venerdì 10 ottobre 2014

Scarpe Antinfortunistiche Nere EN 345 SB senza puntale

"Un buon lavoro va fatto con i piedi" questo era lo slogan di una ditta produttrice di scarpe antinfortunistiche, ma contiene in se una verità su cui può convergere, per ragioni differenti, l'interesse dell'impresa e del lavoratore.






La normativa europea in vigore, recepita nell’ordinamento italiano, distingue il tipo di calzatura a seconda del livello di rischio, stabilendo i requisiti specifici per ciascuna categoria.


1. calzature di sicurezza EN ISO 20345:2004/A1:2007
(dall’inglese SAFETY = Sicurezza) Sono dotate di puntali concepiti per fornire una protezione contro gli urti ad un livello di energia di 200 joule e contro i rischi di schiacciamento con carico massimo di 15.000 N.


2. calzature di protezione EN ISO 20346:2004/A1:2007
(dall’inglese PROTECTION = protezione) Sono dotate di puntali concepiti per fornire una protezione contro gli urti ad un livello di energia di 100 joule e contro i rischi di schiacciamento con carico massimo di 10.000 N.


3. calzature da lavoro EN ISO 20347:2004/A1:2007
(dall’inglese OCCUPATIONAL = lavoro) Non sono provviste di puntale di protezione.






Ci sono ancora datori di lavoro che chiedono se sono obbligati a fornire le scarpe ai dipendenti.
Ci sono ancora dipendenti che chiedono se sono obbligati a portare le scarpe ricevute dai datori.


A queste domande già rispondeva in senso affermativo, il D.Lgs. 626/94 al Titolo "uso dei dispositivi di protezione individuale".


Premettiamo che i dispositivi di protezione dei piedi, devono proteggere tutte le parti del piede che possono essere esposte a sollecitazioni meccaniche, chimiche, elettriche, o comunque che possono pregiudicare la salute del piede, o ancora compromettere la stabilità della persona.


Aggiungiamo che l'art. 42 del D.Lgs.626/94, ne stabilisce i seguenti requisiti:

· Devono essere conformi alle norme di cui al D.Lgs. 475/92 e D.Lgs. 10/77;
· essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore.
· essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
· tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
· poter essere adattati al'utilizzatore secondo le sue necessità.


Da questo si evince che la scelta dei DPI (nel nostro caso, scarpe) non deve essere casuale: il datore di lavoro deve individuare "il meglio" in commercio in relazione allo specifico rischio da evitare o ridurre.


Si ricorda in proposito, che l'art. 2087 c.c. dispone l'obbligo di adottare tutte le misure che secondo l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica del lavoratore; i concetti così espressi sono anche ripresi dall'art. 4 c.5 lettera "b" del D.Lgs. 626/94 allorché viene evidenziata la necessità di aggiornamento della scelta delle misure di prevenzione (e quindi anche dei DPI) in relazione all'evoluzione delle conoscenze tecniche.

Nessuna norma di legge o contrattuale limita la qualità dei DPI facendo riferimento all'onerosità dell'acquisto o della sostituzione.


Infine osserviamo che i DPI, se marchiati CE e pienamente rispondenti alle caratteristiche dell'Allegato II del D.Lgs. 475/92, possono considerarsi genericamente rispondenti ai requisiti previsti dal D.Lgs. 626/94, salvo la verifica di adattamento soggettivo alle caratteristiche anatomiche di ciascun lavoratore. Tutti sanno ad esempio che per lo stesso numero di scarpa esistono versioni a pianta larga e modelli con forme diverse perché ciascun piede trovi la "sua scarpa". Quindi, tra i criteri di scelta delle scarpe antinfortunistiche, deve essere pienamente osservato quello inerente la calzabilità individuale, in modo che non vi siano problemi di tollerabilità della calzatura e che siano realizzate tutte le condizioni di protezione, confort climatico e sicurezza di appoggio del piede. Se vi è una condizione di sofferenza nel portare le scarpe, questa costituisce per sé un rischio aggiuntivo.


Per questo è interesse e dovere dei datori di lavoro dedicare la dovuta attenzione nell'individuare le calzature adatte a ciascun lavoratore. 


È invece interesse e dovere dei lavoratori, qualora manifestino un'intolleranza alle scarpe, segnalare tempestivamente il problema al datore di lavoro e ricorrere al medico competente, il quale è tenuto ad esprimere un parere sull'adeguatezza o meno della scarpa adottata in relazione all'utente che la indossa. Questi potrà anche disporre (in casi particolari) eventuali accertamenti specialistici per individuare scarpe di protezione più adeguate.




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