Contenente: KG.35 SOLFONET (7 SACCHI DA 5 KG.)
N.2 CALZE ASSORBENTI PER LIQUIDI ACIDI CAUSTICI TOSSICI
N.4 SACCHI SMALTIMENTO RIFIUTO
N.2 PAIA DI GUANTI ANTIACIDO
N.6 CARTINE RILEVAMENTO ACIDITÀ

SOLFONET KIT 351 27 litri
Polvere assorbente neutralizzante per acido solforico.
- ADEGUAMENTO ALLA NORMATIVA VIGENTE PER CARRELLO ELEVATORE CHE MONTA BATTERIE DA 450 AH 24V IN UNA AZIENDA OVE SONO PRESENTI FINO A 5 ACCUMULATORI.
- Potere assorbente litri 27.
- Armadio metallico pensile dimensione: 400PX500LX700H mm
- Contenente: KG.17,5 SOLFONET DUS531
(1 SACCO DA 2,5KG.,3 SACCHI DA 5 KG.)
N.2 CALZE ASSORBENTI PER LIQUIDI ACIDI CAUSTICI TOSSICI
N.3 SACCHI SMALTIMENTO RIFIUTO
N.2 PAIA DI GUANTI ANTIACIDO
N.6 CARTINE RILEVAMENTO ACIDITÀ


SOLFONET KIT 351M
Polvere assorbente neutralizzante per acido solforico.
- KIT D' EMERGENZA SVERSAMENTO ACIDO SOLFORICO SPECIFICO PER STAZIONI DI STOCCAGGIO.
- ARMADIETTO PENSILE IN METALLO VERNICIATO (dimensioni 40X20X58,5H CM)
- Contenente: KG.5 POLVERE ASSORBENTE SOLFONET DUS531
N.4 PANNI ASSORBENTI PER LIQUIDI CHIMICI 41X46 CM
N.1 PAIO DI GUANTI ANTIACIDO
N.1 SCOPINO E PALETTA
N.4 SACCHI SMALTIMENTO RIFIUTO
N.1 MANUALE ISTRUZIONI
N.6 STRISCE RILEVAZIONE ACIDITÀ


SOLFONET DUS 351
Polvere assorbente neutralizzante per acido solforico
-Assorbe inglobando totalmente l’acido solforico delle batterie sversato senza mai più rilasciarlo. La superficie rimane pulita, asciutta e calpestabile.
-Grazie al contenuto di una miscela di polveri speciali che danno una reazione esotermica (calore di neutralizzazione) che dura circa 3-4 minuti, SOLFONET
Neutralizza l’acido solforico assorbito.
- 650gr. di SOLFONET assorbono 1litro di ACIDO SOLFORICO
Confezione: 1 Sacco da 5 Kg


D.M. Ambiente 24 gennaio 2011, n. 20
ATTUAZIONE Decreto Legge 03/04/2006 N. 152


Regolamento per l’individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti da utilizzarsi nei casi di fuori uscita di soluzione acida, contenuta negli accumulatori degli Impianti destinati allo Stoccaggio, alla Ricarica, Manutenzione, Deposito e sostituzione degli accumulatori stessi.

    mercoledì 21 settembre 2011

    Imbianchini e Gessatori: 8 regole salvavita



    Queste le otto regole per imbianchini e gessatori:

      - sul lavoro non improvvisiamo, tanto meno nei vani scala.  Lavoratore: lavoro solo da una postazione sicura e adeguata.  Superiore: faccio in modo che sul posto di lavoro ci siano adeguate attrezzature di lavoro. È vietata qualsiasi soluzione improvvisata;

    - per i lavori in altezza utilizziamo di regola un ponteggio. Lavoratore: se manca un ponteggio sicuro, chiedo al mio superiore cosa fare.  Superiore: per i lavori in altezza faccio montare un ponteggio. Se non è possibile, stabilisco un altro metodo di lavoro sicuro;

     - mettiamo in sicurezza i lati aperti a partire da un’altezza di caduta di 2 metri.  Lavoratore: lavoro in prossimità dei lati aperti con rischio di caduta solo se sono messi in sicurezza.  Superiore: faccio in modo che sul posto sia disponibile il materiale necessario per la messa in sicurezza dei lati aperti;

