altri quattro operai perdono la vita
Due vittime in poche ore a Supino e Soriano nel Cimino. Si tratta di un operaio polacco di 28 anni e di un italiano di 58 anni. Un 56enne è stato invece colpito alla testa da un sasso a Montano Lucino, mentre ad Aurisina un operaio straniero di 59 anni è stato schiacciato da uno sperone di roccia di 4 tonnellate.
L’ Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (campagna di prevenzione 2012-2013 "Ambienti di lavoro sani e sicuri") ha sottolineato che nell’Unione Europea ogni tre minuti e mezzo muore una persona a seguito di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. Altri dati indicano che in Europa ogni anno si perdono "almeno 450 milioni di giorni lavorativi. Le stime variano, ma questi infortuni e problemi di salute costano all’economia dell’UE almeno 490 miliardi di euro l’anno".
Relazione di Alberto Spasciani (Presidente Spasciani Spa)
in evidenza:
il DPI "non è mai presentato come un dispositivo importante ed essenziale nella catena della sicurezza". Il mostrarlo come ultimo rimedio e "il non sottolinearne l’importanza fa sì che gli operatori non considerino con sufficiente attenzione il ruolo essenziale di questa ultima difesa".
Se la classica sequenza logica (la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale) è corretta, bisogna tuttavia che "il DPI sia veramente utilizzato non solo posseduto o a disposizione".
La relazione ricorda che le varie ricerche europee rivelano che "nella grande maggioranza dei casi gli infortuni e i problemi di salute collegati al lavoro possono essere evitati". E infatti in questi ultimi decenni si sono registrati rapidi progressi: ad esempio tra il 1999 e il 2007 l’Unione Europea ha "drasticamente migliorato la sicurezza sul lavoro: gli infortuni mortali, infatti, sono scesi da 5.275 a 3.782 nell’UE-15".
La relazione, a questo proposito, si sofferma sui principi fondamentali della prevenzione, che sono delineati più dettagliatamente nella direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, la cosiddetta “Direttiva Quadro”. E che sono, tra l’altro, alla base dei nostri più recenti decreti in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
L’articolo 6 della direttiva stabilisce che “spetta al datore di lavoro prendere misure per la protezione della sicurezza e della salute in linea con questi principi generali di prevenzione. La Direttiva sottolinea altresì l’importanza della partecipazione dei lavoratori nell’adozione di tali misure”.
Questi i principi di base della prevenzione dei rischi:
- evitare i rischi,
- valutare i rischi che non possono essere evitati,
- combatterli alla fonte,
- adeguare il lavoro all’uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature e dei metodi di produzione (nonché ridurre, per quanto possibile, il lavoro monotono),
- tener conto del grado di evoluzione della tecnica,
- sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o che è meno pericoloso,
- programmare la prevenzione, mirando ad un sistema che integri la tecnica, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro,
- dare la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale,
- impartire adeguate istruzioni ai lavoratori.
Fatta questa lunga premessa ci si sofferma su quella che considera una carenza che è alla base di un buon numero di incidenti: il DPI "non è mai presentato come un dispositivo importante ed essenziale nella catena della sicurezza". Il mostrarlo come ultimo rimedio e "il non sottolinearne l’importanza fa sì che gli operatori non considerino con sufficiente attenzione il ruolo essenziale di questa ultima difesa".
Se la classica sequenza logica (la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale) è corretta, bisogna tuttavia che "il DPI sia veramente utilizzato non solo posseduto o a disposizione". Ad esempio in auto la cintura di sicurezza deve essere allacciata pena una ammenda” e non solo “se la strada è scivolosa o quando già una sbandata è in atto”.
Non è quindi ammissibile “il ragionamento che alcune volte si sente: devo portare il DPI? Allora sono in pericolo e non si è fatto tutto il necessario per evitarlo”.
Se si fa poi riferimento ai luoghi confinati, il DPR 177 del 14 settembre 2011 all’art. 2, lettera e) prescrive il possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Perché i DPI, in certi casi, ad esempio nei luoghi confinati, “non si indossano obbligatoriamente ed a prescindere”?
Probabilmente “verrà introdotta una revisione quinquennale di tutte le certificazioni CE anche per i DPI di terza Categoria”, ma in realtà sarebbe necessario un controllo orientato “veramente ai contenuti e non solo ai formalismi. Il controllo della presenza del marchio o della sua esattezza formale, pur importante, non garantisce da certificazioni false. Il vero punto è la qualità del prodotto e la protezione che questo può offrire”.
L’intervento si conclude ricordando che i dispositivi di emergenza "devono trovarsi anche nelle comunità come Alberghi, Pensionati, Caserme, Ospedali dovunque una improvvisa situazione di pericolo come in caso di incendi, terremoti, inondazioni, fughe di gas… possa comportare una evacuazione immediata di una gran quantità di persone".
E non sono importanti solo i DPI, che servono a garantire un ambiente sicuro, ma “anche i suoi ‘corollari’: la segnaletica, le docce di emergenza, le cassette di medicazione aggiornate, e perché no, i defibrillatori”.
Senza dimenticare che la “promozione della sicurezza e della salute non solo migliora la protezione dei lavoratori, ma contribuisce anche all’efficienza aziendale e della società civile con, tra l’altro, un notevole risparmio di denaro per la collettività”.
