mercoledì 27 giugno 2012

RISCHIO BIOLOGICO: Dispositivi di Protezione Individuale


In data 27 giugno 2012 è stata pubblicata dal Ministero del Lavoro la circolare numero 15 recante il titolo: “Dispositivi di Protezione Individuale per la protezione delle vie respiratorie da agenti biologici aerodispersi”.

Tale documento prende come punto di riferimento alcuni chiarimenti riportati nella pubblicazione effettuata a cura dell’INAIL ex ISPESL sui “Criteri procedurali per la scelta e caratterizzazione dei Dispositivi di Protezione Individuali per il rischio biologico di in attuazione del D.Lgs 81/08 e smi”.

In particolare nel documento citato viene chiarito che “I DPI, cioè i dispositivi utilizzabili per la protezione individuale, per la protezione specifica delle vie respiratorie da agenti biologici, quali facciali filtranti e filtri da collegare sulle semimaschere o sulle maschere a pieno facciale, si distinguono per una certificazione di Tipo emessa dall’Organismo Notificato che attesti la marcatura CE come dispositivo di protezione individuale in III categoria secondo la Direttiva 686/89 CE e attesti la protezione da agenti biologici del gruppo 2 e 3. Ai sensi della Direttiva 54/2000 CE”.

La certificazione di tali dispositivi di protezione individuale, come si legge nel documento, conforme a quanto previsto dalla Direttiva 89/686/Ce, veniva recepita in Italia tramite l’emissione del Decreto legislativo numero 475 del 1992. L’uso dei dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie viene valutato idoneo anche per gli agenti biologici aerodispersi.

Il Ministero del Lavoro con tale documento chiarisce e mette in evidenza che solamente i DPI che rispettino la conformità di tipo di cui sopra, possono essere messi liberamente in commercio. Pertanto secondo le linee guida espresse dal Ministero del Lavoro risulteranno idonei per la protezione dagli agenti biologici solamente i Dispositivi per la protezione individuale per le vie respiratorie certificati CE ed individuati dalla direttiva 686/89 CEE gruppi 2 e 3 ridefiniti dalla direttiva 2000/54/CE e quelli relativi al Capitolo II Direttiva 89/686/CEE da norma armonizzata EN 149.


Dispositivi di protezione individuale per il rischio biologico






Art. 268. - Classificazione degli agenti biologici
  1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
    1. agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
    2. agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
    3. agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
    4. agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
  2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
Un documento affronta le problematiche relative alla scelta e alle caratteristiche dei DPI per la prevenzione del rischio biologico. Il ruolo del datore di lavoro, i guanti, gli indumenti, la protezione del volto e delle vie respiratorie.


Sul sito dell’ Inail - Area di Ricerca ex Ispesl è disponibile il documento "Criteri procedurali per la scelta e caratterizzazione dei Dispositivi di Protezione individuale per il rischio biologico in attuazione degli adempimenti normativi del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.", un documento tecnico realizzato dal Tavolo permanente sulla gestione dei rischi igienico ambientali, mediante l’indirizzo tecnico dell’Ispesl.

Questo Tavolo permanente, coordinato in questo caso dal Prof. Roberto Lombardi (INAIL Area di ricerca ex ISPESL, Dipartimento Igiene del Lavoro), è stato costituito su richiesta dei RSPP di varie Strutture Sanitarie Nazionali ed è attualmente composto da Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione, Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione e Medici Competenti.

Il documento che affronta, come si evince dal titolo, le problematiche della scelta dei DPI in merito alla prevenzione del rischio biologico, pone l’accento sui diversi punti che possono interessare le attività lavorative caratterizzate da questo rischio.

Si sottolinea il “ruolo fondamentale del Datore Di Lavoro (DDL) in qualità di responsabile del sistema di sicurezza attuato nei confronti dei lavoratori, il quale è coadiuvato dal RSPP e dal Medico Competente e che, tra l’altro, hanno il compito di definire mediante la collaborazione di altri soggetti del suddetto management in attuazione dei disposti degli Artt. 18 e 35 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., la caratterizzazione dei DPI all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)”. E in tal senso viene ricordato che esistono numerose sentenze che “evidenziano i ruoli e le responsabilità del sistema di prevenzione e protezione”, molte di queste sentenze sono raccolte in un allegato al documento.

Si evidenzia inoltre che la “necessità di rendere disponibili e di impiegare i suddetti DPI è una diretta derivazione di una corretta e appropriata valutazione del rischio da agenti biologici”.

Riguardo alla scelta e caratterizzazione dei DPI  viene rilevato che gli aspetti di maggiore criticità sono “relativi ai guanti, agli indumenti e, in alcuni casi, ad una specifica tipologia di dispositivi di protezione delle vie respiratorie (i.e. facciale filtrante) in quanto sono sottoposti sia alla normativa relativa ai Dispositivi di Protezione Individuale che a quella relativa ai Dispositivi Medici e solo la valutazione del rischio delinea l’obbligo di impiegare tali dispositivi che siano qualificati come DPI”.


Guanti 
Il documento ribadisce che “venga emessa una certificazione CE di Tipo dall’Organismo Notificato che attesti la marcatura CE come Dispositivo di Protezione Individuale,  che attesti la conformità alla norma tecnica EN 374 per la ‘protezione da microrganismi’, e che dichiari che il DPI è in III categoria.  A tal proposito è opportuno visionare sempre copia della certificazione ed eventualmente della documentazione correlata”.

