Occorre tener conto del calo costante dell’occupazione, e dell’aumento abnorme della cassa integrazione, cioè della rilevante diminuzione delle ore lavorate, e quindi dell’effettiva esposizione ai rischi. Occorre poi tener conto del lavoro irregolare, del lavoro “in nero” di quote consistenti di lavoratori dipendenti, di pensionati, di immigrati con permesso di soggiorno, nonché del lavoro degli immigrati irregolari.
Non si può affermare che l’incidenza degli infortuni sul lavoro si sia ridotta, assai probabilmente si è invece accresciuta. Come si è accresciuta l’incidenza delle malattie professionali.
Perché la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non migliora, ma semmai peggiora. Per quanto riguarda le pratiche correnti si può anzitutto osservare che le imprese tendono a sfuggire agli obblighi di legge,
- delocalizzando attività gravose e maggiormente esposte a rischi,
- preferendo pagare le ammende piuttosto che rispettare i dettati normativi, fidando nella scarsissima probabilità di controlli ispettivi.
Le pratiche basate sulla proceduralizzazione sono peraltro congruenti con l’approccio espressamente indicato dalle norme vigenti. Si tratta di un indirizzo volto, nel migliore dei casi, alle conseguenze dei rischi, non a evitare che vengano in essere nella situazione di lavoro. Ciò appare con piena evidenza nelle “linee guida”, e ancor prima nel testo del d.lgs. 81/2008, che fa riferimento esclusivamente a rischi esistenti, e alla “gestione dei rischi”.
In realtà le norme vigenti non sono dirette alla prevenzione dei rischi, ma alla loro gestione. Le gravi conseguenze che ne derivano hanno particolare importanza per quanto riguarda i cosiddetti “rischi psicosociali”. Invece di ricercare l’origine dei rischi nelle scelte di progettazione e strutturazione della situazione di lavoro che li possono attivare, l’approccio alla “gestione” sposta l’attenzione sui rischi già presenti ove si tratti di agenti nocivi fisici o chimici, e direttamente sui lavoratori nel caso di rischi assurdamente denominati “psicosociali”. Il caso dello stress al lavoro è il più significativo e rilevante.
La prevenzione – nel suo senso compiuto – deve essere perseguita nel lavoro, nelle scelte di progettazione e configurazione delle situazioni di lavoro. Ciò è quanto suggerisce il senso comune, e quanto ha prescritto la direttiva del Consiglio europeo adottata il 12 giugno 1989 per promuovere la salute e la sicurezza nel lavoro. Essa, imprecisamente recepita dal D.lgs. 626/94, appare totalmente disattesa dal D.lgs. 81/2008. Il “testo unico” ora vigente non promuove, di fatto, la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. C’è da dubitare che rispetti il dettato costituzionale. E di fronte all’inadeguatezza delle norme, alle pratiche elusive delle imprese, alle pratiche raccomandate che allontanano da una reale prevenzione, ai morti e agli infortunati quotidiani, si assiste a un pervasivo immobilismo.
Fonte: La prevenzione (inesistente) nei luoghi di lavoro
Bruno Maggi www.inchiestaonline.it
Molto interessante anche la lettura di questo documento, concernente l'impatto della crisi sulle condizioni di lavoro in Europa (testo in inglese)
© European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions 2013
Ricordiamo che in ambito lavorativo tre sarebbero i fattori da misurare:
Esaurimento contro Energia,
Disaffezione lavorativa contro Coinvolgimento
Efficacia professionale contro Inefficacia.
•Resistenza individuale (in cui il polo negativo è rappresentato dall’esaurimento e quello positivo dall’energia),
•Reazione agli altri ed al lavoro (in cui il polo negativo è rappresentato dalla disaffezione e quello positivo dal coinvolgimento)
•Reazione individuale verso il proprio lavoro (in cui il polo negativo è rappresentato dal sentimento di inefficacia e quello positivo dal senso di efficacia e di realizzazione).
•Resistenza individuale (in cui il polo negativo è rappresentato dall’esaurimento e quello positivo dall’energia),
•Reazione agli altri ed al lavoro (in cui il polo negativo è rappresentato dalla disaffezione e quello positivo dal coinvolgimento)
•Reazione individuale verso il proprio lavoro (in cui il polo negativo è rappresentato dal sentimento di inefficacia e quello positivo dal senso di efficacia e di realizzazione).