venerdì 23 luglio 2010

MICROIMPRESE: meno di 10 dipendenti costi mancata PREVENZIONE




Quasi due terzi della forza lavoro in Europa è occupata nelle "microimprese" e costituiscono la struttura portante dell’economia europea. Sono proprio queste le imprese che spesso hanno maggiori difficoltà delle grandi aziende nel mettere in atto idonee e efficaci politiche di prevenzione.
Micro-imprese sono definite le imprese con meno di 10 dipendenti.
Per le microimprese infatti la mancata PREVENZIONE finisce per avere dei costi sconcertanti: l’80% degli infortuni mortali, verificatisi tra il 2002 e il 2005, in Italia, ha riguardato lavoratori appartenenti a realtà con numero di addetti da 1 a 9”.
Anche per le malattie professionali i dati sono interessanti: nel 2008 solo in Lombardia sono state risarcite 2.865 malattie professionali. L’attenzione verso queste patologie nelle microimprese è scarsa: “solo una piccola parte delle realtà da 6 a 9 addetti” che avrebbe l’obbligo di individuare il Medico Competente lo ha fatto.
In questo caso “il malessere derivante da alcuni rischi presenti non viene rilevato e monitorato, e la patologia (cronica e, a volte, degenerativa) che può derivarne nel tempo non viene prevenuta” con costi che sono spesso occulti dal momento che difficilmente la malattia verrà riconosciuta come malattia professionale.
I costi della mancanza di prevenzione sono diversi e attualmente molto onerosi. Costi che “non sono solo a carico dell’azienda che non fa prevenzione, ma vengono sopportati dall’intera collettività”. Nel 2004, l’Inail ha corrisposto complessivamente 3.560.000 rendite (infortuni con invalidità permanente o letali), per la cifra complessiva di circa 5 miliardi di euro, mentre il costo dell’indennità per inabilità temporanea al lavoro è stato pari a 465.000 euro.
Ai costi diretti si devono sommare quelli indiretti:
- perdita di produzione;
- danni alle strutture e alle attrezzature;
- formazione per il personale sostitutivo;
- ore di straordinario per recuperare la perdita di produzione;
- eventuali sanzioni dagli organi di vigilanza;
- aumento del premio di assicurazione;
- eventuali spese legali;
- eventuale rimborso del danno biologico.
Calcolando il numero di giornate lavorative perse, da circa un milione d’infortuni (la media globale degli infortuni in Italia negli ultimi anni) deriva la perdita di 17 milioni di giornate lavorative. Giornate perse che, secondo l’Agenzia europea, dipendono anche dai rischi psicosociali (lo stress nell’Unione europea inciderebbe per il 50% delle giornate lavorative perse globalmente).
Il costo sociale per infortuni è stimato in circa 28 miliardi di euro; considerando anche le malattie professionali la cifra sale a 41,6 miliardi (INAIL).


Tuttavia i rischi per la sicurezza sarebbero spesso affrontabili con interventi piccoli e progressivi, piuttosto che con un unico intervento oneroso. E a volte un rischio può essere affrontato “con un intervento di tipo organizzativo piuttosto che tecnico”.
A questo proposito sono attivi progetti di finanziamento, e altri sono in corso di sviluppo, anche con il supporto del nuovo Testo Unico. Ad esempio per il 2010, l’Inail ha stanziato una cifra minima di 60 milioni di euro, a fondo perso, per progetti di investimento e formazione a favore delle PMI.

Vantaggi della Prevenzione:
- “attraverso la prevenzione non solo diminuiscono i costi per infortuni e malattie, ma, per mezzo del vigente sistema bonus-malus, di fronte a una riduzione dei danni viene anche ridotto il premio assicurativo Inail”;
- “l’Inail stesso, di fronte a un infortunio o a una patologia legata al lavoro, può avviare un’azione di rivalsa verso il datore di lavoro, chiedendogli un indennizzo economico per la copertura che l’Istituto dovrà garantire al lavoratore leso”;
- “si può ridurre la necessità di effettuare la sorveglianza sanitaria, con un risparmio sulle spese mediche che può essere considerevole;
- “la mancata prevenzione può far incorrere in sanzioni, la cui portata economica può essere notevole per una piccola o media impresa;
- un buona prevenzione riduce le “spese legali a fronte di danni sviluppati dai lavoratori o anche, nelle attività aperte al pubblico, dai clienti”.