Anche in relazione a quanto contenuto nel Decreto legislativo 81/2008, in merito alla “necessità di garantire la migliore tutela della salute anche in base all’offerta tecnologica”, si sottolinea che “l’evoluzione della tecnica della prevenzione ha reso disponibili sul mercato un tipo di guanti realizzato con una formulazione immessa nella matrice polimerica che esercita una disinfezione in grado di ridurre di circa l’80% la concentrazione dell’agente infettivo in caso di lacerazione. Tale tipologia di guanto andrà resa disponibile per gli operatori che hanno necessità di manipolazione fine e non possono indossare guanti antitaglio e che, nell’ambito della valutazione del rischio, presentano, in base all’osservazione delle modalità lavorative, particolari modalità espositive per quanto concerne il rischio di lacerazione del guanto (es. operatori addetti al lavaggio dei ferri chirurgici, operatori di equipe chirurgica che eseguono una tipologia di interventi particolarmente invasiva, ecc.)”.


Indumenti
Per gli indumenti di protezione “deve essere stata emessa una certificazione CE di Tipo dall’Organismo Notificato per la protezione da agenti biologici ai sensi del D.Lgs. 475/92, in conformità ai requisiti della norma tecnica EN 14126 e che siano classificati in III categoria”.
In particolare si sottolinea che se l’indumento protettivo è composto da più parti “questo deve essere progettato in modo tale da garantire la tutela dell’operatore in tutte le prevedibili posture di lavoro, inoltre per qualsiasi indumento si deve assicurare sempre un’adeguata protezione lungo le parti di chiusura”.
Per garantire “costantemente e completamente la protezione del lavoratore è necessario che l’operatore indossi gli indumenti per tutto il periodo in cui permane il rischio di esposizione agli agenti biologici. Le caratteristiche tecniche e le specifiche costruttive devono essere chiaramente illustrate in una nota informativa allegata all’indumento stesso all’atto della fornitura/vendita”.


DPI per la protezione del volto da schizzi di liquidi biologici
Devono possedere la “certificazione emessa dall’Organismo Notificato per il Produttore, relativamente alla marcatura CE come DPI con conformità alla norma tecnica EN 166.  Nel caso siano disponibili dispositivi per i quali la certificazione CE evidenzi la classificazione in III cat.  e la protezione da agenti biologici questi saranno da preferire come misura di protezione individuale”.

DPI per la protezione specifica delle vie respiratorie da agenti biologici
Questi dispositivi, quali i facciali filtranti e i filtri da collocare sulle semimaschere o sulle maschere a pieno facciale, sono “caratterizzati da una certificazione CE di Tipo emessa dall’Organismo Notificato che attesti la marcatura CE come Dispositivo di Protezione Individuale in III categoria secondo la Direttiva 686/89 CE e attesti la protezione da agenti biologici del gruppo 2 e 3, ai sensi della Direttiva 54/2000 CE”.
(Tutti i filtri antipolvere P3 combinati e non, se marcati Biostop, hanno un trattamento fungicida e battericida applicato al materiale filtrante, utile quando i contaminanti sono di tipo biologico; non influisce né sull’efficienza fi ltrante né sulla resistenza respiratoria del filtro, neutralizza le sostanze biologiche e prolunga l’uso dei filtri. Conformi alla norma EN143).

Si ricorda infine che la “struttura sanitaria deve prevedere apposite procedure aziendali che stabiliscano in maniera univoca le modalità di gestione anche dopo l’uso del DPI.  Tali procedure, riferendosi agli agenti biologici che rappresentano i rischi di esposizione, devono tenere conto dei livelli di contenimento da realizzare. La struttura sanitaria deve stabilire inoltre le modalità di conservazione e l’eventuale decontaminazione per i DPI riutilizzabili, oppure le modalità per un corretto smaltimento”.
E l’utilizzatore è “tenuto a rispettare le indicazioni di manutenzione stabilite dal fabbricante”.
Si prescrive, inoltre, che i “DPI monouso non devono essere riutilizzati dopo l’uso e vanno in ogni caso scartati se danneggiati, sporchi o contaminati da sangue o altri fluidi biologici”.

Si sottolinea infine come la risultante “ottimizzazione  ottenuta attuando le misure di sicurezza (i.e. DPI) evidenziate nel presente documento, potrà essere una risorsa utilizzabile dalla Struttura Sanitaria interessata al fine di concorrere alla riduzione del premio assicurativo Inail”.
Ad un rischio più elevato per l’operatore corrisponde una certificazione di maggiore resistenza per il guanto protettivo. È questo uno dei requisiti chiave della direttiva europea sui DPI 89/686 CEE, che specifica due categorie di DPI

per rischi minori e per rischi mortali, ciascuna con i propri requisiti di test e validazione. Per ogni applicazione che può comportare un rischio irreversibile in base alla direttiva DPI, come i rischi chimici (anche accidentali), si consiglia senza dubbio guanti di Categoria III

I guanti di Categoria I, indicati per una protezione di base, non necessitano di una validazione esterna: il fabbricante può autocertificarli dichiarando che soddisfano i requisiti di base per i guanti protettivi. 

I guanti di Categoria II sono progettati per proteggere dai rischi intermedi, sono soggetti a test indipendenti e alla validazione da parte di un ente notificato. 

