Il datore di lavoro di un’impresa, incaricata di svolgere in appalto alcuni lavori di manutenzione sul tetto di un capannone industriale, è stato riconosciuto con sentenza del Tribunale successivamente confermata dalla Corte di Cassazione colpevole del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in relazione al decesso, a seguito di una caduta dall'alto nel cantiere ove stava lavorando, di un proprio dipendente che, pur dotato di una cintura di sicurezza non la stava utilizzando. Il datore di lavoro era stato ritenuto responsabile appunto per aver omesso di esigere che il lavoratore, pur dotato delle cinture di sicurezza, la utilizzasse effettivamente al momento dell’infortunio.
Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
Il datore di lavoro ha ricorso in Cassazione contestando la fondatezza dell'addebito basato sul mancato utilizzo della cintura di sicurezza da parte dell'operaio sostenendo, in sintesi, che il comportamento dello stesso sarebbe stato imprevedibile per essersi lo stesso tolto le cinture di sua iniziativa, dopo la conclusione dell'attività.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione che ha ritenuto corretto e incensurabile l'assunto dei giudici di primo e di secondo grado sul mancato utilizzo della cintura di sicurezza. “La sentenza”, ha infatti sostenuto la suprema Corte, “si pone, infatti, in linea con il principio, assolutamente pacifico, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è in effetti escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacché al datore di lavoro, che è "garante" anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela”.
“A tale regola”, ha quindi proseguito la Sez. IV, “si fa unica eccezione, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale (articolo 41 c.p.p., comma 2), in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore: in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell'evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore, finisce con l'essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso l'infortunio, che, per l'effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore” e “ciò può verificarsi in presenza solo di comportamenti ‘abnormi’ del lavoratore, come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro”.
In questa prospettiva, ha quindi concluso la Sez. IV, “si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore”.
Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 27729 del 14 luglio 2011 (u. p. 18 maggio 2011) - Pres. Morgigni – Est. Piccialli – P.M. Monetti - Ric. G. F.
Commento a cura di G. Porreca. Tratto da www.puntosicuro.it
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