martedì 19 aprile 2011

Area per Fumatori: Requisiti Tecnici



Cartello di DIVIETO DI FUMO che deve essere affisso negli uffici pubblici.

Il soggetto cui spetta la vigilanza viene individuato formalmente dal dirigente della  struttura e a lui compete l’accertamento e la contestazione dell’infrazione, oltre che alle autorità competenti (Polizia amministrativa, Guardie giurate, se previsto da contratto, Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria). Delegato alla vigilanza sull’osservanza del divieto: 
Sig. 

Cartello di DIVIETO DI FUMO che deve essere affisso negli uffici e strutture private.



Il soggetto cui spetta la vigilanza è il conduttore del locale o un suo delegato. 

L’accertamento e la contestazione dell’infrazione, spetta, però a: Polizia amministrativa, Guardie giurate, se previsto da contratto, Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Addetto alla vigilanza sull’osservanza del divieto: Sig.

REQUISITI TECNICI DEI LOCALI PER FUMATORI, DEI RELATIVI IMPIANTI DI VENTILAZIONE E DI RICAMBIO D'ARIA E DELLA SEGNALETICA CONNESSA AL DIVIETO DI FUMO.


1. I locali riservati ai fumatori, di cui all'art. 51, comma 1, lettera b) della legge 16 gennaio 2003, n. 3 devono essere contrassegnati come tali e realizzati in modo da risultare adeguatamente separati da altri ambienti limitrofi, dove e' vietato fumare. A tal fine i locali per fumatori devono rispettare i seguenti requisiti strutturali:
a) essere delimitati da pareti a tutta altezza su quattro lati;
b) essere dotati di ingresso con porta a chiusura automatica, abitualmente in posizione di chiusura;
c) essere forniti di adeguata segnaletica, conforme a quanto previsto dai successivi punti 9 e 10;
d) non rappresentare un locale obbligato di passaggio per i non fumatori.

2. I locali per fumatori devono essere dotati di idonei mezzi meccanici di ventilazione forzata, in modo da garantire una portata d'aria di ricambio supplementare esterna o immessa per trasferimento da altri ambienti limitrofi dove e' vietato fumare. L'aria di ricambio supplementare deve essere adeguatamente filtrata. La portata di aria supplementare minima da assicurare e' pari a 30 litri/secondo per ogni persona che puo' essere ospitata nei locali in conformita' della normativa vigente, sulla base di un indice di affollamento pari allo 0,7 persone/mq. All'ingresso dei locali e' indicato il numero massimo di persone ammissibili, in base alla portata dell'impianto.

3. I locali per fumatori devono essere mantenuti in depressione non inferiore a 5 Pa. (Pascal) rispetto alle zone circostanti.

4. La superficie destinata ai fumatori negli esercizi di ristorazione, ai sensi dell'art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, deve comunque essere inferiore alla meta' della superficie complessiva di somministrazione dell'esercizio.

5. L'aria proveniente dai locali per fumatori non e' riciclabile, ma deve essere espulsa all'esterno attraverso idonei impianti e funzionali aperture, secondo quanto previsto dalla vigente normativa in tema di emissioni in atmosfera esterna, nonche' dai regolamenti comunali di igiene ed edilizi.

6. La progettazione, l'installazione, la manutenzione ed il collaudo dei sistemi di ventilazione devono essere conformi alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in tema di sicurezza e di risparmio energetico, come pure alle norme tecniche dell'Ente italiano di unificazione (UNI) e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI). I soggetti abilitati sono tenuti a rilasciare idonea dichiarazione della messa in opera degli impianti secondo le regole dell'arte ed in conformita' dei medesimi alla normativa vigente. Ai fini del necessario controllo, i certificati di installazione comprensivi dell'idoneita' del sistema di espulsione, e i certificati annuali di verifica e di manutenzione degli impianti di ventilazione devono essere conservati a disposizione dell'autorita' competente.