I test e la certificazione di guanti di Categoria III sono, naturalmente, più severi: oltre ad eseguire test indipendenti e approvare la produzione, un ente notificato deve controllare il sistema di qualità del fabbricante o sottoporre nuovamente a test i prodotti almeno una volta l’anno. Mentre i guanti di Categoria I e II recano un semplice marchio CE, sui guanti di Categoria III deve comparire un numero identificativo a 4 cifre apposto dall’ente notificato vicino all‘etichetta CE (es.: CE 0493 sui guanti marchio Ansell).


Collo camicia, elastico ai polsi. Chiusura con bottoni. Tenuta ad aerosol di liquidi. Protezione Biologica EN 14126, Protezione Chimica EN 14605.
Colore Bianco  25 pezzi a confezione


Forniture per aziende

lunedì 25 giugno 2012

Cosa fare se il lavoratore non indossa la Cintura di Sicurezza?


Il fatto e l’iter giudiziario
Il datore di lavoro di un’impresa, incaricata di svolgere in appalto alcuni lavori di manutenzione sul tetto di un capannone industriale, è stato riconosciuto con sentenza del Tribunale successivamente confermata dalla Corte di Cassazione colpevole del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in relazione al decesso, a seguito di una caduta dall'alto nel cantiere ove stava lavorando, di un proprio dipendente che, pur dotato di una cintura di sicurezza non la stava utilizzando. Il datore di lavoro era stato ritenuto responsabile appunto per aver omesso di esigere che il lavoratore, pur dotato delle cinture di sicurezza, la utilizzasse effettivamente al momento dell’infortunio.

Il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
Il datore di lavoro ha ricorso in Cassazione contestando la fondatezza dell'addebito basato sul mancato utilizzo della cintura di sicurezza da parte dell'operaio sostenendo, in sintesi, che il comportamento dello stesso sarebbe stato imprevedibile per essersi lo stesso tolto le cinture di sua iniziativa, dopo la conclusione dell'attività.


Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione che ha ritenuto corretto e incensurabile l'assunto dei giudici di primo e di secondo grado sul mancato utilizzo della cintura di sicurezza. “La sentenza”, ha infatti sostenuto la suprema Corte, “si pone, infatti, in linea con il principio, assolutamente pacifico, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è in effetti escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacché al datore di lavoro, che è "garante" anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela”.

“A tale regola”, ha quindi proseguito la Sez. IV, “si fa unica eccezione, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale (articolo 41 c.p.p., comma 2), in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile del lavoratore: in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell'evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale ed imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore, finisce con l'essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso l'infortunio, che, per l'effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore” e “ciò può verificarsi in presenza solo di comportamenti ‘abnormi’ del lavoratore, come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro”.

In questa prospettiva, ha quindi concluso la Sez. IV, “si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell'abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore”.

Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 27729 del 14 luglio 2011 (u. p. 18 maggio 2011) -  Pres. Morgigni – Est. Piccialli – P.M. Monetti - Ric. G. F. 
Commento a cura di G. Porreca. Tratto da www.puntosicuro.it


• Imbracature
• Dispositivi di posizionamento sul lavoro
• Cordini
• Dispositivi anticaduta di tipo rettrattile
• Punti d’ancoraggio, connettori e moschettoni
• Asta telescopica, funi e accessori
• Raggiungimento spazi confinati
• Kit anticaduta








venerdì 22 giugno 2012

OCCHIALI DPI per operatori in prossimità di sorgenti di saldatura


Pubblicato sul portale agenti fisici un calcolatore che consente il dimensionamento dei DPI per operatori in prossimità di sorgenti di saldatura.
Il software vuole essere di ausilio per la scelta dei DPI per operatori che a qualsiasi titolo si trovino ad operare nei pressi di una postazione di saldatura, e che, pur non essendo direttamente addetti alle operazioni di saldatura, siano soggetti al rischio di superamento dei limiti di esposizione a radiazioni ottiche per occhi e cute: ciò ad esempio può avvenire nelle situazioni in cui non sia possibile schermare in maniera adeguata le postazioni di saldatura, o qualora il lavoratore abbia comunque necessità di stazionare in prossimità dell'area di saldatura, all'interno di un'area schermata.

Effettua il calcolo on line: www.portaleagentifisici.it



Organi bersaglio delle radiazioni ultraviolette emesse nelle operazioni di saldatura sono gli occhi e la pelle. A questo si aggiunge il rischio fotochimico da luce blu a danno della retina. Sono quindi l’irradianza UV(S) e UVA e luce blu le tre grandezze rilevanti in questo tipo di esposizione.

Nella prima parte della procedura di calcolo vengono immessi i dati di irradianza UV(S), UVA, e luce Blu. Queste misure possono essere ottenute da banca dati, selezionando la tipologia di saldatura e le caratteristiche operative per cui si intende effettuare il calcolo, oppure rilevando le misurazioni con gli appositi strumenti. L’operatore dovrà quindi inserire nel foglio di calcolo anche la distanza alla quale sono stati acquisiti i suddetti valori di irradianza e la distanza dalla sorgente di saldatura ove si trovano gli operatori da proteggere.

Tramite menù a tendina l’operatore potrà quindi scegliere le graduazioni per due diversi tipi di DPI:
1°   DPI a norma UNI EN 169 da impiegare nel caso si voglia proteggere un lavoratore coinvolto nell’operazione di saldatura;
2°   DPI a norma UNI EN 170 occhiali di protezione per un operatore che non sia addetto alla saldatura.

