mercoledì 22 ottobre 2014

I DPI devono essere utilizzati non solo posseduti



  



Anche ieri 4 Morti sul lavoro
altri quattro operai perdono la vita

Due vittime in poche ore a Supino e Soriano nel Cimino. Si tratta di un operaio polacco di 28 anni e di un italiano di 58 anni. Un 56enne è stato invece colpito alla testa da un sasso a Montano Lucino, mentre ad Aurisina un operaio straniero di 59 anni è stato schiacciato da uno sperone di roccia di 4 tonnellate.
L’ Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (campagna di prevenzione 2012-2013 "Ambienti di lavoro sani e sicuri") ha sottolineato che nell’Unione Europea ogni tre minuti e mezzo muore una persona a seguito di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale. Altri dati indicano che in Europa ogni anno si perdono "almeno 450 milioni di giorni lavorativi. Le stime variano, ma questi infortuni e problemi di salute costano all’economia dell’UE almeno 490 miliardi di euro l’anno".

Relazione di Alberto Spasciani (Presidente Spasciani Spa)

in evidenza:

 il DPI  "non è mai presentato come un dispositivo importante ed essenziale nella catena della sicurezza". Il mostrarlo come ultimo rimedio e "il non sottolinearne l’importanza fa sì che gli operatori non considerino con sufficiente attenzione il ruolo essenziale di questa ultima difesa".
Se la classica sequenza logica (la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale) è corretta, bisogna tuttavia che "il DPI sia veramente utilizzato non solo posseduto o a disposizione".

La relazione ricorda che le varie ricerche europee rivelano che "nella grande maggioranza dei casi gli infortuni e i problemi di salute collegati al lavoro possono essere evitati". E infatti in questi ultimi decenni si sono registrati rapidi progressi: ad esempio tra il 1999 e il 2007 l’Unione Europea ha "drasticamente migliorato la sicurezza sul lavoro: gli infortuni mortali, infatti, sono scesi da 5.275 a 3.782 nell’UE-15".

La relazione, a questo proposito, si sofferma sui principi fondamentali della prevenzione, che sono delineati più dettagliatamente nella direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, la cosiddetta “Direttiva Quadro”. E che sono, tra l’altro, alla base dei nostri più recenti decreti in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
L’articolo 6 della direttiva stabilisce che “spetta al datore di lavoro prendere misure per la protezione della sicurezza e della salute in linea con questi principi generali di prevenzione. La Direttiva sottolinea altresì l’importanza della partecipazione dei lavoratori nell’adozione di tali misure”.

Questi i principi di base della prevenzione dei rischi:
- evitare i rischi,
- valutare i rischi che non possono essere evitati,
- combatterli alla fonte,
- adeguare il lavoro all’uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature e dei metodi di produzione (nonché ridurre, per quanto possibile, il lavoro monotono),
- tener conto del grado di evoluzione della tecnica,
- sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o che è meno pericoloso,
- programmare la prevenzione, mirando ad un sistema che integri la tecnica, l’organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro,
- dare la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale,
- impartire adeguate istruzioni ai lavoratori.

Fatta questa lunga premessa ci si sofferma su quella che considera una carenza che è alla base di un buon numero di incidenti: il DPI  "non è mai presentato come un dispositivo importante ed essenziale nella catena della sicurezza". Il mostrarlo come ultimo rimedio e "il non sottolinearne l’importanza fa sì che gli operatori non considerino con sufficiente attenzione il ruolo essenziale di questa ultima difesa".
Se la classica sequenza logica (la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale) è corretta, bisogna tuttavia che "il DPI sia veramente utilizzato non solo posseduto o a disposizione". Ad esempio in auto la cintura di sicurezza deve essere allacciata pena una ammenda” e non solo “se la strada è scivolosa o quando già una sbandata è in atto”.

Non è quindi ammissibile “il ragionamento che alcune volte si sente: devo portare il DPI? Allora sono in pericolo e non si è fatto tutto il necessario per evitarlo”.

Se si fa poi riferimento ai luoghi confinati, il DPR 177 del 14 settembre 2011 all’art. 2, lettera e) prescrive il possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Perché i DPI, in certi casi, ad esempio nei luoghi confinati, “non si indossano obbligatoriamente ed a prescindere”?