7. Nei locali in cui e' vietato fumare sono collocati appositi cartelli, adeguatamente visibili, che evidenziano tale divieto. Ai fini della omogeneita' sul territorio nazionale, tecnicamente opportuna, tali cartelli devono recare la scritta «VIETATO FUMARE», integrata dalle indicazioni della relativa prescrizione di legge, delle sanzioni applicabili ai contravventori e dei soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto e cui compete accertare le infrazioni.

8. Nelle strutture con piu' locali, oltre al modello di cartello riportato al punto 7, da situare nei luoghi di accesso o comunque di particolare evidenza, sono adottabili cartelli con la sola scritta «VIETATO FUMARE».

9. I locali per fumatori sono contrassegnati da appositi cartelli, con l'indicazione luminosa contenente, per le ragioni di omogeneita' di cui al punto 7, la scritta «AREA PER FUMATORI».

10. I cartelli di cui al punto 9 sono comunque integrati da altri cartelli luminosi recanti, per le ragioni di omogeneita' di cui al punto 7, la dizione: «VIETATO FUMARE PER GUASTO ALL'IMPIANTO DI VENTILAZIONE», che si accendono automaticamente in caso di mancato o inadeguato funzionamento degli impianti di ventilazione supplementare, determinando la contestuale esclusione della scritta indicativa dell'area riservata.

11. Il locale non rispondente, anche temporaneamente, a tutte le caratteristiche tecniche di cui ai punti precedenti non e' idoneo all'applicazione della normativa di cui all'art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.






Le nuove disposizioni legislative sul fumo, vietano la possibilità di fumare in tutti i luoghi pubblici e privati. Ovunque deve essere esposto e ben visibile, un' indicazione che segnali tale divieto. Ci sono diverse soluzioni in diversi formati e dimensioni.

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venerdì 15 aprile 2011

Rotatorie Stradali: Requisiti


L’adozione delle rotatorie stradali comporta:

- la diminuzione della velocità dei  veicoli generata  dalla traiettoria vincolata consente di moderare la  velocità sull’asse principale e di facilitare il passaggio di altri flussi;
- consente di pianificare gli spazi delimitando il terreno urbanizzabile e l’isola di rotazione consente di valorizzare il luogo con un intervento di natura paesaggistica, quindi migliore aspetto architettonico dell’intersezione stradale;
- la capacità è superiore a quella di un incrocio ordinario - la manutenzione minima: a parte il funzionamento dell’isola rotazionale, la rotatoria non richiede una manutenzione specifica e non comporta elevati costi di gestione.
- Ottimizzazione della fluidità del traffico grazie alla eliminazione dei tempi morti
- Diminuzione dell’inquinamento acustico e atmosferico rispetto agli incroci con semaforo
- Possibilità per tutti i mezzi, compresi quelli pesanti di invertire la marcia


Elementi prestampati in gomma componibili per la realizzazione di rotatorie di qualsiasi diametro.



ROTATORIE realizzabili in diverse dimensioni. 
Elementi fornibili nei colori: GIALLO, NERO

Sono rotatorie componibili, di facile installazione e rimozione, garantite nel tempo e in materiale riciclabile. Si installano a terra con perni metallici. Sono prodotte per iniezione e stampaggio a caldo, a base di pvc (riciclato unito a plasticizzante).










Rotatoria formata da 4 spicchi, dotata di tasselli di fissaggio e otto marker stradali. Cerchio esterno verniciato alternativamente nero/bianco. Possibilità di alloggiare al centro della rotonda una base idonea a supportare un palo segnaletico Ø mm 60. A richiesta, fornibile con cerchio esterno nero/giallo. 
Dimensioni: Ø mt 2, spessore mm 100. Peso kg 280.
Art. 5032