Nelle colonne successive del foglio di calcolo sono presi in considerazione i fattori di attenuazione associati alla graduazione scelta per il DPI. Sulla base di questi valori di attenuazione il programma di calcolo fornisce la stima della percentuale di esposizione oculare rispetto ai Valori Limite di Esposizione, VLE, ed i tempi massimi di esposizione a DPI indossato.

Il programma notifica inoltre la necessità di proteggere la cute delle aree fotoespostese il valore limite per esposizione ad ultravioletti UV(S) è superato.




Occhiale per saldatori, ultraleggero ed utilizzabile anche come sovraocchiale. Lente grigia IR 5 in policarbonato spessore 21 mm (perfetto riconoscimento dei colori) protezione UV e IR. Trattamento della lente Optidur NCH estremamente resistente ai graffi. Stanghette flessibili. Peso 38 g. 
Art. 9545
A norma EN166 1F(T) K- EN169 - EN172




Occhiale a mascherina con lente fissa in policarbonato chiara UV 2-1,2 B9KN antigraffio sulla superficie esterna e antiappannante sulla superficie interna e lente ribaltina (flip-up) grigia IR5 resistente ai danni di proiezioni di schizzi di saldatura (perfetto riconoscimento dei colori). Facile sostituzione della lente grigia (ricambio fornibile a richiesta, codice 2045R).

Art. 2045
Norma EN166 1B349 - EN169 - EN172
















martedì 19 giugno 2012

Prodotti Chimici: Armadi di Sicurezza


Le sostanze chimiche sono presenti in molti prodotti utilizzati quotidianamente, ad esempio detergenti, detersivi, tessuti, abbigliamento, mobili, ecc. 
Esse vengono utilizzate non soltanto dai lavoratori dell’industria che le produce, ma anche e soprattutto da quelli dei settori a valle:
industria delle costruzioni, dei metalli, della lavorazione del legno, industria
automobilistica, tessile, alimentare, agricoltura, comparti dell’informatica, dei
rifiuti, delle pulizie ecc.


Armadi specifici per prodotti chimici, di sicurezza, componibili, realizzati in lamiera di acciaio al carbonio P02 spessore 10/10, pre-trattato con fosfosgrassaggio in tunnel ad alte temperature, verniciatura con innovativo e speciale materiale termoplastico a base polietilene che permette un rivestimento di alto spessore adatto alla resistenza agli agenti chimici corrosivi,BLU RAL5011, e cottura in galleria termica 180°.



PRINCIPALI CARATTERISTICHE VEG 1
2 ANTE CIECHE.
3 RIPIANI DI CONTENIMENTO (LT. 7).
VASCA DI FONDO (LT. 27).
DIMENSIONI 1075X500X1850 MM (LXPXH).

PRINCIPALI CARATTERISTICHE VEG 2
2 ANTE CIECHE.
2 RIPIANI DI CONTENIMENTO (LT. 7).
VASCA DI FONDO (LT. 27).
DIMENSIONI 1075X500X1100 MM (LXPXH).


Armadi per lo stoccaggio di prodotti chimici, dotato con ripiani di contenimento regolabili in altezza e vasca di raccolta a tenuta stagna sul fondo con guarnizioni in gomma, n.2 griglie di areazione laterali e una posizionata sul tetto con sistema tagliafiamma appositamente studiate per il ricircolo dell’aria o per l’aspirazione forzata, con spigolo arrotondato, robuste cerniere in zama spessore 6 mm, cavo di messa a terra, piedini regolabili, serratura ergonomica in plastica e alluminio con doppia chiave completa di chiusura ad asta con carter copriaste antimanomissione.


I nostri armadi vengono forniti smontati in un robusto imballo su misura posizionato su bancale singolo. Il montaggio è rapido e semplice, semplificato dal manuale istruzioni contenuto in ogni kit.
Costruito a regola d’arte in risposta alle normative vigenti in materia della protezione ambientale e prevenzione di inquinamento.
Etichettatura di sicurezza come disposizioni della normativa vigente.








Negli ultimi anni l’Unione Europea (UE) ha aggiornato la legislazione in materia di sostanze chimiche e emanato il Regolamento REACH, che istituisce
un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche. Scopo di tale sistema è migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente, mantenendo la competitività e rafforzando lo spirito di innovazione dell’industria chimica europea.

È stata, inoltre, istituita un’Agenzia europea delle sostanze chimiche
(ECHA), con sede ad Helsinki, incaricata della gestione e del coordinamento
dei processi previsti dalle nuove normative sulle sostanze chimiche.
Parallelamente è stato emanato il Regolamento CLP che si propone di armonizzare nell’Unione Europea le informazioni sui pericoli e sulla tossicità
associata ai prodotti chimici. Ciò per innalzare il livello di protezione della salute umana e dell’ambiente.

Inoltre, con il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. è stata rivista la legislazione in materia
di salute e sicurezza sul lavoro e resta compito del datore di lavoro valutare
approfonditamente il rischio derivante dall’uso di sostanze chimiche nel processo produttivo.




SBARRE o BARRIERE MANUALI


Accesso e circolazione nei siti

La nostra azienda propone numerose attrezzature per garantire la sicurezza dei tuoi parcheggi: soluzioni per la segnaletica orizzontale, segnaletica da cantiere, cartelli di circolazione, paletti e barriere per parcheggio, barriere di accesso, specchi di circolazione ...