Dati INAIL Giugno 2010
L’analisi territoriale mostra che il calo degli infortuni (-9,7% a livello nazionale) ha riguardato tutte le grandi aree geografiche, ma in particolar modo il Nord che ha fatto registrare una riduzione dell’11,2% a fronte del -8,2% del Centro e del -6,8% del Mezzogiorno. Anche per le morti sul lavoro il calo più importante si è registrato nel Nord-Est (62 decessi in meno, pari al -21,9%) e nel Nord-Ovest (-6,2%). In controtendenza, invece, il Centro che registra un aumento del 7,9% degli eventi mortali dovuto principalmente ad un incremento dei decessi nel Lazio.
Maggiormente penalizzati i settori industriali e di conseguenza le aree geografiche a più alta densità occupazionale e produttiva in tale ambito. Infatti a livello settoriale la diminuzione è stata molto più sostenuta nell’Industria (-18,8%) che nei Servizi (-3,4%) o nell’Agricoltura (-1,4%). Il calo più significativo si registra nel comparto manifatturiero (-24,1%) più di altri colpito dalla crisi economica, con un calo di occupati rilevato dall’ISTAT pari al 4,3%, nettamente superiore a quello medio generale (-1,6%).
Per quanto riguarda i Servizi, apprezzabili riduzioni si registrano nei Trasporti (-12,5%) e nel Commercio (-9,1%). Per i casi mortali il 2009 segna una riduzione sensibile nell’Industria (-7,9%) e nei Servizi (-6%), mentre in Agricoltura si ha una sostanziale stabilità. Nelle Costruzioni, settore che da sempre è oggetto di attenzione sotto il profilo infortunistico, la riduzione delle morti sul lavoro è stata molto contenuta (-1,4%). Va segnalata anche la diminuzione del 16,7% dei decessi nel settore Trasporti.

lunedì 19 luglio 2010

Lavori di MANUTENZIONE: Costo Sociale dei Rischi e Pericoli



Su oltre 220 milioni di lavoratori europei, ogni anno ben 167 mila muoiono per incidenti sul lavoro. Di questi, il 10-15% è causato da attività di manutenzione, d'altra parte necessarie per garantire un livello di sicurezza costante.
Vi sono pero settori (quali l'edilizia) dove quasi la metà degli incidenti è legata a opere di restauro o manutenzione e paesi dove la manutenzione incide fino al 20% nel totale degli incidenti.
I lavori di manutenzione hanno, poi, un costo molto alto in materia di prepensionamenti dovuti all'elevato stress fisico e psicologico di queste attività, per un costo economico che, nell'intera Ue, è stimato intorno ai 2,8 miliardi.

Gli incidenti sono legati alla natura stessa della manutenzione. Questa prevede spesso interventi difficili e stressanti: per le modalità di lavoro - spesso improvvisate in base all'intervento da fare -, per i tempi - con molte chiamate notturne o lunghi turni di lavoro straordinario -, per la pressione elevata dovuta all'urgenza delle riparazioni e, infine, per un ambiente di lavoro diverso per ogni intervento. A contribuire negativamente anche il frequente uso di subappalti.

Fonte: Osha = Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro
La ns. società è in grado di effettuare ANALISI e SCREENING in relazione alla mansione e/o mestiere per l'individuazione dei DPI Dispositivi di protezione Individuale più appropriati secondo gli standards europei.

In foto: CONTENITORI per il trasporto, la distribuzione e lo stoccaggio di liquidi infiammabili (con chiusura a molla, a stantuffo, con doppia apertura, ect.)

venerdì 16 luglio 2010

Meno INFORTUNI più RISPARMIO


Dal SOLE 24 ORE (Flavio TUCCI)

Con una sforbiciata del 10% agli infortuni sul lavoro si risparmierebbero 4,3 miliardi.
Ridurre dell'1% gli infortuni sul lavoro, farebbe risparmiare all'Erario 438 milioni di euro. Che salirebbero a quasi 2,2 miliardi, se il calo fosse del 5% e, addirittura, a 4,3 miliardi, se la sforbiciata degli incidenti fosse del 10 per cento. La stima è dell'Eurispes, che, in collaborazione con il Consiglio nazionale degli ingegneri, ha presentato la ricerca "Prevenzione e sicurezza: tra crescita economica e qualità della vita". Il calcolo è stato fatto prendendo a riferimento il numero di incidenti sul lavoro 2008, pari a 874.940 (37 per ogni mille occupati), che hanno avuto costi sociali ed economici di circa 43,8 miliardi, pari al 2,79% del Pil nazionale del 2008. Praticamente, 50mila euro a infortunio, ha sottolineato il presidente dell'Ordine degli ingegneri Giovanni Rolando, «che si potrebbero risparmiare investendo seriamente in prevenzione».