     - controlliamo i ponteggi ogni giorno. Lavoratore: salgo solo su ponteggi sicuri che impediscono le cadute dall’alto.  Superiore: verifico i ponteggi e gli accessi al primo utilizzo e poi ogni giorno;

    - scegliamo e adoperiamo correttamente la scala a pioli adeguata alla situazione.  Lavoratore: prima di scegliere una scala ne parlo con il mio superiore. Mi attengo alle regole per l’uso in sicurezza delle scale a pioli. Superiore: prima di iniziare i lavori sulle scale parlo con i dipendenti;

     - mettiamo in sicurezza le aperture nel pavimento con coperture resistenti alla rottura. Lavoratore: se scopro delle aperture non protette nel pavimento, le metto subito in sicurezza.  Superiore: verifico il cantiere regolarmente e faccio mettere in sicurezza le aperture nel pavimento;

    - lavoriamo solo se le aperture nelle pareti sono state messe in sicurezza. Lavoratore: lavoro in prossimità delle aperture nelle pareti solo se queste sono state messe in sicurezza. Superiore: faccio mettere in sicurezza subito le aperture nelle pareti;

    - utilizziamo i dispositivi di protezione individuale. Lavoratore: sul lavoro mi porto i dispositivi di protezione necessari e li uso sempre. Superiore: mi assicuro che i lavoratori ricevano i necessari dispositivi di protezione e che li utilizzino. Anch’io li uso.

    Ricapitoliamo queste che non sono solo regole, ma sono otto principi salvavita:
     - non improvvisare;
     - utilizzare i ponteggi;
     - mettere in sicurezza i lati aperti;
     - controllare i ponteggi ogni giorno;
     - impiegare correttamente le scale a pioli;
     - mettere in sicurezza le aperture nel pavimento;
     - mettere in sicurezza le aperture nelle pareti;
     - usare i dispositivi di protezione individuale.
    Tratto da SUVA.CH

    Il primo caso riguarda opere di stuccatura.
    Un lavoratore esegue opere di stuccatura del frontalino di un balcone del primo piano utilizzando “due elementi di ponteggio metallico costituiti da due cavalletti metallici preformati collegati tra loro da una tavola di legno”.
    Dopo la pausa pranzo un operaio nota la presenza del corpo del collega riverso a terra tra la sede stradale ed il marciapiede senza aver avvertito alcuna richiesta di aiuto o altro.
    Le indagini successive hanno rilevato che il lavoratore deceduto era ad una altezza di 3,60 metri, “sulla tavola di legno priva di qualunque protezione di caduta nel vuoto con un intavolato insufficiente”. Probabilmente si è sbilanciato sporgendosi troppo.
    Sono tante le mancanze in questo incidente: mancanza nel ponteggio di protezioni contro le cadute dall'alto, mancanza di cinture di sicurezza e mancanza di prudenza, forse anche correlata al consumo di vino durante la pausa pranzo.

    Il secondo caso è relativo a opere di imbiancatura.
    Un lavoratore sta imbiancando il soffitto di un capannone vuoto per conto di una ditta che ne avrebbe fatto il proprio deposito. Utilizzava un trabattello fornito in comodato d'uso gratuito dalla committenza e “che - secondo il contratto firmato dalle parti - risultava completo di tutti gli elementi di sicurezza. Di fatto, però, mancavano la scaletta, le tavole fermapiede, alcuni correnti e parapetti”.
    Il lavoratore cade al suolo dall'alto e muore sul posto per frattura della base cranica. Non si sa se sia caduto dalla sommità del trabattello (4 metri) o magari nel salire/scendere dai montanti laterali dello stesso.

    Anche il terzo caso è relativo all’ attività di imbiancatura.
    L’operaio opera in una cantiere su incarico del committente. Deve imbiancare l'edificio con tre piani fuori terra aiutato da un altro lavoratore da lui chiamato.
    Il lavoratore si trova sul ponteggio a circa 6 metri da terra quando perde l'equilibrio. In assenza di protezioni sul lato verso il vuoto cade a terra procurandosi fratture multiple che ne provocavano la morte. Anche in questo caso è stata rilevata l’inadeguatezza delle protezioni.