Rotatoria formata da 4 spicchi, dotata di tasselli di fissaggio e otto marker stradali. Cerchio esterno verniciato alternativamente nero/bianco, con parte centrale ricoperta di finta erba. Possibilità di alloggiare al centro della rotonda una base idonea a supportare un palo segnaletico Ø mm 60. A richiesta, fornibile con cerchio esterno nero/giallo. 
Dimensioni: Ø mt 2, spessore mm 100. Peso kg 280.
Art. 5033


Vendita all'ingrosso per Aziende



L’isola centrale è preferibilmente di forma circolare; può assumere forma ellittica con un rapporto fra raggio minimo e raggio massimo non inferiore a 0,75 mt. L’esperienza ha dimostrato che rapporti di eccentricità inferiori hanno riscontrato tassi di incidentalità più elevati.

L’isola centrale può essere attrezzata con essenze vegetali ed elementi di arredo allo scopo di favorire l’inserimento ambientale e l’identificabilità del luogo. Va mantenuta libera da ostacoli in elevazione una fascia larga almeno 2,5 mt. allo scopo di garantire la visibilità ai veicoli circolanti.


Il  diametro esterno della rotatoria viene definito sulla base del tipo di strade confluenti, del volume e della composizione del traffico, delle velocità prevalenti e in base alla  disponibilità di spazio. 

E’ necessario tener presente che la capacità di  una rotatoria non è proporzionale al diametro, infatti:
• quando il diametro esterno supera i 70 mt. non si registra un miglioramento sensibile della  capacità che invece può essere influenzata negativamente dall’aumento delle velocità delle correnti con i relativi effetti sulle componenti più deboli (velocipedi e pedoni).
• Diametri maggiori (100-120m) sono giustificati da particolari contesti infrastrutturali quali:
• presenza di sottopasso o sovrappasso o rotatoria inserita in uno svincolo a più livelli.
• Se il diametro esterno scende sotto i 40 m è necessario effettuare le opportune verifiche sull’inseribilità dei mezzi pesanti (autobus e commerciali).



Requisiti di fattibilità di una rotatoria


La rotatoria non è sempre la soluzione migliore per un’intersezione. Occorre che essa risponda a determinati requisiti di fattibilità:
• Integrazione con l’ambiente e valorizzazione del sito.
• Spazi disponibili sufficienti.
Deve essere inseribile un cerchio di almeno 26 m di diametro (ingombro minimo della rotatoria, che consente l’iscrizione di tutti i veicoli). In presenza di traffico di veicoli pesanti e carichi eccezionali si devono prevedere rotatorie con dimensioni maggiori, in modo da garantire tutte le manovre  Topografia regolare e piana.
• Adeguatezza al traffico e alla sua gestione. La rotatoria non è adeguata in presenza di una regolazione centralizzata e diretta del traffico che interessa ampie aree e consente la programmazione della
precedenza per determinati flussi (onda verde).
• Volumi di traffico tra le varie arterie non eccessivamente differenti. In termini prestazionali (ritardi e code) la rotatoria è in genere una soluzione peggiore rispetto a quella semaforica quando il rapporto tra flusso su arteria secondaria e quello sull’asse principale è inferiore al 20%.
• Non influenzare negativamente le linee del Trasporto Pubblico. I mezzi pubblici non possono usufruire di fasi di precedenza.
• Non influisce negativamente il transito di pedoni e ciclisti.




Datore di Lavoro: differenza tra “lavoristico” e “prevenzionale”

Il Testo unico 81/2008 ha fatto chiarezza sul ruolo del “datore di lavoro”.
È “datore di lavoro” chi è titolare del rapporto di lavoro e “comunque” chi ha potere decisionale e di spesa.
Pertanto, mediante l’uso dell’avverbio “comunque” «il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale».

Esistono, quindi, due diversi profili che fanno capo alla comune figura del “datore di lavoro”: “lavoristico” e “prevenzionale”. Il distinguo è necessario.
Tali profili possono essere scissi e fare riferimento in concreto a due diversi soggetti della compagine aziendale: quello “lavoristico” è riconducibile al rappresentante legale cioè a colui il quale è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore; quello “prevenzionale” è riferito a colui il quale ha competenza tecnica e gode del potere decisionale e di spesa in merito agli aspetti antinfortunistici e sanitari in ambito aziendale.