Un altro settore che necessita di un incisivo cambio di passo, sottolinea il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, è quello della sicurezza stradale. Lo studio, ricorda Fara, stima in 28,8 miliardi di euro l'impatto economico degli incidenti su strada, che equivalgono, ha detto, «a un costo pro capite per la collettività di circa 480 euro l'anno». Anche qui, tuttavia, è possibile risparmiare. Se si riuscissero a ridurre dell'1% i sinistri sulle strade, lo Stato ci guadagnerebbe 288 milioni, che potrebbero arrivare a 2,8 miliardi, nel caso s'innescasse una spirale virtuosa di riduzione degli incidenti del 10 per cento.

lunedì 12 luglio 2010

DPI Guanti protettivi per ogni lavoro o applicazione








NON esiste un guanto universale 

che protegga da tutti i possibili rischi e pericoli, (fisici o chimici o termici, ect.). E' necessario disporre di un tipo di guanti adatto ad ogni applicazione, funzione, processo o ad ogni prodotto.

La direttiva europea 89/686 definisce tre categorie di rischio:

- Cat.1 Rischi minori:

“EPI di concezione semplice, destinati all'igiene, al comfort o a proteggere contro dei rischi i cui effetti non hanno conseguenze sulla salute dell'utilizzatore o sono facilmente reversibili”. Si tratta in genere di guanti leggeri o economici, piacevoli da portare e che aumentano sensibilmente il comfort del lavoro”. Ad esempio possono proteggere contro l'umidità, l'abrasione leggera, le escoriazioni o le ustioni superficiali;

- Cat. 2 Rischi intermedi:
“EPI di concezione elaborata in vista di proteggere contro dei pericoli le cui conseguenze per la salute possono essere durature”. I guanti di questa categoria sono molti e spesso sono composti da “diversi materiali in modo da rispondere a qualsiasi genere di esigenza professionale” (ad esempio guanti che proteggono “da tagli, abrasioni, dalle ustioni, dai prodotti chimici, dagli agenti infettivi, dalla contaminazione radioattiva”);

- Cat. 3 Rischi mortali o invalidanti:
“EPI di concezione molto particolare, destinati a proteggere contro danni irreversibili per la salute”. Sono dispositivi di protezione molto specifici, destinati per esempio a pompieri, macellai, elettricisti, operatori nell'industria chimica, operatori nelle fonderie.

Esistono diverse tipologie di guanti resistenti a:

- sollecitazioni meccaniche: il pittogramma corrispondente fa riferimento alla norma europea EN 388 che precisa la resistenza dei guanti ad abrasione, taglio tramite tranciatura, lacerazione e perforazione. Resistenza che è specificata da quattro cifre sotto i pittogrammi. “Se il test non è applicato al guanto sottoposto a test oppure non è stato realizzato, la lettera X figura al posto della cifra”. Inoltre “contrariamente a quello che si potrebbe essere indotti a credere, il pittogramma martello non significa una protezione contro lo schiacciamento”;


- taglio in seguito a impatto: la norma EN 1082 definisce in modo specifico questa resistenza. Il pittogramma relativo “si trova in genere sui guanti in cotta di maglia destinati ai macellai e a chi disossa”;


- prodotti chimici e microrganismi: è la norma EN 374 che “definisce la protezione contro la penetrazione e la permeazione dei prodotti chimici attraverso dei guanti”. Tre pittogrammi sono associati a questa norma. Il primo è relativo solo alla resistenza all'aria e all'acqua (il guanto non presenta nessuna porosità, punti di cucito non stagni o altre imperfezioni), il secondo è relativo alla resistenza al passaggio di microrganismi, batteri e funghi (la “protezione contro i virus è l'oggetto di una norma medica specifica”). Mentre il terzo indica la protezione da permeazione di sostanze chimiche. Riguardo a quest’ultima il pittogramma è accompagnato da un codice a tre lettere: si riferiscono a tre prodotti chimici standard, tra dodici (A metanolo, B acetone, C acetonitrile, D diclorometano, E disolfuro di carbonio, F toluene, G dietilamina, H tetraidrofurano, I acetato di etile, J n-eptano, K soda caustica 40%, L acido solforico 96%);