SBARRE MANUALI BAM F

per ingressi condominiali o aziendali

Barriera a sollevamento manuale per parcheggio 
Contrappesi integrati per facilitarne l'utilizzo.


- Colonna portante in doppio profilato mm 120 x 40 verniciata bianco.
- Barra in tubolare di alluminio mm 100 x 40 x 2 colore alluminio naturale con strisce adesive rifrangenti bianco/rosso.
- Forcella di appoggio a murare in profilato verniciato bianco.
- Sistema di bloccaggio tramite predisposizione per l'inserimento di un lucchetto sia in chiusura che in apertura.
- Barriera completa di forcella.

Precisare lunghezza della barra. 
Lunghezza massima: 6 metri.
PRODOTTO su misura




SBARRE MANUALI BAM P
per ingressi condominiali o aziendali

Barriera a sollevamento manuale per parcheggio 
Contrappesi integrati per facilitarne l'utilizzo.


- Colonna portante in doppio profilato mm 120 x 40 verniciata bianco
- Barra in tubolare di alluminio mm 100 x 40 x 2 colore alluminio naturale con strisce adesive rifrangenti bianco/rosso
- Forcella di appoggio a murare in profilato verniciato bianco
- Sistema di bloccaggio tramite predisposizione per l'inserimento di un lucchetto sia in chiusura che in apertura
- Barriera completa di piedino pensile fissato alla barra

Precisare lunghezza della barra. 
Lunghezza massima: 6 metri
PRODOTTO su misura





venerdì 15 giugno 2012

Tuta con imbracatura anticaduta incorporata

Tuta con imbracatura anticaduta incorporata
ideale per Ambienti Confinati

Tessuto klopman antiacido

Punto di ancoraggio dorsale integrato
taglie M-L-XL-XXL

norma EN 361 colore Grigio 
65% poliestere, 35% cotone 350 gr
norma EN 361 + EN 471 colore Giallo Fluo HV Alta Visibilità 
85% poliestere, 15% cotone 350 gr


Ideale per Ambienti Confinati o per tutte le situazioni applicative dove ci sono rischi di impigliamento delle imbracature anticaduta tradizionali. 
Possibilità di avere una versione ignifuga con tessuto antistatico.


Ci soffermiamo su un documento dal titolo: Lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Predisposto dalla Direzione Regionale Prevenzione del Veneto, il documento è un “supporto operativo finalizzato all’espletamento dell’attività di prevenzione e vigilanza da parte degli organi ispettivi nell’ambito dei lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati anche al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 177 del 14 settembre 2011 (G.U. 08/11/11)”.


Direzione Regionale Prevenzione del Veneto
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati


La Regione Veneto ha recepito con DGR n. 1097 del 26 luglio 2011 il documento di “Programmazione coordinata fra Enti” degli interventi di prevenzione e vigilanza già approvato dal Comitato Regionale di Coordinamento in data 1 marzo 2011. Documento che evidenzia “la necessità di focalizzare gli interventi ispettivi sui lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”. E in questo senso l’Ufficio Operativo del Comitato Regionale di Coordinamento ha condiviso, in data 8 settembre 2011,  “l’attuazione delle seguenti azioni: il controllo, entro fine anno, con intervento congiunto DPL e Spisal in 50 realtà produttive; l’elaborazione di indirizzi operativi di vigilanza in sintonia con i documenti emessi dalla direzione regionale del lavoro”.

Il documento dopo aver indicato i luoghi di lavoro su cui concentrare i controlli e offerto ulteriori informazioni sul DPR 177/2011, riporta gli indirizzi operativi di vigilanza, indirizzi che riguardano i seguenti aspetti di gestione del rischio:
- “la valutazione dei rischi specifica per ciascun ambiente confinato considerato e per il tipo di lavoro previsto (qualificazione, localizzazione ed estensione del rischio);
- l’individuazione degli operatori addetti all’intervento e di un supervisore/preposto;
- le misure di Prevenzione e Protezione Tecniche Organizzative e Procedurali previste per effettuare l’intervento lavorativo (segnaletica, dispositivi di misurazione e bonifica, sistemi di comunicazione, controllo e allarme, DPI);
- ‘l’effettività’ della formazione/informazione per gli addetti individuati (contenuti della formazione, istruzioni operative);
- l’addestramento all’uso dei DPI;
- l’efficienza del sistema organizzativo dell’emergenza (verifica idoneità vie di accesso e di uscita, piano di recupero, primo soccorso);
- la gestione dell’appalto ove presente (moduli per incarico appalto/permesso di lavoro, ruolo del committente, corretta e completa elaborazione del DUVRI, flusso delle informazioni)”.

Il documento è accompagnato da cinque allegati:
- fattori di rischio;
- esempi di ambienti sospetti di inquinamento o confinati;
- gas coinvolti maggiormente in incidenti/infortuni;
- riferimenti normativi;
- misure di prevenzione.

Malgrado non sia possibile fornire un elenco esaustivo di attività o luoghi con ambienti confinati né delle situazioni di pericolo correlate, ci soffermiamo brevemente su alcune tabelle presenti nel secondo allegato che riportano esempi delle situazioni a rischio più probabili.