Probabilmente “verrà introdotta una revisione quinquennale di tutte le certificazioni CE anche per i DPI di terza Categoria”, ma in realtà sarebbe necessario un controllo orientato “veramente ai contenuti e non solo ai formalismi. Il controllo della presenza del marchio o della sua esattezza formale, pur importante, non garantisce da certificazioni false. Il vero punto è la qualità del prodotto e la protezione che questo può offrire”.

L’intervento si conclude ricordando che i dispositivi di emergenza  "devono trovarsi anche nelle comunità come Alberghi, Pensionati, Caserme, Ospedali dovunque una improvvisa situazione di pericolo come in caso di incendi, terremoti, inondazioni, fughe di gas… possa comportare una evacuazione immediata di una gran quantità di persone".

E non sono importanti solo i DPI, che servono a garantire un ambiente sicuro, ma “anche i suoi ‘corollari’: la segnaletica, le docce di emergenza, le cassette di medicazione aggiornate, e perché no, i defibrillatori”.

Senza dimenticare che la “promozione della sicurezza e della salute non solo migliora la protezione dei lavoratori, ma contribuisce anche all’efficienza aziendale e della società civile con, tra l’altro, un notevole risparmio di denaro per la collettività”.


Alberto Spasciani - Presidente Spasciani Spa, intervento all’incontro pubblico “Sicurezza sul lavoro, ripartiamo da qui”








mercoledì 15 ottobre 2014

EBOLA come evitare il contagio







Esiste una gamma completa di soluzioni per minimizzare il rischio di contagio in caso di contatto con individui veicolanti microorganismi batterici e virali, incluso il recente agente patogeno della febbre emorragica (virus Ebola).

Le linee guida per la prevenzione dalla malattia sono disponibili sul sito dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (WHO)


Di seguito alcune fondamentali indicazioni:



PROTEZIONE VIE RESPIRATORIE E OCCHI

A seconda del tipo di esposizione, e del conseguente rischio di contagio, proponiamo varie soluzioni protettive:

· Rischio elevato: maschera pieno facciale (Fattore di Protezione Nominale 2000 x TLV), con filtri P3. La massima protezione combinata per vie respiratorie e occhi. Es. maschera pieno facciale con filtri P3

· Rischio intermedio (es. esposizione al rischio più indiretta): facciale filtrante FFP2 o FFP3, a conchiglia o pieghevole, abbinato ad occhiali a mascherina antiappannanti, o visiera integrale. 



PROTEZIONE CORPO

Tute monouso con certificazione per rischio biologico 
norme EN 14065; EN 13034; EN ISO 13982-1; EN 1149-1; norme EN14126; EN 1073-2; 




PROTEZIONE MANI

Guanti in nitrile con certificazione EN 374-2, DPI di 3° categoria 
con certificazione per rischio biologico e per protezione da microorganismi.


Il nostro ufficio tecnico è a vostra disposizione per fornire ulteriori dettagli e, nel frattempo, alleghiamo a titolo esemplificativo la descrizione dei DPI necessari:


Tuta intera con cappuccio antistatica versione certificata tipo 4/5/6
categoria 3 tipo 4 - 5 - 6 protezione NBC
protezione Chimica a norme CE EN 368
protezione Nucleare a norme CE EN 1073-2
protezione Biologica a norme CE EN 14126
Proprietà Antistatiche norme EN 1149
Riepilogo norme 
EN 1073-2; EN14126; EN 1149-1; EN 14065; EN 13034; EN ISO 13982-1;    

Camice da laboratorio o da ispezione versione certificato Tipo 4/5/6
categoria 3 tipo 4 - 5 - 6 protezione NBC
Protezione Chimica norme EN 14605 tipo 4-b
Protezione Biologica secondo la norma EN14126
Protezione Nucleare secondo la norma EN 1073-2
Proprietà Antistatiche norme EN 1149
Certificatazione Tipo 5,6, EN 13034, EN ISO 13982.