Nasce, dunque, l’esigenza di far emergere dall’organigramma aziendale il ruolo di colui il quale per competenza tecnica e per potere decisionale sia nelle effettive condizioni di assicurare un ambiente lavorativo sicuro e salubre. Quando per la complessità ed articolazione dell’ente la “chiamata in garanzia” del vertice aziendale appare irrealistica, occorrerà individuare in alternativa il cd. “datore prevenzionale”, dandone opportuna pubblicità. Sarà costui, quindi, il “datore di lavoro” nell’accezione della normativa antinfortunistica; lo sarà a titolo originario e per volontà di legge.

L’individuazione del “datore prevenzionale” discende da un atto ricognitivo che non contiene attribuzione di funzioni o poteri. Con esso si accerta la presenza di tali presupposti giuridici in capo ad una specifica posizione dell’organigramma aziendale. E’ evidente, pertanto, la differenza di questo atto rispetto ad altri solo apparentemente analoghi, come le deleghe di funzioni: con queste ultime, infatti, il soggetto delegante “trasferisce” a terzi prerogative, poteri e funzioni che gli sono propri. Con la conseguenza che il delegante non potrà spogliarsi per intero della propria responsabilità di ruolo, dovendo comunque svolgere un’adeguata funzione di vigilanza e controllo del corretto operato del delegato nonché di intervento sostitutivo in caso di inattività di quest’ultimo.
L’atto ricognitivo del “datore prevenzionale”, invece, non trasferisce poteri o prerogative bensì si limita a constatarne la sussistenza in capo al soggetto identificato.
Conseguenza pratica di questa affermazione è che al “datore prevenzionale” spetteranno anche quelle attività che la legge ritiene non delegabili (analisi dei rischi, redazione del Dvr, designazione del Rspp.
Via http://news.denaro.it

lunedì 11 aprile 2011

Impresa Familiare: figura del datore di lavoro e del lavoratore

L’individuazione della figura del datore di lavoro e del lavoratore
Gli obblighi che incombono sul datore di lavoro nei confronti dei propri lavoratori non possono comunque venire meno anche nel caso di un rapporto fra padre e figlio in una impresa familiare. A cura di G. Porreca.


Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 38118 del 27 ottobre 2010 (u. p. 13 ottobre 2010) Pres. Marzano – Est. Massafra– P.M. Galati - Ric. B. L. 
L’evento infortunistico e le imputazioni.

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza pronunziata dal GUP, ha ridotta a quattro mesi la pena di reclusione inflitta dal Tribunale al titolare di una impresa artigiana riconosciuto colpevole deldelitto di omicidio colposo, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno del proprio figlio.
Questi, dopo aver trasportato unitamente al padre un silos per lo stoccaggio di mangimi per animali presso un caseificio per sistemarlo al posto di quello già esistente e dopo aver rimosso con il padre e portato all’esterno dello stabilimento il silos vecchio, ha preso una scala d'alluminio e, dopo averla appoggiata al fianco del silos nuovo che si trovava in posizione orizzontale sul pianale di un autocarro, ha cominciato a salire sulla sua sommità per collegare, ad un apposito anello posto sullo stesso, il gancio di una gru manovrata dal padre allorquando ha perso l'equilibrio e cadendo ha sbattuto la testa al suolo riportando ferite tali da determinarne il decesso.
Al titolare dell’impresa è stato contestato di aver cagionato per colpa consistita in generica imprudenza e più specificatamente nella violazione dell’articolo 18 comma 3 del D.P.R. n. 547 del 1955 per non aver fornito al proprio figlio, assunto quale collaboratore familiare presso la sua ditta, una scala dotata di tutti i dispositivi di sicurezza idonei a impedire lo scivolamento (piedi antisdrucciolo) nonché dell’articolo 19 dello stesso D.P.R. n. 547 del 1955 per non avere assicurato o comunque disposto che la stessa scala fosse trattenuta al piede da altra persona presente sul luogo ed ancora dell’articolo 20 comma 1 lettera d) dello stesso D.P.R. per aver mancato di disporre che la scala venisse vigilata da terra da altra persona.