- calore e/o fuoco: la norma EN 407 definisce i criteri specifici ai guanti destinati a proteggere contro il calore e/o il fuoco, mentre la “norma EN 659 s'indirizza particolarmente agli equipaggiamenti di protezione per i pompieri”;


- freddo: la norma relativa a questi guanti è la EN 511, fa riferimento al freddo da convenzione e da contatto sino a -50°C, e precisa la permeabilità all'acqua”. Anche in questo caso è presente sotto il pittogramma un codice (convenzione/contatto/impermeabilità);


- radioattività: la norma EN 421 si occupa dei guanti destinati a proteggere contro la contaminazione radioattiva e le radiazioni ionizzanti (ad esempio usati in “cardiologia, in oncologia, nella ricerca e nell'industria nucleare”).



Altra norma è quella per i guanti destinati al contatto con gli alimenti. La norma sulla compatibilità dei guanti con gli alimenti è la EN 455 e garantisce:
- che le sostanze pericolose contenute nel materiale dei guanti non migrino verso gli alimenti.
- che eventuali microrganismi patogeni alla superficie della pelle contaminino gli alimenti.


La conformità dei guanti alle direttive europee viene segnalata più che dal logo CE (insignificante perché lo troviamo anche sui giocattoli) dai pittogrammi a forma di scudo. Esiste inoltre un “sistema preciso di test e di classificazione dei guanti” indicato da diverse le norme europee segnalate dalle lettere EN ...

La ns. società è in grado di effettuare ANALISI e SCREENING in relazione alla mansione e/o mestiere per l'individuazione dei GUANTI più appropriati secondo gli standards europei.
Le raccomandazioni di utilizzazione dei guanti vengono date a titolo indicativo e non impegnativo. Non sostituiscono l'analisi dei rischi fisici e chimici di ogni posto di lavoro e la consultazione delle schede specifiche tecniche fornite dai distributori e dai fabbricanti.



giovedì 8 luglio 2010

rischo ALCOL nei luoghi di lavoro


La valutazione dei rischi nella normativa antinfortunistica include anche le eventuali interazioni dei rischi presenti in ambiente di lavoro con quelli derivanti da errate abitudini personali dei lavoratori, come l'assunzione di alcol e sostanze stupefacenti.
Sono in vigore nel nostro Ordinamento due disposizioni strettamente collegate che costituiscono un punto importante per configurare la natura degli obblighi e individuare i soggetti obbligati”.

La prima norma è contenuta nell’art. 15 della Legge n. 125 del 2001 secondo cui “nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza e l’incolumità o la salute dei terzi, individuate con decreto del Ministero del Lavoro di concerto con il Ministro della Sanità … è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”.
Questa norma ha avuto a volte un’interpretazione ristretta, “giacché si è ritenuto che essa significasse semplicemente che sul lavoro è vietato somministrare o assumere bevande alcoliche o superalcoliche”. Ma - continua il relatore – “non occorre molto acume per capire, già dall’incipit dell’articolo, che nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortunio… il legislatore si preoccupa di evitare non solo che sul lavoro non si beva ma soprattutto che non si lavori in condizioni menomate di vigilanza e di attenzione”. Se così non fosse si provocherebbe “la paradossale conclusione che basterebbe ubriacarsi prima di aver vacato l’ingresso del luogo di lavoro, e non dopo, per sfuggire alla sanzione”.

La seconda norma è invece il provvedimento 16 marzo 2006 che contiene l’Intesa in materia di individuazione delle attività lavorative ai fini del divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche emanata ai sensi del 1° comma dell’art. 15 della Legge 125.
Un elenco di 14 attività lavorative che “presenta sorprendenti assenze, giacché l’esperienza suggerisce che sono presenti gravi rischi derivanti dall’assunzione di alcol anche in attività diverse da quelle elencate”.