Occhiali a maschera lente Policarbonato versione 
norme EN166 3 4 5 9 BT 2C-1.2
trattamento anti appannamento e antigraffio

Visiera policarbonato incolore per semicalotta versione 
norme E166 2C-1.2 1 AT 8 9
Semicalotta per VISIERE bardatura + cremagliera

Sovrascarpe suola antiscivolo colore bianco

Calzari suola antiscivolo colore bianco 
tessuto conforme a EN14126-protezione biologica 

tessuto conforme a EN1149-1 protezione antistatica

Maschera antigas con schermo
Filtro A1-B1-E1-K1-P3 RD polivalente combinato o 
P3 RD

Respiratore FF P2 NR D con o senza Valvola
Respiratore FF P3 NR D con o senza Valvola



Centro americano per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC)


Per lungo tempo il rischio biologico in ambito lavorativo è stato considerato soprattutto come rischio infettivo per quei gruppi di lavoratori esposti a microorganismi in ambito sanitario e per quelli a rischio di contrarre
zoonosi (veterinari, agricoltori ect.). Oggi ci troviamo di fronte ad altri pericoli.


In questa foto l'operatore ha in dotazione DPI inutili per affrontare il rischio di contagio:

1° errore - guanti in lattice
2° errore - occhiali per visitatori inutili sia per protezione chimica che meccanica
3° errore mascherina in classe FFP1
4° errore: tuta con cappuccio in tnt  sì e no antipolvere, un tessuto che assolutamente non protegge dal rischio biologico (si vede dalla trasparenza e dallo spessore).

Consola sapere che però stavano facendo un corso.


Come agisce il virus

L’infezione virale scatena una reazione immunitaria eccessiva, che finisce per costituire essa stessa la causa della malattia. Una volta nell’ospite, il virus infetta macrofagi, cellule spesso considerate gli 'spazzini' del corpo umano, e monociti, un tipo di globuli bianchi, e stimola il rilascio dicitochine proinfiammatorie, come l’interleuchina 6, che contribuiscono alla proliferazione di alcune cellule coinvolte nei processi infiammatori e immunitari dell'organismo. 


Queste molecole promuovono vari fenomeni correlati alle manifestazioni emorragiche, come l’aumento di permeabilità del rivestimento dei vasi sanguigni. Contemporaneamente, le proteine virali VP35 e VP24 inibiscono l’azione del 'sistema Interferon' (IFN), un insieme di proteine secrete dalle cellule infette da virus che induce nelle cellule adiacenti una resistenza all’infezione virale.

Tra gli obblighi segnalati all’articolo 18 del D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro deve adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni...

La strategia per la pianificazione e l’adozione di misure per il controllo delle situazioni di rischio nelle emergenze ha subito in questi anni una vera e propria evoluzione: ora "l'andamento e l'evoluzione di una situazione di emergenza sono fatti dipendere dal livello organizzativo interno dell'azienda (risorse umane predisposte e disponibili, sistemi impiantistici idonei, etc.) e dalla capacità di contenere i danni (formazione professionale dei lavoratori)".

Insomma si richiede al sistema aziendale che "l'organizzazione interna per affrontare l'eventuale stato di emergenza sia uno strumento operativo facente parte a tutti gli effetti dell'insieme dei provvedimenti di sicurezza da attuare".






venerdì 10 ottobre 2014

INFORTUNI sul Lavoro: individuare i soggetti

Art. 31, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 laddove prevede che ‘il servizio di prevenzione e protezione sia dotato di mezzi adeguati per perseguire le finalità di cui al successivo art. 33’. In particolare si chiede di sapere se ‘nella definizione di mezzi adeguati è da intendersi un budget di spesa congruo al raggiungimento delle finalità previste”.

Tabella di individuazione dei PERICOLI negli EDIFICI

Tabella di individuazione dei PERICOLI negli luoghi di lavoro



La Corte d’Appello, in applicazione del principio di effettività (art. 299, D.Lgs. n. 81/2008), ha individuato il datore di lavoro nel "soggetto che concretamente impartiva disposizioni ai lavoratori ed organizzava l’attività aziendale, [il che] consentiva di indicarlo quale titolare della posizione di garanzia all’interno dell’azienda e dunque di responsabile dell’incolumità dei lavoratori".

