Il 1° caso è relativo all’attività di montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili.Due lavoratori, dipendenti rispettivamente di due ditte diverse, sono in un azienda per effettuare lo smontaggio di pale all'interno di una cisterna.
Vengono rinvenuti “privi di conoscenza all'interno del serbatoio, che in precedenza aveva contenuto un semilavorato a base di betone”.
I due lavoratori “non indossavano alcun presidio di protezione: né maschere, né imbracature di sicurezza”. Per il primo si constata il decesso, il secondo, prima in prognosi riservata, poi sciolta, “a seguito della mancanza di ossigeno all'interno della cisterna e/o di inalazione di gas tossici riporta lesioni guaribili in 30 gg”.
L’azienda presso cui si situava la cisterna “aveva provveduto alla verifica dei requisiti tecnico professionali dell'impresa a cui aveva appaltato i lavori ma, non aveva fornito alla stessa dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro (i testi parlano di odore di solventi e mai di azoto con cui era stata effettuata la bonifica del serbatoio il giorno prima). Tutte le procedure di lavoro, peraltro scritte, sono state disattese”.
Il 2° caso è relativo ad attività di sabbiatura delle pareti di un silos.
Un lavoratore si trova da solo, su un ponteggio alto circa 12 metri, installato all’interno di un silos (contenitore per vino), per effettuare operazioni di sabbiatura alle pareti. Improvvisamente altri lavoratori sentono un rumore e accorsi sul luogo trovano il lavoratore deceduto a terra.
“Sulla base delle rilevazione effettuate si ritiene probabile che l’infortunato abbia perso l’equilibrio durante la discesa del ponteggio.
A ciò si è giunti sulla base dei seguenti elementi:
- il corpo della vittima è stato rinvenuto all’interno del perimetro di base del ponte sul lato sinistro rispetto alla botola d’entrata;
- l’ultimo piano di calpestio (a circa 12 m di altezza da terra) presentava un’apertura da cui avrebbe potuto precipitare, ma essa si trovava nell’angolo destro sempre rispetto alla botola d’entrata;
- se fosse caduto per l’inadeguatezza del parapetto di protezione sarebbe caduto all’esterno della base del ponte;
- non ci sono elementi di salita e discesa sicuri ed adeguati lungo l’incastellatura, i lavoratori si arrampicavano sugli elementi stessi del ponte. Molto probabilmente utilizzavano le zone d’angolo dove gli elementi essendo sfalsati sui due lati sono più ravvicinati, inoltre tali piani essendo sfalsati fra loro lasciavano ampie aperture verso il vuoto;
- le condizioni di visibilità all’interno del silos erano pessime per la polvere che si liberava durante la sabbiatura che, in parte veniva estratta con un ventilatore posto all’imboccatura della botola e in parte residua nell’ ambiente;
- infine la maschera con cappuccio che indossava, in pessime condizioni, rendeva ancora più scarsa la visibilità”.
Come si vede sono molti i fattori determinanti dell’incidente, ad esempio le carenze del ponteggio o l’eccesso di polvere nel silos. Tuttavia nell’incidente è determinante anche il deterioramento della maschera con cappuccio.
Il 3° caso è relativo ad attività di pulizia di una cisterna.
Per ripulire una cisterna che ha contenuto acque di scarico provenienti dalle lavorazioni interne alle cantine (pulizia di vasi vinari, pompe, ecc.), alcuni lavoratori si accingono alla “pulizia mediante l'estrazione della parte liquida”.
Per la pulizia della parte solida, i fanghi depositati sul fondo della vasca, utilizzano quindi una pompa collegata all'autospurgo e immettono acqua in pressione tramite una lancia.
La “scala” per accedere all’interno della vasca di accumulo è “costituita da 2 scale in successione: la prima, del tipo alla ‘marinara’ con montanti di corda e scalini in alluminio”, ancorata con due grossi moschettoni alla barra centrale posta sull’apertura della botola e penzolante nel vuoto; la seconda, rigida in alluminio, a pioli, di lunghezza di 5,7 metri, “appoggiata con i piedi sul fondo e con la parte superiore alla parete della vasca, a circa 1 metro dalla botola”.
Le operazioni continuano fino al pomeriggio quando un operatore entra nella cisterna con un autorespiratore a circuito chiuso collegato con l'autospurgo: un secondo operatore è già all'interno della vasca munito di una maschera a filtri ABEK.
Ad un certo punto l'autista dell'autospurgo comunica che essendosi riempita la cisterna interrompe l'aspirazione dell’acqua e l’alimentazione dell’autorespiratore per andare a scaricare. I due operatori all’interno della cisterna sollevano la propria maschera per “meglio comunicare all’autista che sarebbero risaliti subito, dando quindi l’assenso all’inizio della manovra di scollegamento dall’autospurgo”. Mentre si apprestano ad uscire dalla cisterna un lavoratore, poi deceduto, si sente male e inizia la salita delle scale per uscire; giunto quasi alla sommità perde i sensi e cadeva sul fondo della cisterna.
Nel frattempo l'altro operatore, che si trova all'interno della cisterna e si è tolto la maschera per comunicare con l’infortunato, si sente anch'esso male e si appoggia alla parete della cisterna in prossimità della scala. L’autista, che ha chiuso la valvola pneumatica e fermato il compressore dell’aspirazione, sente un richiamo di aiuto e, avvicinatosi alla botola, vede un operatore vicino alla scala ed uno a terra sul fondo della cisterna a circa 6 metri di profondità.
Ritorna quindi velocemente all’autospurgo, rimettendo in funzione la parte aspirante per permettere una circolazione (tipo vortice) di aria con l’intento di aspirare i gas presenti nella vasca di accumulo e far entrare aria pulita nella vasca, e dà l’allarme chiamando 118 e Vigili del Fuoco che, arrivati sul posto, provvedevano a recuperare gli operatori dall'interno della vasca (l’operatore a terra è già deceduto).
Sono diverse le cause dirette o indirette di questo grave infortunio:
- “una sottostima del rischio da parte degli operatori che si sono tolti le maschere;
- il sistema utilizzato per l'accesso al fondo della vasca;
- il mancato utilizzo di un sistema a fune di sicurezza collegata agli operatori all'interno della vasca”;
- l'altezza presumibile da dove è caduto l’operatore deceduto.
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