“Il datore di lavoro ha il potere-dovere di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria per il rischio alcol, sia con esami programmati sia con accertamenti a sorpresa, sia in fase preventiva, sia in fase preassuntiva”.

Compito del giurista “è quello di ricordare che il luogo di lavoro non è il luogo nel quale possa trovare tutela incondizionata la libertà personale di seguire pratiche pericolose per la propria salute, perché tale libertà va contemperata col diritto degli altri lavoratori o dei terzi di non subire pregiudizio a causa del comportamento alterato dall’assunzione di sostanze alcoliche, tenuto da altri lavoratori”.
Il comma 4-bis dell’art. 41 (il futuro accordo in conferenza Stato-Regioni) offre “un’occasione unica per mettere ordine e razionalità in una materia che finora ha visto molte e disordinate incursioni di amministratori locali, di medici del lavoro, di teorici della sobrietà e di appassionati cultori del buon vino”.
Il ministero ha approvato un decreto che obbliga tutti i pubblici esercizi ad esporre specifiche tabelle che indicano i gradi alcolici delle bevande ed i limiti per guida in stato di ebbrezza.
La FOTO riporta:
1° TABELLA PER LA STIMA DELLE QUANTITÀ DI BEVANDE ALCOLICHE CHE DETERMINANO IL SUPERAMENTO DEL TASSO ALCOLEMICO LEGALE...
2° TABELLA DESCRITTIVA DEI PRINCIPALI SINTOMI CORRELATI AI DIVERSI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE ALCOLEMICA

“Il punto di vista del giurista: obblighi dei diversi soggetti e aspetti contrattualistici”, a cura del procuratore Dr. Beniamino Deidda, intervento al convegno “Alcol e lavoro. analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore” (formato PDF, 269 kB).

venerdì 2 luglio 2010

Strategie Anticaldo: COOLMAX®





Quando il corpo produce troppo sudore, è perché sta usando energia per mantenersi fresco. Quell’energia dovrebbe invece essere usata per la vostra prestazione. Se il sudore non evapora rapidamente, la temperatura interna del corpo aumenta e si produce più sudore. Con Coolmax® il sudore non è più un problema.

Le fibre ingegnerizzate di ADVANSA impiegate nei tessuti Coolmax® trasportano il sudore lontano dal corpo verso la superficie dell’indumento, dove può evaporare rapidamente. Allo stesso tempo, queste fibre dalla struttura unica garantiscono la massima traspirabilità, anche se bagnate. La traspirabilità (i tecnici dei tessuti la chiamano permeabilità all’aria) migliora ulteriormente l’effetto di termoregolazione.

Si rimane asciutti. Ci si sente bene.
E c’è più energia e resistenza.

Cos’è Coolmax®?

Coolmax® di ADVANSA è un tessuto ad alta efficienza che aiuta le prestazioni degli atleti e di coloro che lo indossano. Impiegando le fibre Dacron® di DuPont, Coolmax® toglie il sudore dalla pelle spingendolo verso lo strato esterno del tessuto, dove evapora più velocemente che con qualsiasi altro materiale. Nei test effettuati, gli indumenti in Coolmax® asciugano quasi completamente in 30 minuti. In confronto, il cotone rimane umido circa al 50%.

Il sudore mina la forza. Una migliore evaporazione significa spendere meno energia per raffreddare il corpo, e migliorare quindi la prestazione fisica e la resistenza. E poiché Coolmax® ha una migliore traspirabilità, non c’è niente di più confortevole da indossare. Cercate Coolmax® nelle camicie, nelle calze, pantaloncini da atletica, intimo, canottiere, e perfino negli abiti da ufficio. Va da sé che Coolmax® è nel guardaroba degli atleti più forti al mondo.
Il comfort fresco in ogni situazione

Per quanto riguarda il controllo dell’umidità, Coolmax® è il leader del settore. Sono molti quelli che ci fanno conto per i loro indumenti professionali.