"In tema di infortuni sul lavoro, l’individuazione dei soggetti destinatari della relativa normativa [datore di lavoro, dirigente, preposto] deve essere operata sulla base dell’effettività e concretezza delle mansioni e dei ruoli svolti" [Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 6025 del 20 aprile 1989] e “deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale)” [Cass. Pen., Sez. Un., sent. n. 9874 del 14 ottobre 1992], come a dire che la mansione concretamente esercitata prevale sulla qualifica formale e apparente.

Principio di effettività


l’articolo 299 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 (Esercizio di fatto di poteri direttivi), inserito tra le disposizioni penali, ha esplicitato un principio da decenni affermato dalla giurisprudenza, prevedendo che le posizioni di garanzia relative a datore di lavoro, dirigente e preposto gravano in modo peculiare "su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti".

In altre parole è l’esercizio effettivo dell’impresa e la presenza di un adeguato potere direttivo, decisionale, gestionale e di spesa che consentono di individuare la figura del datore di lavoro.

La disposizione che individua come datore di lavoro non solo il titolare del rapporto di lavoro ma anche, in alternativa o anche in modo concorrente, il soggetto “titolare dei poteri decisionali e di spesa”, recepisce la lunghissima elaborazione giurisprudenziale in materia, sviluppatasi a partire dal D.P.R. n. 547/1955 (ora abrogato), e trova applicazione in tutte quelle realtà aziendali complesse nelle quali il titolare del rapporto di lavoro non è il soggetto che ha la responsabilità concreta della gestione effettiva dell’azienda, o unità produttiva (o unità di servizio per la pubblica amministrazione).

Può dunque ben essere che in una medesima azienda, sotto un’unica ragione sociale, vi siano, ai fini della prevenzione infortuni e malattie professionali, due datori di lavoro responsabili di fronte alla legge quali principali soggetti obbligati, principali debitori di sicurezza nei confronti dei lavoratori. 


Ciò sempre però che questi soggetti dispongano dell’adeguato potere direttivo, decisionale, gestionale e di spesa necessario per garantire lo svolgimento sicuro dell’attività lavorativa aziendale: queste condizioni devono risultare in modo netto e incontrovertibile da documenti aziendali aventi data certa, che attribuiscano esplicitamente i citati poteri e doveri.

Qualora questi poteri incontrino dei limiti, è chiaro che detto soggetto risponderà dell’adempimento dei propri doveri prevenzionistici esclusivamente nell’ambito così delimitato, oltre al quale risponderà il soggetto a lui gerarchicamente sovraordinato, nella linea gerarchica aziendale.




Scarpe Antinfortunistiche Nere EN 345 SB senza puntale

"Un buon lavoro va fatto con i piedi" questo era lo slogan di una ditta produttrice di scarpe antinfortunistiche, ma contiene in se una verità su cui può convergere, per ragioni differenti, l'interesse dell'impresa e del lavoratore.






La normativa europea in vigore, recepita nell’ordinamento italiano, distingue il tipo di calzatura a seconda del livello di rischio, stabilendo i requisiti specifici per ciascuna categoria.


1. calzature di sicurezza EN ISO 20345:2004/A1:2007
(dall’inglese SAFETY = Sicurezza) Sono dotate di puntali concepiti per fornire una protezione contro gli urti ad un livello di energia di 200 joule e contro i rischi di schiacciamento con carico massimo di 15.000 N.


2. calzature di protezione EN ISO 20346:2004/A1:2007
(dall’inglese PROTECTION = protezione) Sono dotate di puntali concepiti per fornire una protezione contro gli urti ad un livello di energia di 100 joule e contro i rischi di schiacciamento con carico massimo di 10.000 N.


3. calzature da lavoro EN ISO 20347:2004/A1:2007
(dall’inglese OCCUPATIONAL = lavoro) Non sono provviste di puntale di protezione.






Ci sono ancora datori di lavoro che chiedono se sono obbligati a fornire le scarpe ai dipendenti.
Ci sono ancora dipendenti che chiedono se sono obbligati a portare le scarpe ricevute dai datori.


A queste domande già rispondeva in senso affermativo, il D.Lgs. 626/94 al Titolo "uso dei dispositivi di protezione individuale".


