venerdì 25 giugno 2010
POLO e T-SHIRT Fresh-Guard™ Dri-Release™
POLO antisudore Fresh-Guard™ Dri-Release
T-SHIRT antisudore Fresh-Guard™ Dri-Release
Massima comodità, Massime prestazioni, Un capo Fresco, Asciutto e Antiodore
Dri-release™ è un tessuto unico che al tatto sembra cotone. Mantiene fresco e asciutto evitando il formarsi di cattivi odori. È fabbricato con un filato brevettato formato da una speciale fibra mista al cotone. Da questa combinazione derivano notevoli pregi d’assorbenza e di morbidità al tatto. Il trattamento Freshguard™ nel tessuto elimina completamente tutti gli odori.
I test hanno dimostrato che i tessuti in Dri-release™ si asciugano quattro volte più velocemente del cotone e molto più velocemente di alcune fibre sintetiche. Il sistema brevettato di conduzione dell’umidità utilizza sia le proprietà del cotone (presente in una piccola quantità) per assorbire la traspirazione della pelle che quelle della speciale fibra co-polimerica per costringerla verso la superficie esterna del tessuto. Da qui evaporerà velocemente grazie all’aria a diretto contatto con il tessuto. In questo modo il tessuto non si satura evitando un’interruzione nella conduzione dell’umidità: il microclima tra la pelle e il tessuto rimane fresco e asciutto.
Rendimento che resiste nel tempo, lavaggio dopo lavaggio.
Il comfort di Dri-release™, diversamente da altri tessuti che ricevono trattamenti topici, rimane invariato nel tempo. Questa qualità è intrinseca alla struttura stessa del filato.
POLO antisudore Fresh-Guard™ Dri-Release
T-SHIRT antisudore Fresh-Guard™ Dri-Release
Le parti del Decreto legislativo 81/2008 che fanno diretto o indiretto riferimento al rischio microclimatico, sono diverse.
Riportiamo a titolo esemplificativo alcune indicazioni contenute nell’allegato IV (Requisiti dei luoghi di lavoro) in relazione alla temperatura dei locali:
1.9.2. Temperatura dei locali
1.9.2.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
1.9.2.2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
1.9.2.3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
1.9.2.4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
1.9.2.5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.
(…). L’art. 181 del D.Lgs 81/2008 indica che “il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici” e per agenti fisici si intendono (art. 180) “il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori”.
Come ci si regola praticamente per la valutazione?
Poiché la normativa nazionale è “carente dal punto di vista tecnico” (il Testo Unico “afferma unicamente che deve essere garantita agli operatori una situazione di benessere termico”), ci si “deve basare sulle indicazioni scientifiche e sulle normative tecniche”; queste ultime propongono alcuni indici microclimatici di comfort e/o di stress, indici che permettono di interpretare le condizioni microclimatiche ambientali integrate con il tipo di attività svolta dagli addetti.
Ne riportiamo alcune:
- UNI-EN-ISO 7730 1997 (determinazione degli indici PMV e PPD e specifiche per le condizioni di benessere termico);
- ISO CD7730, ISO/TC159/SC5 N201 Ott.2001 (ambienti termici moderati e discomfort locali); - UNI EN 27243 29/02/96 (valutazione dello stress termico per l’uomo negli ambienti di lavoro, basata sull’indice WBGT).
Vi rimandiamo al documento originale per la lettura delle altre norme tecniche e delle indicazioni e formule relative all’energia metabolica, al bilancio termico, alla resistenza termica e permeabilità al vapore dell’abbigliamento e a diversi strumenti di misura (anemometro, sonde a filo e a coppe, termometri, igrometri, centralina microclimatica, ect.).
Si affronta il comfort termico definito come quello stato psico-fisico in cui il soggetto esprime soddisfazione nei riguardi del microclima oppure come la condizione in cui il soggetto non ha né sensazione di caldo né sensazione di freddo.
In particolare perché ci sia comfort termico globale “una condizione necessaria è che l’energia interna del corpo umano non aumenti né diminuisca, ovvero che nell’equazione di bilancio termico il termine accumulo sia nullo”.
L’autore riporta alcuni indici di discomfort globale:
- PMV (Predicted Mean Vote) indice di sensazione;
- ET (New Effective Temperature), indice di temperatura;
- PPD (Predicted Percentage Dissatisfied), indice che rappresenta la percentuale prevista di insoddisfatti.
Inoltre ricorda che affinché l’ambiente sia termicamente accettato, deve essere nullo anche il discomfort locale (relativo ad esempio alla presenza di correnti d’aria, di un’elevata asimmetria media radiante, di un pavimento troppo caldo o freddo, …).
Dunque un ambiente può essere ritenuto accettabile, dal punto di vista termico, quando sono contemporaneamente verificate le condizioni di comfort globale (corpo intero) e locale (alcune zone del corpo).
“Microclima Termico”, a cura del Dr. Francesco Tapparo, consulente in tecnologie di monitoraggio ambientale, Agenzia per il Triveneto LSI LASTEM SRL, intervento al seminario dal titolo “Microclima e stress termico da temperatura”.
Il documento tuttavia non affronta solo gli ambienti termicamente moderati, ma anche gli ambienti termicamente severi.
Per ambienti severi “si intendono quelli nei quali, non essendo perseguibile il comfort termoigrometrico, bisogna occuparsi della salvaguardia della salute”. Si distinguono in ambienti caldi e freddi.
L’autore indica alcune attività dell’industria alimentare che, in relazione a diversi fattori (catena del freddo, prolungamento della conservazione, mantenimento dei caratteri organolettici, …), si svolgono in ambienti freddi. Ad esempio attività ortofrutticole e attività in relazione a paste fresche, salumi, carni e pesci, latticini, surgelati, congelati, gelati, ...
In queste attività il mantenimento del bilancio termico si ottiene:
- “con la regolazione vasomotoria ed utilizzando alcuni artifici”;
- con “la variazione della postura del corpo (per modificare l’area della superficie corporea offerta allo scambio termico)”;
- con “la scelta di un abbigliamento opportuno”.
Dopo aver presentato l’indice IREQ, per la valutazione dell’isolamento termico dell’abbigliamento, l’autore ricorda che gli indumenti in ambiente freddo devono essere di spessore adeguato. Inoltre devono essere comodi, devono poter avere almeno 3 strati sovrapposti e devono essere permeabili al vapor d'acqua.
Infine si ricorda che per evitare discomfort, decadimento delle prestazioni mentali e fisiche e danni da freddo, bisogna fare particolare attenzione all’eventuale raffreddamento di tre parti del corpo: mani, piedi e testa.