Ministero della Salute “Estate sicura 2010, vincere il caldo”
dedica ai rischi del caldo diverse pagine web del suo sito.
In “Estate sicura 2010, vincere il caldo” è infatti possibile avere informazioni su:
- che cos'è una ondata di calore;
- consigli generali di prevenzione;
- consigli per le persone a rischio;
- piano operativo nazionale per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute.
In particolare il programma nazionale di prevenzione per limitare l’impatto sulla salute delle ondate di calore prevede, per l’estate 2010, una strategia “orientata ad affinare i metodi di previsione dei rischi, a sviluppare interventi mirati ai sottogruppi di popolazione a rischio e a sviluppare un efficace informazione alla popolazione”.

Lega svizzera contro il cancro “Protezione solare, l'essenziale in breve” (formato PDF, 122 kB).
Per favorire la prevenzione dei problemi legati al caldo segnalo un opuscolo sul sito di Suva e prodotto dalla Lega svizzera contro il cancro: “Protezione solare, l'essenziale in breve”.

Il documento ricorda che i raggi del sole non solo ci donano benessere, ma nascondono anche dei pericoli: “sono composti di luce visibile (50 %), raggi infrarossi (44 %) e raggi ultravioletti UV (6 %)”. E i raggi UV “sono una delle cause principali del cancro della pelle e favoriscono l'invecchiamento precoce della pelle”.
La nostra pelle porta nel tempo i “segni di ogni raggio di sole e soprattutto di ogni scottatura, a partire dall'infanzia”. E le scottature aumentano il rischio di insorgenza di tumori della pelle.
Senza dimenticare che i raggi UV “mettono in pericolo anche gli occhi non protetti e possono danneggiarli in modo permanente”.

La pelle può rimanere esposta al sole per poco tempo senza arrossarsi o scottarsi. Nelle persone di pelle chiara questo “tempo di autodifesa” è di soli cinque a dieci minuti, mentre “le persone con pelle più scura sopportano il sole un po' più a lungo”.
Insomma prima o poi la pelle ha bisogno di essere protetta: “dall'ombra, da indumenti adatti o da creme solari”.

L’opuscolo riporta alcuni semplici consigli per tutti coloro che lavorano all'aperto:
- “trascorrere le pause all'ombra;
- indossare cappello (o casco) e occhiali da sole;
- proteggersi con gli indumenti: maglietta con colletto o camicia, pantaloni lunghi;
- applicare ripetutamente un prodotto solare con fattore di protezione almeno 25;
- concentrare i lavori al sole possibilmente prima delle 11.00 o dopo le 15.00, quando i raggi UV sono meno intensi”.

Inoltre offre alcune informazioni utili per tutti:
- “l’ombra è la miglior protezione solare;
- superfici chiare come metallo, calcestruzzo chiaro, acqua o neve riflettono e potenziano i raggi UV;
- anche con il cielo coperto, fino all’80 % dei raggi UV penetra attraverso le nubi;
- due terzi dell'intera dose quotidiana di raggi UV colpiscono la superficie terrestre tra le 11 e le 15;
- i vestiti sono una buona protezione solare, ma non sono tutti uguali: tessili a trama fitta con colori intensi proteggono meglio di stoffe leggere, trasparenti o chiare;
- un cappello a tesa larga o un fazzoletto proteggono la nuca;
- controllare la protezione UV degli occhiali da sole (marchio CE «100 % UV fino a 400 nm»);
- anche il solarium danneggia la pelle e costituisce un inutile carico di UV per il corpo”.

Il documento approfondisce poi il tema relativo ai tumori della pelle.
Sono diverse le forme di cancro della pelle. “I più frequenti sono i cosiddetti tumori di tipo chiaro; più raro ma più pericoloso è il melanoma, o tumore pigmentato”.
In particolare chi lavora all’aperto “è esposto a un carico più elevato di raggi UV e quindi corre un rischio maggiore di ammalarsi di cancro della pelle. Un'esposizione al sole prolungata per anni è considerata un fattore di rischio soprattutto del cancro di tipo chiaro”.

Ma non siamo tutti ugualmente esposti ai tumori della pelle. Ci sono infatti delle predisposizioni:
- colore della pelle (chi ha la pelle chiara è più predisposto all’insorgenza di tumori sulla pelle);
- frequenza di scottature solari nell'infanzia e nell'adolescenza;
- numero di nei sul corpo (si è più predisposti se si hanno più di 50 nei o se ne hanno di particolarmente grandi);
- eventi passati tumorali della pelle (melanomi), anche in famiglia.