Il caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione in questa sentenza, riguardante un rapporto di lavoro fra padre e figlio, richiama alla memoria un altro caso analogo del quale si è occupato la stessa Corte e riscontrato nella sentenza n. 17581 del 7/5/2010 Sez. IV. Sentenza emessa con riferimento all’infortunio avvenuto presso una impastatrice all’interno di un laboratorio di panetteria ed occorso al figlio del titolare dell’impresa il quale, nel mentre tentava di rimuovere un residuo di lavorazione, ha subito lo schiacciamento di una mano infilata in una parte rotante sprotetta del macchinario. In tale occasione il titolare aveva sostenuto che il proprio figliolo si trovava occasionalmente presso il laboratorio e che non stava prestando attività lavorativa benché fosse alle prese con la macchina impastatrice.

In quella circostanza la suprema Corte ebbe modo di precisare che “la disciplina legale e particolarmente il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 tutela la sicurezza di tutte le forme di lavoro anche quando non sussista un formale rapporto di lavoro; e quindi anche con riguardo a chi collabora saltuariamente in un'impresa familiare” e che “il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 2 nel testo novellato dal Decreto Legislativo n. 242 del 1996, innovando rispetto alla formulazione originaria della norma, pone l'accento, ai fini dell'individuazione della figura del datore di lavoro, non tanto sulla titolarità del rapporto di lavoro, quanto sulla responsabilità dell'impresa, sull'esistenza di poteri decisionali.  Si fa leva, quindi, precipuamente sulla situazione di fatto: alla titolarità dei poteri di organizzazione e gestione corrisponde simmetricamente il dovere di predisporre le necessarie misure di sicurezza”. “Tale ordine concettuale”, ebbe modo di concludere in quella occasione la suprema Corte, “si rinviene implicitamente, nello stesso richiamato articolo 2, per ciò che riguarda la definizione della figura del lavoratore, caratterizzata, nel suo nucleo essenziale, dalla condizione di dipendenza, di subordinazione rispetto ad altri che assume su di sé la gestione della prestazione”.
Parzialmente tratto da www.puntosicuro.it


venerdì 8 aprile 2011

AGRICOLTURA: SORVEGLIANZA SANITARIA, PREVENZIONE DEI RISCHI, SALUTE E SICUREZZA NEL SETTORE CEREALICOLO

Negli ultimi decenni la crescente meccanicizzazione delle fasi lavorative quotidiane ha reso necessaria l’adozione di macchine e attrezzature (es.  trattore, mietitrebbiatrice, ect.) che rendono gli operatori che le utilizzano esposti direttamente o indirettamente a rischi durante lo svolgimento delle operazioni lavorative.