    Infine il quarto caso riguarda il rifacimento intonaco e l’imbiancatura di una parete esterna.
    Un lavoratore in pensione e proprietario dell’immobile in rinnovamento si appresta a salire su un ponteggio per imbiancare la facciata esterna del proprio immobile. Sale al secondo piano del ponteggio a circa 4,2 metri di altezza, attraverso l’uso di una scala metallica portatile, alta circa 4,4 metri. Tutta l’attrezzatura per allestire il ponteggio è fornita dal figlio, titolare di un’impresa edile.
    Improvvisamente il lavoratore cade dall’alto e riporta trauma cranico con stato di coma, otorragia, trauma toracico con emorragia via aeree che ne determinano il decesso il giorno successivo.
    In base alla ricostruzione fatta attraverso gli elementi presenti sul luogo “probabilmente l’infortunato è caduto dalla scala non a causa di un ribaltamento della stessa, ma forse per una perdita di equilibrio”. “La scala trovata appoggiata, e usata dall’infortunato per salire, non era l'attrezzo da usare essendo presenti le regolamentari scale di accesso nell'impalcatura predisposte dal figlio”.


    In “Valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nella mansione di imbianchino/tinteggiatore”- a cura di N. Vitelli e E. Carissimi (Università degli Studi di Milano - dipartimento di Medicina del Lavoro), N. Battevi (UOOML-CEMOC Clinica del Lavoro “L. Devoto” Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Milano) e M. Salvioni (Medico Competente - Specialista in Medicina del Lavoro) si conferma: “il settore delle costruzioni registra il più alto numero di malattie professionali denunciate rispetto ai settori dell’industria e dei servizi. In particolare le patologie muscolo scheletriche rappresentano il 21,5%” (Dati Inail, n.11 2008).

    È stata realizzata una “ricostruzione accurata delle attività e dei compiti caratteristici dell’imbianchino in collaborazione con lavoratori esperti e responsabili di impresa per identificare i compiti più rappresentativi della reale esposizione e quelli verosimilmente esponenti al maggior sovraccarico biomeccanico degli arti superiori”.
    In particolare alcuni lavoratori sono stati seguiti per tre intere giornate in edifici di nuova costruzione e in edifici ristrutturati per identificare eventuali differenze nell’esposizione: la valutazione del rischio dei diversi compiti è stata effettuata con il metodo della checklist OCRA e “sono stati messi a punto dei modelli di ricostruzione dell’esposizione sulla base dell’organizzazione del lavoro annuale”.

    Gli autori sottolineano alcuni dei risultati più significativi della ricerca:
    - “considerando l’arto peggiore, il 46% dei compiti sono risultati ad alto livello di rischio da sovraccarico biomeccanico e il 41% a medio livello di rischio; solo tre compiti presentano un livello di rischio basso anche se ai livelli superiori della fascia di appartenenza;
    - “nessun compito è risultato a rischio accettabile per entrambi gli arti superiori”.

    Entrando nel dettaglio, i “fattori chiave nel determinare il livello di rischio sono la frequenza di azione e il mantenimento di posture incongrue, particolarmente a carico della spalla, in accordo con quanto segnalato da precedenti pubblicazioni”.
    Altri dati rilevati dagli autori:
    - “nei compiti che prevedono l’utilizzo del pennello sono frequenti anche posture incongrue del polso;
    - sono ovviamente presenti importanti differenze nel livello di esposizione tra i due arti in caso di compiti che prevedono l’utilizzo prevalente di un solo arto, tuttavia differenze considerevoli persistono anche in compiti che prevedono l’utilizzo di strumenti a impugnatura bimanuale (es. rullo o pennello montati su aste) e sono principalmente dovute al mantenimento di posture incongrue che sembrano interessare maggiormente l’arto dominante. Tuttavia nel corso dell’osservazione è stato possibile notare che, particolarmente durate le fasi di stesura della pittura, data la scarsa precisione richiesta, l’operatore era solito invertire la modalità di impugnatura dello strumento per adattarsi alle diverse condizioni ambientali o anche solo per ridurre l’affaticamento”.

    Concludendo sono stati analizzati “con metodo OCRA - Checklist 24 compiti, rappresentativi di circa il 90% delle attività svolte da tinteggiatori coinvolti nella realizzazione di finiture di abitazioni civili”: “più dell’80% dei compiti presentava un livello di rischio da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore medio o elevato”.

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