Attività e / o situazioni in cui si possono presentare i rischi di asfissia:
- “presenza residuale, dopo svuotamento o lavaggio, di N2 usato come gas inerte in cisterne, serbatoi ecc.:         nell’ industria agro-alimentare, chimica, farmaceutica;
- processi di fermentazione di mosti con produzione di CO2:      serbatoi, tini, botti, autobotti, vasche in aziende vitivinicole, nella produzione di distillati, ecc…;
- nell’uso di CO2 in serra per incrementare la crescita del prodotto: serre nell’industria agroalimentare;
- dispersione di agenti estinguenti o refrigeranti (CO2, halon, freon...) in ambienti non aerati: locali con impianti e attrezzature antincendio (es. locali CED); impianti di condizionamento e refrigerazione (ad es. nell’industria alimentare);
- accumulo di gas inerti (azoto, argon, elio) o di CO2 con formazione di atmosfere sotto-ossigenate: serbatoi, celle, locali e stanze chiusi nell’industria agro-alimentare, chimica, farmaceutica, nei laboratori scientifici, nella crioterapia;
- accumulo di fumi e di gas inerti nella saldatura ad arco (MIG, MAG, TIG):    ambienti confinati (serbatoi, silos, stive) dove si effettuano processi di saldatura;
- rilascio di vapori tossici di varia natura: scavi su terreni contaminati da scarichi abusivi, da rifiuti/residui pericolosi nelle attività di bonifica;
- presenza residuale di gas: vecchi gasometri;
- rilascio di vapori come residui di sostanze tossiche contenute in recipienti/contenitori industriali: serbatoi, condotte nell’industria petrolifera, chimica, galvanica;
- accumulo di gas e fumi tossici derivanti da stoccaggi e processi produttivi in ambienti con scarsa ventilazione:         industria, chimica, galvanica, metallurgica;
- accumulo di gas tossici derivanti da reazione tra sostanze incompatibili (es. sostanze acide con ipocloriti, solfuri, cianuri, ecc…): impianti di clorazione (acquedotti, piscine, fontane), concerie, galvaniche;
- sprofondamento o seppellimento all’interno di masse di materiale solido in pezzatura minuta (grani, polveri, pellets): mulini, silos nell’industria alimentare, nei cementifici, nella escavazione/lavorazione materiali inerti”.

 Queste invece le situazioni più probabili in cui si possono presentare i rischi di incendio o esplosione:
- “gas da reazioni anaerobiche (metano, idrogeno solforato, ammoniaca, mercaptani...) derivante da materiale organico stivato o residui di lavaggi: vasche e fosse biologiche, collettori fognari, serbatoi di stoccaggio liquami, impianti di depurazione, di produzione di biogas, in agricoltura, industria alimentare, trasporti;
- ristagno di gas pesanti e infiammabili (butano, propano) usati come propellenti per prodotti in aerosol: ambienti interrati o seminterrati privi di ventilazione;
- nubi di polveri di varia origine/natura: alimentare (es.: farine, zuccheri, malto, amido), chimica (es.: plastica, resine, detergenti, farmaceutica), metallurgica (es.: alluminio, magnesio), vernici, legno:    silos, serbatoi, grandi contenitori di stoccaggio nell’industria alimentare, chimica, metallurgica; impianti di aspirazione, filtrazione e stoccaggio nell’industria del legno;
- formazione di atmosfere sovra-ossigenate per rilascio accidentale o volontario di O2: serbatoi, locali non ventilati, stive, camere iperbariche, nella saldatura ossidrica, industria chimica, siderurgia, ossigeno terapia;
- formazione di atmosfere esplosive per rilascio del gas metano presente naturalmente in alcune acque di falda: serbatoi o grandi contenitori di stoccaggio dell’acqua nell’industria chimica, in agricoltura, allevamenti, ecc”.

Infine queste sono invece le situazioni accidentali poco prevedibili:
-  “fenomeni di fermentazione di materiale organico, di derrate alimentari (granaglie, farine, frutta), di rifiuti, con formazione di CO2: fosse, vasche, stive, containers, autobotti e simili nell'industria alimentare, nei trasporti, in agricoltura, in attività di allevamento;
- reazione tra l’acqua del terreno ed il calcare con produzione di CO2: gallerie, fosse, cunicoli, nell’industria estrattiva, in edilizia, nelle attività di manutenzione stradale;
- fenomeni di ossidazione (formazione di ruggine) all’interno di serbatoi con diminuzione della concentrazione di O2: recipienti e serbatoi chiusi in acciaio lasciati inutilizzati per lungo tempo;
- reazioni anaerobiche di materiale organico con formazione di gas (metano, CO2, idrogeno solforato, ammoniaca, mercaptani...): fognature, boccaporti di accesso, pozzi di connessione alla rete, nelle attività di depurazione, di produzione biogas, in agricoltura, nella manutenzione stradale e fognaria;
- combustioni in difetto d’ossigeno (stufe catalitiche, bracieri) con formazione di CO: luoghi e locali nell’industria siderurgica, chimica, del carbone”.

Riportiamo quanto indicato nel quinto allegato (misure di prevenzione) in merito alle procedure di lavoro.

Le procedure di sicurezza “devono comprendere tutte le azioni di controllo del rischio e le ragioni della loro applicazione ed essere adeguate a gestire le fasi di seguito elencate:

-prima di accedere: la verifica delle modalità di accesso e di uscita nonché della eventuale necessità di ventilazione meccanica dell’ambiente per garantire il ripristino e/o il mantenimento delle condizioni di respirabilità (livelli di ossigeno sufficienti);
-durante l’esecuzione dei lavori: la presenza di un operatore all’esterno in contatto permanente che vigila ed è messo in grado di approntare celermente azioni di soccorso;
-eventuale soccorso: dovrà essere previsto, in modo dettagliato, l’approntamento di un sistema di emergenza per intervenire in caso di situazioni di pericolo”.