Rumore
Dalla “campagna di misurazioni effettuate con fonometro integratore durante l’esecuzione delle diverse tipologie di lavorazioni agricole (es. aratura, erpicatura, sarchiatura, semina grano, ecc.) svolte con trattori ed attrezzi trainati di tipo diverso, risulta che i livelli di rumore riscontrati appaiono elevati per quelle lavorazioni in cui è stata utilizzata una trattrice priva di cabina o con cabina mantenuta aperta, mentre risultano estremamente contenuti per lavorazioni che utilizzano trattrici di nuova generazione dotate di cabina insonorizzata e condizionata”.
Nel documento è presente una  tabella nella quale sono elencati alcuni modelli di trattori, in rapporto a varie fasi di lavoro, alle quali corrispondono esposizioni lavorative diverse.
Le attrezzature più rappresentative che generano i livelli più elevati di rumore “sono le trattrici prive di cabina per le quali il LAeq (i valori limite della normativa italiana sono espressi in termini di LAeq, ndr) frequentemente raggiunge valori compresi tra 85 e 95 dB(A), in funzione anche del tipo di operatrice utilizzata. Ancor più rumorose risultano le trattrici cingolate, per le quali il livello può facilmente superare i 100 dB(A). In tal caso, anche un utilizzo assai breve (es. 1 h) fa in modo che l’esposizione ricada nella classe di rischio più severa”.
Inoltre per quanto concerne l’influenza della macchina collegata al trattore, “si segnala che una attrezzatura dotata di utensili rotanti ad alta velocità (ad es. una zappatrice rotativa) che risulti assai prossima al posto di guida, può comportare, rispetto a una operatrice dotata di utensili fissi (ad. es. l’aratro), un notevole innalzamento del livello equivalente anche di 6 dB(A)”.
Infine “una categoria di macchine particolarmente rumorose è rappresentata dalle motozappatrici e dai motocoltivatori, siano essi equipaggiati di utensili per la lavorazione del terreno che per i lavori di falciatura. Queste macchine difficilmente espongono gli utilizzatori a livelli inferiori a 90 dB(A)”.
Il documento ricorda che la prevenzione del rischio rumore è regolamentata dal Decreto legislativo  81/2008 che fissa specifiche modalità di valutazione e nuovi limiti di esposizione per i lavoratori esposti.

Vi rimandiamo alla lettura delle linee guida in riferimento alle indicazioni per la valutazione dell’esposizione a rumore,  all’eliminazione o riduzione alla fonte del livello di rumore, ai suggerimenti relativi alla prevenzione primaria e ai dispositivi di protezione individuale.
Ricordiamo che riguardo alla prevenzione primaria “gli interventi di contenimento del rumore, intesi come bonifiche delle attrezzature già in essere, risultano quasi sempre inattuabili poiché si tratta di macchine che non si prestano a modifiche meccaniche, se non previste ed attuate dal costruttore stesso. Un intervento effettuato a posteriori, quale ad esempio l’interposizione di materiale fono isolante tra un motore e la sua cofanatura, può anzi pregiudicare seriamente il funzionamento dell’attrezzatura, venendo a costituire una fonte di pericolo per l’utilizzatore”. Un modo di controllare e mantenere ai minimi livelli il rumore prodotto dalle macchine agricole recenti è invece la cura in modo scrupoloso della manutenzione ordinaria e straordinaria delle macchine stesse.

Vibrazioni
Sono strumenti vibranti quegli “utensili meccanici, azionati da elettricità o da aria compressa, che hanno la prerogativa di sviluppare durante il loro impiego una serie di vibrazioni che si trasmettono al tratto mano-braccio degli utilizzatori. La conduzione di macchine agricole comporta inoltre la trasmissione a tutto il corpo, attraverso i sedili di guida, di vibrazioni a bassa frequenza. Questo tipo di vibrazioni è dovuto prevalentemente al funzionamento del motore, alla traslazione del mezzo e quindi al profilo irregolare del terreno, alle operazioni effettuate dall’attrezzo collegato alla macchina”.

Secondo alcuni studi su mezzi immatricolati tra il 1990 e il 2001, emerge  che diverse lavorazioni, anche se effettuate con lo stesso trattore, danno luogo a valori di vibrazioni notevolmente diversi mentre la stessa lavorazione agricola dà luogo a valori di vibrazione diverse in funzione della tipologia di attrezzo utilizzato.

Il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che il datore di lavoro valuti o misuri i livelli di vibrazioni meccaniche a cui i lavoratori sono esposti.
Dopo aver riportato le indicazioni normative relative ai valori di esposizione a vibrazioni e alla eventuale sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori d’azione, le linee guida offrono alcune indicazioni relative alla prevenzione da adottare:
- la scelta di macchinari e attrezzature a minor grado di vibrazione;
- la manutenzione;
- la limitazione della durata di esposizione e la programmazione di periodi di riposo;
- l’assegnazione di dispositivi di protezione individuale.