L’opuscolo ricorda che “in caso di diagnosi precoce e terapia tempestiva persino il cancro della pelle più pericoloso, il melanoma, ha una prognosi favorevole”.
Se si ha, ad esempio, l’impressione “che un neo si sia modificato o che sia comparsa una nuova alterazione cutanea” è bene recarsi dal medico.

Nel documento viene presentata, corredata di immagini esplicative, la regola dell'A-B-C-D per verificare se i propri nei hanno cambiato forma (diventando Asimmetrici), hanno avuto una variazione nei Bordi o nel Colore o hanno avuto una variazione Dinamica, cambiando ad esempio dimensioni o spessore.

Non dimentichiamo che, al di là degli eventi tumorali, le ondate di calore, cioè i periodi prolungati di condizioni meteorologiche estreme con temperature elevate, possono essere causa anche di altri disturbi come crampi, svenimenti, gonfiori, stress da calore e colpi di calore.
Inoltre nei mesi estivi aumentano i rischi relativi alla presenza di ozono, un gas presente in basse concentrazioni in tutta l'atmosfera e che le radiazioni solari tendono a diffondere.



giovedì 1 luglio 2010

frasi R e S: Frasi di Rischio e Consigli di Prudenza


Cartello in ALLUMINIO Serigrafato 
riportante le frasi R e S

Sul lavoro si utilizzano detergenti, solventi, oli minerali, cemento, resine sintetiche o simili che possono scatenare un’allergia?


In questi casi, per evitare infiammazioni e allergie, è importante proteggere nel modo giusto la pelle. Se necessario, proteggere anche le altri parti del corpo dove è esposta la pelle.


Rispettare le avvertenze riportate sui prodotti e nelle istruzioni per l’uso. In caso di dubbio, rivolgersi al superiore o all’addetto alla sicurezza.


L’esposizione agli agenti chimici può rappresentare un rischio:
- per la “salute”: rischio legato “in particolar modo alle caratteristiche tossicologiche degli agenti chimici, ai tempi e alle modalità di esposizione”;
- per la “sicurezza”: rischio “principalmente determinato dalle proprietà chimico-fisiche pericolose degli agenti chimici e dalle loro caratteristiche di reattività (come ad esempio, la possibilità di formazione di atmosfere esplosive)”.


Per procedere nella valutazione del rischio occorre, innanzi tutto, “individuare i pericoli di origine chimica (per pericolo si intende la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi)”. Tale individuazione “costituisce la prima fase dell’iter valutativo e può essere effettuata mediante la compilazione di adeguate schede riepilogative, in cui occorre riportare i dati desumibili dall’etichettatura e dalla scheda di sicurezza dei prodotti utilizzati (sostanze o preparati) e altri dati necessari, se disponibili, a completare il quadro delle informazioni necessarie alla valutazione del rischio”. Nelle schede devono tuttavia essere riportate anche le “informazioni relative agli agenti chimici ‘non etichettati’, che possono derivare dalle lavorazioni o che sono presenti nell’ambiente di lavoro”.


Sintesi operativa per l’adempimento di quanto disposto dalla norma in merito alla valutazione del rischio da esposizione:
- “raccolta delle schede di sicurezza di ogni prodotto;
- eliminazione o riduzione del rischio mediante la sostituzione dell’agente pericoloso con un altro non pericoloso o meno pericoloso;
- identificazione dei pericoli e individuazione dei soggetti esposti, con l’uso della ‘scheda raccolta dati agenti chimici’;
- valutazione del rischio da esposizione ad agenti chimici”, attraverso la compilazione della
“scheda di valutazione preliminare del rischio chimico”;
- “trasposizione dell’esito della valutazione nell’apposita sezione del DVR con l’uso della ‘tabella di valutazione del rischio agenti chimici’;
- applicazione delle misure di prevenzione e protezione (da riportare nel DVR)”;
- “informazione, formazione ed eventuale addestramento dei lavoratori e dei loro rappresentanti (art. 227 D.Lgs. 81/2008)”.


Per approfondire


Omnia venenum sunt nec sine veneno quicquam existit.
Dosa sola facit ut venenum non fit.
Qualsiasi sostanza è velenosa e nessuna è priva di capacità venefica.
Solo la dose fa la sostanza velenosa.



Teofrasto Bombastro Von Hohenheim
detto PARACELSO Sec. XVI





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