Premettiamo che i dispositivi di protezione dei piedi, devono proteggere tutte le parti del piede che possono essere esposte a sollecitazioni meccaniche, chimiche, elettriche, o comunque che possono pregiudicare la salute del piede, o ancora compromettere la stabilità della persona.


Aggiungiamo che l'art. 42 del D.Lgs.626/94, ne stabilisce i seguenti requisiti:

· Devono essere conformi alle norme di cui al D.Lgs. 475/92 e D.Lgs. 10/77;
· essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore.
· essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
· tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
· poter essere adattati al'utilizzatore secondo le sue necessità.


Da questo si evince che la scelta dei DPI (nel nostro caso, scarpe) non deve essere casuale: il datore di lavoro deve individuare "il meglio" in commercio in relazione allo specifico rischio da evitare o ridurre.


Si ricorda in proposito, che l'art. 2087 c.c. dispone l'obbligo di adottare tutte le misure che secondo l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica del lavoratore; i concetti così espressi sono anche ripresi dall'art. 4 c.5 lettera "b" del D.Lgs. 626/94 allorché viene evidenziata la necessità di aggiornamento della scelta delle misure di prevenzione (e quindi anche dei DPI) in relazione all'evoluzione delle conoscenze tecniche.

Nessuna norma di legge o contrattuale limita la qualità dei DPI facendo riferimento all'onerosità dell'acquisto o della sostituzione.


Infine osserviamo che i DPI, se marchiati CE e pienamente rispondenti alle caratteristiche dell'Allegato II del D.Lgs. 475/92, possono considerarsi genericamente rispondenti ai requisiti previsti dal D.Lgs. 626/94, salvo la verifica di adattamento soggettivo alle caratteristiche anatomiche di ciascun lavoratore. Tutti sanno ad esempio che per lo stesso numero di scarpa esistono versioni a pianta larga e modelli con forme diverse perché ciascun piede trovi la "sua scarpa". Quindi, tra i criteri di scelta delle scarpe antinfortunistiche, deve essere pienamente osservato quello inerente la calzabilità individuale, in modo che non vi siano problemi di tollerabilità della calzatura e che siano realizzate tutte le condizioni di protezione, confort climatico e sicurezza di appoggio del piede. Se vi è una condizione di sofferenza nel portare le scarpe, questa costituisce per sé un rischio aggiuntivo.


Per questo è interesse e dovere dei datori di lavoro dedicare la dovuta attenzione nell'individuare le calzature adatte a ciascun lavoratore. 


È invece interesse e dovere dei lavoratori, qualora manifestino un'intolleranza alle scarpe, segnalare tempestivamente il problema al datore di lavoro e ricorrere al medico competente, il quale è tenuto ad esprimere un parere sull'adeguatezza o meno della scarpa adottata in relazione all'utente che la indossa. Questi potrà anche disporre (in casi particolari) eventuali accertamenti specialistici per individuare scarpe di protezione più adeguate.




mercoledì 8 ottobre 2014

Selezione di giacconi e gilet imbottiti


Il freddo aumenta l’incidenza di eventi infortunistici.

Il freddo, interferendo con altri fattori nel luogo di lavoro, modifica o aggrava alcuni rischi riconducibili alla sicurezza e prevenzione di patologie, ed inoltre può produrre effetti negativi circa la qualità delle prestazioni lavorative, inficiando il rendimento stesso dei lavoratori. 


Per molti esperti la soglia di attenzione deve essere posta già per temperature inferiori a 5°C.

Il rischio da esposizione al freddo può costituire pregiudizio per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Esiste una correlazione tra l’esposizione al freddo e l’insorgenza e/o l’aggravamento di alcune patologie, ad esempio le patologie come rinosinusite, ect.


Le patologie freddo correlate potrebbero in futuro essere riconosciute come malattie professionali. Infatti gli scopi principali della medicina del lavoro sono:

- riconoscere patologie che potrebbero essere poste in relazione causale con l’attività svolta;
- evidenziare patologie e/o condizioni precliniche che potrebbero essere aggravate dal lavoro;
- evidenziare patologie che potrebbero essere confuse con tecnopatie.