Macroclima – esposizione a radiazione solare ultravioletta (UVA, UVB e UVC)
Ricordiamo che nel settore cerealicolo il tipo di lavoro svolto, prevalentemente all’aperto, “espone gli operatori a condizioni climatiche ambientali di ventilazione, umidità e di temperatura ( macroclima) spesso sfavorevoli”.  Tuttavia la “continua modernizzazione delle macchine e attrezzature impiegate limita notevolmente il disagio macroclimatico in quanto le recenti cabine dei mezzi quali trattori, mietitrebbiatrici e altre macchine, sono dotate di impianti di condizionamento dell’aria che, se viene effettuata una corretta manutenzione periodica, sono in grado di annullare o per lo meno contenere al minimo il discomfort dell’operatore che conduce il mezzo”.

Rimandandovi alle linee guida riguardo ai criteri per la valutazione del rischio macroclimatico e alle strategie di protezione dal sole, segnaliamo che “un valido programma di prevenzione delle lesioni instaurate in seguito all’esposizione a radiazione solare, dovrebbe comprendere :
- “la riduzione ai livelli più bassi ragionevolmente raggiungibili dell’esposizione a radiazioni UV;
 - l’ uso di dispositivi di protezione individuale quali ad esempio adatti copricapo contro l’azione prolungata dei raggi solari;
- l’individuazione dei soggetti maggiormente sensibili in sede preventiva;
- la formazione ed informazione dei lavoratori;
- la sorveglianza sanitaria con accertamenti preventivi e periodici”.

UOMML Brescia,  PSAL ASL Brescia, ASL Vallecamonica–Sebino (articolo PUNTOSICURO)
www.aslbrescia.it/media/documenti/rischi_agricoltura/LG%20prevenzione%20rischi%20nel%20settore%20cerealicolo.pdf

giovedì 7 aprile 2011

Professioni: principali cause dei danni all’udito - Filmati

Una serie di FILMATI pensata per illustrare alcune delle principali cause dei danni all’udito e per enfatizzare la necessità di abbattere il rumore alla fonte, di adottare misure preventive e di indossare, se necessario, adeguati dispositivi individuali di protezione per l’udito. Questi video sono adatti per tutti i settori e per tutte le tipologie di mansione, soprattutto sono indicati per i neoassunti in formazione e in addestramento.






venerdì 1 aprile 2011

Dispositivi Anticaduta e Ancoraggi UNI EN 795: criteri di scelta





- “ TRANSITO IN COPERTURA CON ANCORAGGI UNI EN 795 classe A (T004)”:

“ancoraggi conformi alle norme UNI EN 795-classe A. Sono elementi strutturali isolati, posti su superfici o tetti o in corrispondenza di una parete, atti ad assicurare gli operatori durante l’ attività di manutenzione” e sono costituiti “normalmente da un anello/golfare fissato alla struttura portante tramite tassello chimico o bullone”.
Particolarmente adatti per brevi spostamenti tra l’accesso e il sistema anticaduta principale, “l’uso dei dispositivi di ancoraggio puntuali, quali unici punti di ancoraggio per il transito in copertura, è consentito solo e soltanto nei casi in cui, per motivi strutturali non risulti possibile installare una linea vita (DPGR Regione Toscana 23 novembre 2005, n.62/R, art.10 comma 2)”;