- “se la valutazione dei rischi effettuata a seguito del controllo preliminare sul posto (in particolare nei casi in cui non si possa mettere in atto una ventilazione efficace) ha portato alla decisione di realizzare l’intervento mediante l’uso di respiratori isolanti, occorre che i lavori siano eseguiti da personale addestrato all’uso di tali dispositivi nonché fisicamente adatto”;
- “nelle situazioni che possono presentare rischi di incendio o esplosione, quando la valutazione dei rischi indica la probabilità di formazione di un’atmosfera esplosiva (presenza di materiale organico in decomposizione, sversamenti accidentali di idrocarburi o di solventi organici, vicinanza di serbatoi o bombole di GPL, …) deve essere usato un rilevatore di gas adatto. I lavori con fiamme libere o sviluppo di scintille non potranno essere realizzati se non è stato emesso uno specifico permesso di lavoro. I lavoratori dovranno attenersi scrupolosamente alle indicazioni contenute in tale permesso”. 

Direzione Regionale Prevenzione del Veneto
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati









mercoledì 13 giugno 2012

Scarpe Antinfortunistiche TIMBERLAND PRO®


La qualità del prodotto è
ricordata più a lungo del prezzo pagato







Come risolvere il problema del lavoratore che presenta certificazioni mediche attestanti l'impossibilità di calzare scarpe antinfortunistiche? Una situazione problematica, sempre più frequente, diffusa e comune da potersi definire addirittura «quotidiana», che le figure della sicurezza si trovano ad affrontare, è quella del lavoratore che rifiuta di indossare le scarpe antinfortunistiche.


www.timberlandpro.eu


Elenco Scarpe TIMBERLAND fornibili:


TUCKERMAN PRO S1P HRO SRA
LOW SPLITROCK PRO BLACK S3 HRO SRB
SPLITROCK PRO BLACK S3 HRO SRB
SPLITROCK PRO GAUCHO S3 HRO SRB
SPLITROCK PRO WHEAT S3 HRO SRB
PRO NEWINGTON S3 SRA
WELTED 6" BLACK S3 SRA
WELTED 6" GAUCHO S3 SRA
TRADITIONAL WHEAT SB P E WRU HRO SRA
SNYDERS S3 SRC
CRUISEMAX S3 CI SRC
PRO HAMPTON SB P E WRU HRO SRA
EUROHIKER 2G BLACK SB P E HRO SRB
EUROHIKER 2G BROWN SB P E HRO SRB
PRO WATERVILLE SB P E WRU HRO SRA
PRO MUDSILL BLACK S1P HRO SRA
PRO MUDSILL BROWN S1P HRO SRA
BRADFORD BROWN S1P SRC
SHELTON S1P SRC
BRADFORD GREEN S1P SRC
PRO VINCENNES S1P HRO SRA
SNYDERS BLACK S3 SRC
IBIZA GREY S1P SRB
IBIZA NAVY S1P SRB
TRACKER S1P SRC
TRAPPER S3 CI SRC
TRADITIONAL WIDE S1P HRO SRC
WEDGE SB P E HRO SRC
ENDURANCE SB P E WRU HRO SRA
WILCARD BLACK S1P HRO SRA
BRADFORD GREY S1P SRC
WINTER SHELTON S3 SRC
PRO EAGLE S3 HRO SRC
WILDCARD GREY S1P HRO SRA
WILDCARD BROWN S1P HRO SRA
WILDCARD 347 O1 HRO SRA
WILCARD MID S3 WR HRO SRA
PRO COMFORT SOLETTA RICAMBIO







La salute, rappresentando uno dei «diritti fondamentali» protetti della Costituzione e rappresentando «interesse della collettività» (art.32 Cost.) , rappresenta tipico esempio di «diritto indisponibile»: come tutti i diritti indisponibili non è pertanto suscettibile di essere scambiata o ceduta, anche parzialmente, mediante patti o accordi.

L'obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per la tutela dell'integrità fisica del lavoratore, rende il datore di lavoro suscettibile di responsabilità risarcitoria nei confronti del lavoratore (nonchè penale). Nel momento in cui il datore di lavoro concedesse al lavoratore una esenzione dall'indossare le scarpe antinfortunistiche, sarebbe allora necessario o implicito una sorta di patto in cui il lavoratore, in cambio dell'esenzione dall'indossare le scarpe, pattuirebbe una rinuncia al richiedere danni al datore di lavoro, non più in grado di adottare tutte le misure di sicurezza richiestigli dalla legge.

Questo tipo patto rappresenterebbe un chiaro esempio di «cessione» parziale, a mezzo di patto, del proprio diritto alla salute tutelato dall'art.32 della Costituzione: tale tipo di patto, però, proprio per la «natura indisponibile» del diritto alla salute, non è ammissibile.

Tale patto sarebbe, inoltre, per il datore di lavoro privo di ogni valore liberatorio in termini di responsabilità penale, in quanto le norme di prevenzione degli infortuni, tra le quali rientra l'obbligo di calzature antinfortunistiche, appartenendo al diritto pubblico, non possono essere derogate da accordi privati, espliciti o impliciti che siano. Rappresentando, inoltre, l'obbligo di utilizzo di DPI un reato perseguibile d'ufficio e non a querela, ogni patto in materia non cambierebbe in nessun modo sull'iter giudiziario dell'eventuale illecito.