Alberto Spasciani - Presidente Spasciani Spa, intervento all’incontro pubblico “Sicurezza sul lavoro, ripartiamo da qui”
L’ Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (campagna di prevenzione 2012-2013 "Ambienti di lavoro sani e sicuri") ha sottolineato che nell’Unione Europea ogni tre minuti e mezzo muore una persona a seguito di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. Altri dati indicano che in Europa ogni anno si perdono "almeno 450 milioni di giorni lavorativi. Le stime variano, ma questi infortuni e problemi di salute costano all’economia dell’UE almeno 490 miliardi di euro l’anno".
Relazione di Alberto Spasciani (Presidente Spasciani Spa)
in evidenza:
il DPI "non è mai presentato come un dispositivo importante ed essenziale nella catena della sicurezza". Il mostrarlo come ultimo rimedio e "il non sottolinearne l’importanza fa sì che gli operatori non considerino con sufficiente attenzione il ruolo essenziale di questa ultima difesa".
Se la classica sequenza logica (la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale) è corretta, bisogna tuttavia che "il DPI sia veramente utilizzato non solo posseduto o a disposizione".
La relazione ricorda che le varie ricerche europee rivelano che "nella grande maggioranza dei casi gli infortuni e i problemi di salute collegati al lavoro possono essere evitati". E infatti in questi ultimi decenni si sono registrati rapidi progressi: ad esempio tra il 1999 e il 2007 l’Unione Europea ha "drasticamente migliorato la sicurezza sul lavoro: gli infortuni mortali, infatti, sono scesi da 5.275 a 3.782 nell’UE-15".
La relazione, a questo proposito, si sofferma sui principi fondamentali della prevenzione, che sono delineati più dettagliatamente nella direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, la cosiddetta “Direttiva Quadro”. E che sono, tra l’altro, alla base dei nostri più recenti decreti in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
L’articolo 6 della direttiva stabilisce che “spetta al datore di lavoro prendere misure per la protezione della sicurezza e della salute in linea con questi principi generali di prevenzione. La Direttiva sottolinea altresì l’importanza della partecipazione dei lavoratori nell’adozione di tali misure”.
Questi i principi di base della prevenzione dei rischi:
- evitare i rischi,
- valutare i rischi che non possono essere evitati,
- combatterli alla fonte,
- adeguare il lavoro all’uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature e dei metodi di produzione (nonché ridurre, per quanto possibile, il lavoro monotono),
- tener conto del grado di evoluzione della tecnica,
- sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o che è meno pericoloso,
- programmare la prevenzione, mirando ad un sistema che integri la tecnica, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro,
- dare la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale,
- impartire adeguate istruzioni ai lavoratori.
Fatta questa lunga premessa ci si sofferma su quella che considera una carenza che è alla base di un buon numero di incidenti: il DPI "non è mai presentato come un dispositivo importante ed essenziale nella catena della sicurezza". Il mostrarlo come ultimo rimedio e "il non sottolinearne l’importanza fa sì che gli operatori non considerino con sufficiente attenzione il ruolo essenziale di questa ultima difesa".
Se la classica sequenza logica (la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale) è corretta, bisogna tuttavia che "il DPI sia veramente utilizzato non solo posseduto o a disposizione". Ad esempio in auto la cintura di sicurezza deve essere allacciata pena una ammenda” e non solo “se la strada è scivolosa o quando già una sbandata è in atto”.
Non è quindi ammissibile “il ragionamento che alcune volte si sente: devo portare il DPI? Allora sono in pericolo e non si è fatto tutto il necessario per evitarlo”.
Se si fa poi riferimento ai luoghi confinati, il DPR 177 del 14 settembre 2011 all’art. 2, lettera e) prescrive il possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Perché i DPI, in certi casi, ad esempio nei luoghi confinati, “non si indossano obbligatoriamente ed a prescindere”?
Probabilmente “verrà introdotta una revisione quinquennale di tutte le certificazioni CE anche per i DPI di terza Categoria”, ma in realtà sarebbe necessario un controllo orientato “veramente ai contenuti e non solo ai formalismi. Il controllo della presenza del marchio o della sua esattezza formale, pur importante, non garantisce da certificazioni false. Il vero punto è la qualità del prodotto e la protezione che questo può offrire”.
L’intervento si conclude ricordando che i dispositivi di emergenza "devono trovarsi anche nelle comunità come Alberghi, Pensionati, Caserme, Ospedali dovunque una improvvisa situazione di pericolo come in caso di incendi, terremoti, inondazioni, fughe di gas… possa comportare una evacuazione immediata di una gran quantità di persone".
E non sono importanti solo i DPI, che servono a garantire un ambiente sicuro, ma “anche i suoi ‘corollari’: la segnaletica, le docce di emergenza, le cassette di medicazione aggiornate, e perché no, i defibrillatori”.
Senza dimenticare che la “promozione della sicurezza e della salute non solo migliora la protezione dei lavoratori, ma contribuisce anche all’efficienza aziendale e della società civile con, tra l’altro, un notevole risparmio di denaro per la collettività”.
Alberto Spasciani - Presidente Spasciani Spa, intervento all’incontro pubblico “Sicurezza sul lavoro, ripartiamo da qui”