- “ TRANSITO IN COPERTURA CON ANCORAGGI UNI EN 795 classe B (T005)”:

 sono dispositivi provvisori portatili, costituiti essenzialmente da anelli di fettuccia da agganciare alle strutture portanti esistenti per la sola durata dell’intervento aventi lo scopo “di garantire il transito in copertura in tutti quei casi in cui non sia disponibile una linea di ancoraggio permanente”.
Si ricorda che il transito su tetti, effettuato con l’ausilio di questi tipi di ancoraggio “presuppone la presenza di elementi strutturali tali da soddisfare le caratteristiche di resistenza previste dal manuale di istruzioni fornita dal fabbricante.
“Possono essere di tipo puntuale o costituiti da una linea di ancoraggio flessibile orizzontale temporanea, da utilizzare in presenza di strutture verticali fisse (es., pilastri di altane ecc)”. Anche in questo caso si indica che “l’uso di questi dispositivi, quali unici elementi di ancoraggio per il transito in copertura, è consentito solo e soltanto nei casi in cui, per motivi strutturali non risulti possibile installare una linea vita o punti di trattenuta permanenti ( DPGR della Regione Toscana n° 62/R del 23.11.2005 art.10 comma 2)”.



- “ TRANSITO IN COPERTURA CON ANCORAGGI UNI EN 795 classe C (T006)”:

 questi dispositivi di ancoraggio “utilizzano linee di ancoraggio flessibili orizzontali realizzate con una corda di fibra sintetica o fune metallica, fissata a due o più elementi di ancoraggio installati in modo permanente ad una struttura”.
Questo dispositivo di ancoraggio permanente, caratterizzato da grande versatilità, ha la funzione di consentire lo spostamento in sicurezza dell’operatore lungo tutta la superficie di copertura e può essere installato, “attraverso supporti adeguati alle caratteristiche dei diversi sistemi portanti, su coperture piane, inclinate, su pareti verticali e soffitti”.
In particolare “se posizionato lontano dal punto di accesso, si deve prevedere l’installazione di ganci o linee guida supplementari per l’ancoraggio dell’operatore lungo il percorso di collegamento dal punto di accesso alla linea vita”.



- “ TRANSITO IN COPERTURA CON ANCORAGGI UNI EN 795 classe D (T007)”:

 questi dispositivi sono costituiti da rotaie o canaline rigide, dotate di un “punto di ancoraggio mobile che scorre liberamente lungo la stessa canalina o rotaia, fissate a due o più punti della struttura, in modo permanente”. Ricordiamo che la “linea di ancoraggio si definisce orizzontale quando devia dall’orizzonte per non più di 15°”.
Questo ancoraggio – che consente all’operatore grande libertà di movimento e trova “larga applicazione su tutti i tipi di copertura, anche a geometria complessa e particolarmente estese” – è “fortemente consigliato nel caso di manutenzione frequenti”.
A fronte di una corretta analisi dei rischi, “risulta altamente affidabile”. “In caso di caduta, la sollecitazione prodotta viene assorbita quasi esclusivamente dalla deformazione della linea, proteggendo così la struttura e salvaguardando la resistenza dei punti di ancoraggio”.



- “ TRANSITO IN COPERTURA CON DISPOSITIVI UNI 795 classe E (T008)”:

si tratta di un ancoraggio a “dispositivi provvisoriamente disposti o assemblati sulla copertura oggetto d’intervento di manutenzione”. È utilizzabile su superfici orizzontali piane (con pendenze non superiore a 5°) ed è da prevedere “ove non possono essere istallate linee di ancoraggio, o altri sistemi di ancoraggio da disporre in maniera fissa (Circolare Regionale - deliberazione n° 191 del 20 marzo 2006, punto 3.6)”.
Tale ancoraggio è inoltre “da prevedere solo per brevi spostamenti in sicurezza dell’operatore su tratti di copertura limitati e per interventi di piccola manutenzione o ispezione. Per lavori di maggiore entità dovranno prevedere l’allestimento, lungo il perimetro della copertura, di idonee opere provvisionali e adeguati DPC”.








Le schede della ASL 10 Azienda Sanitaria Firenze



tratto da il museo degli orrori: incredibile!




Gamma GILET Alta Visibilità