Il raffreddamento può costituire un pericolo per la salute e un maggior rischio di incidenti (ad es. diminuzione delle capacità motorie, limitata concentrazione, etc.).

Ecco una selezione di GIACCONI imbottiti impermeabili volti a proteggere l'operatore.



Giaccone antifreddo impermeabile TBL Academy
assortimento unico che prevede 15 colori
tessuto esterno antistrappo rib stop impermeabile
imbottitura interna poliestere 220 gr/mq
Interno in pile 100 gr/m² per maggior isolamento e morbido taffettà
Test temporale di 120L/H/m2 per 4 ore. Cuciture impermeabili

Protezione del corpo dal freddo, vento, pioggia (indumenti) » giacconi e giacche diversi modelli diversi colori




Giaccone antifreddo impermeabile TBL College
assortimento unico che prevede 6 colori
tessuto esterno antistrappo rib stop impermeabile
imbottitura interna poliestere 220 gr/mq
Interno in pile 100 gr/m² per maggior isolamento e morbido taffettà
Test temporale di 120L/H/m2 per 4 ore. Cuciture impermeabili

Protezione del corpo dal freddo, vento, pioggia (indumenti) » giacconi e giacche diversi modelli diversi colori



Art. GIL1
Gilet antifreddo impermeabile
Gilet imbottito in tessuto esterno 100% poliestere 220 gr/m²
Interno pile antipilling 270 gr/m²

6 colori: beige, blu, marrone, azzurro, rosso, verde
2 tasche con zip
1 taschino lato sx con zip
1 taschino interno
Cartoni da 10 pezzi per taglia e colore
Taglie adulto: S - M - L - XL - XXL






Art. GIL2
Gilet antifreddo impermeabile
Gilet in tessuto esterno 35% cotone e 65% poliestere
Imbottitura 100% poliestere 220 gr/m²
14 colori: giallo, azzurro royal, beige, grigio, bordeaux, marrone, blu, nero, arancio, verde, verde militare, rosso, verde bottiglia
Esterno 8 tasche
1 taschino interno
2 scomparti porta penna
1 taschino sul petto porta cellulare
Collo alto, chiusura con zip lunga
regolazione vita sui fianchi
dietro arrotondato e più lungo
giromanica con elastico Cartoni da 20 pezzi per taglia e colore
Taglie adulto: S - M - L - XL - XXL
Taglie extra: XS - 3XL - 4XL




Art. GIL3
Gilet antifreddo impermeabile
Gilet in tessuto tecnico softshell 350 gr/m²
9 colori: nero, grigio, bianco, blu navy, azzurro royal, rosso, arancio, giallo fluo, verde chiusura con zip + 2 tasche con zipCartoni da 20 pezzi per taglia e colore
Taglie adulto: S - M - L - XL - XXL
Taglie extra: 3XL nero, blu navy





martedì 7 ottobre 2014

Transenne Parapedonali colorate: Giallo, Azzurro, Verde












Transenne parapedonali indistruttibili realizzate in HDPE (dall'inglese high-density polyethylene) polietilene ad alta densità, polimero termoplastico.
Stabile anche su terreni irregolari o scoscesi, salite o discese, scalini, (vedi ultima figura). Indistruttibili e indeformabili anche se abbattute e sormontate da veicoli.

Possono creare un sistema di collegamento per delimitare il passaggio dei pedoni oppure per per alzare barriere intorno ai cantieri temporanei. 

Ogni transenna, resistente e robusta, viene fornita completa di piedini e banda rifrangente (su un solo lato) bianca e rossa mm. 1200 x 145.

Dimensioni: CM. 200 x 100 h totale, peso kg 10.
Art. 0635

Colori standard: arancio, giallo
Colori a richiesta: bianco, azzurro, verde - 40 pezzi o multipli

Questo tipo di transenne creano una barriera fissa o mobile utilizzata per regolare il traffico di persone o veicoli o sbarrare l'accesso del pubblico a determinate zone in occasione di eventi, manifestazioni ect.

Oltre che per il suo scopo primario, può essere usata quale elemento di arredo urbano e supporto per l'affissione di pubblicità.




Gamma GILET Alta Visibilità