Su un piano più pratico, inoltre, ogni eventuale accordo tra datore di lavoro e lavoratore potrebbe costituire agevole possibilità di sistematico aggiramento della legge, in quanto potrebbe consentire al datore di lavoro, sulla base di certificati medici certificanti anche semplici "disagi" ad indossare i DPI, di ottenere dai propri dipendenti documenti utili a non applicare questa ed altre norme antinfortunistiche.

Tutto quanto sopra, infine, diventa particolarmente rilevante "... quando si tenga conto dello stato di soggezione del lavoratore dipendente nei confronti del datore di lavoro e del conseguente potere di suggestione di quest'ultimo; e quando si tratti di tutelare diritti per loro natura indisponibili e costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla salute" (estratto da Cass. Penale sez. VI, sentenza n. 1473 del 4.2.99).

A maggior ragione, ovviamente, per quanto sopra, sarebbero del tutto irrilevanti fogli di liberatoria sottoscritti dal lavoratore (del tipo «... me ne assumo io la responsabilità ...»).













giovedì 7 giugno 2012

UVEX XENOVA: versioni e modelli



Scarpe di sicurezza UVEX xenova climazone 6915.8 S1 SRC

Estremamente leggere, scarpa di sicurezza priva di metallo, comodità ottimizzata e molto traspirante grazie al climazone Uvex, imbottitura in fibra di Bambou, poche cuciture per ridurre al massimo i punti di pressione, adatte a persone allergiche al Cromo, puntale Uvex Xenova duo in tecnologia bicomponente, isolazione termica, copripuntale Uvex Topshield per una supplementare protezione del materiale superiore e una maggiore durata di vita, protezione posteriore Anti-Twist Uvex per una maggiore stabilità e una protezione contro le storte, bordi inbottiti, suola climatica estraibile, antistatica, con sistema di trasporto dell’umidità, Uvex Hydroflex Gel per un ammortizzatore ottimale a livello del tallone, risponde alle esigenze ESD: resistenza di contatto < 35 Megaohm, suola in PUR:
norme: ISO 20345:2007 S1 SRC, EN 20345:2007 S1 SRC



Scarpe di sicurezza UVEX xenova climazone 6916.8 S1 SRC

Estremamente leggere, scarpa di sicurezza priva di metallo, comodità ottimizzata e molto traspirante grazie alla zona climatica Uvex, imbottitura in fibra di bambù, poche cuciture per ridurre al massimo i punti di pressione, adatte a persone allergiche al cromo, puntale Uvex Xenova duo in tecnologia bicomponente, isolamento termico, spunterbo Uvex Topshield per una protezione supplementare del materiale superiore e una maggiore durata, protezione posteriore anti-twist uvex per una maggiore stabilità e una protezione contro le storte, bordi inbottiti morbidi, suola climatica comfort estraibile, antistatica, con sistema di trasporto dell’umidità, Uvex Hydroflex Gel per un’ammortizzatore ottimale a livello del tallone, risponde alle esigenze ESD: resistenza di dispersione < 35 Megaohm, suola in PUR, EN ISO 20345:2007 S1 SRC.
norme: ISO 20345:2007 S1 SRC, EN 20345:2007 S1 SRC



Scarpe di sicurezza UVEX xenova climatec 6925.8 S1

Estremamente leggere, scarpa di sicurezza priva di metallo, comodità ottimizzata e molto traspirante grazie al Climatec Uvex, imbottitura in fibra di Bambou, poche cuciture per ridurre al massimo i punti di pressione, adatte a persone allergiche al Cromo, puntale Uvex Xenova duo in tecnologia bicomponente, isolazione termica, copripuntale Uvex Topshield per una supplementare protezione del materiale superiore e una maggiore durata di vita, protezione posteriore Anti-Twist Uvex per una maggiore stabilità e una protezione contro le storte, bordi inbottiti, suola climatica estraibile, antistatica, con sistema di trasporto dell’umidità, Uvex Hydroflex Gel per un ammortizzatore ottimale a livello del tallone, risponde alle esigenze ESD: resistenza di contatto < 35 Megaohm, suola in PUR


Scarpe di sicurezza UVEX xenova pro 6930.2 S3 SRC HRO

Prive di metallo, particolarmente leggere, dotati del sistema uvex climazone, materiale esterno e inbottitura traspirante, materiale superiore in cuoio, imbottitura tessile uvex PTR idro e termoregolatrice, forma larga e sportiva, puntale uvex xenova duo secondo la tecnologia bicomponente, isolazione termica, puntale ricoperto uvex topshield per una protezione supplementare e una durata di vita maggiore, sistema di chiusura a stringhe con occhielli passanti, contrafforte posteriore uvex antitwist per una maggiore stabilità e una protezione contro storte e strappi, suola interna estraibile, confortevole, antistatica, dotata di un sistema d’evacuazione dell’umidità, uvex hydroflex Gel integrato nella zona del tallone per un ammortizzatore ottimale. Linguetta leggera e imbottita, soddisfa i requisiti ESD, resistenza di contatto< 35 Megaohm, suola in gomma, EN ISO 20345:2007 S3 SRC HRO.
norme: ISO 20345:2007 S3 SRC HRO, EN 20345:2007 S3 SRC HRO








Gamma GILET Alta Visibilità