giovedì 28 ottobre 2010

FALEGNAMERIE: Analisi degli Incidenti




Incidenti con la sega circolare

Il primo caso è relativo alla prima lavorazione del legno con sezionamento di tronchi per realizzare tavolame.
Un lavoratore sta operando con una sega circolare multilama e sta inserendo una tavola spessa circa 6 cm, lunga circa 107 cm e larga circa 35 cm che deve “essere sezionata in più listelli per la successiva costruzione di bancali in legno”. La tavola presenta “un’evidente curvatura verso l’alto” : sarebbe probabilmente andata ad urtare contro qualche elemento fisso della macchina e quindi non trascinata all’interno.
Il lavoratore quindi, “dopo avere probabilmente sollevato di qualche millimetro il basamento superiore dove sono installati i rulli pressori al fine di facilitare il passaggio della tavola, facendo uso di una tavola rinvenuta nelle vicinanze del luogo dell’incidente”, spinge la tavola con forza all’interno della macchina “appoggiandosi probabilmente con il ventre”.
All’improvviso la tavola viene “rifiutata” con violenza dalla macchina colpendo all’addome il lavoratore che cade al suolo e, successivamente in ospedale, muore.
Benché l’infortunato avesse grande esperienza (aveva lavorato in segheria per circa 39 anni) si rilevano alcuni errori procedurali.
Nella conduzione della macchina per la lavorazione del legno l’infortunato “ha operato in zona potenzialmente pericolosa per il pericolo di rigetto del pezzo ed in modo pericoloso spingendo una tavola che per la sua conformazione non veniva trascinata normalmente all'interno della macchina ed andava scartata”.
E riguardo alla macchina è da rilevare che “la zona di inserimento pezzi della multilama, nonostante la macchina sia dotata di 4 serie di nottolini antirigetto del pezzo ed antischegge, è comunque zona potenzialmente pericolosa”.

Il secondo caso è relativo ad attività di taglio di tavole mediante sega circolare per realizzo di casseforme (involucri utilizzati in edilizia generalmente associati alle opere in calcestruzzo armato).
Il lavoratore esegue il taglio di alcune tavole con una sega circolare.
Per “accelerare l’operazione di taglio” ne sovrappone tre o quattro e regola quindi la cuffia di protezione ad altezza di circa 10 cm.
Durante il taglio – “probabilmente per la presenza di un chiodo o di un nodo” - la mano destra perde la presa e viene a contatto con la lama della sega.
I fattori determinanti dell’incidente sono il taglio di tavole sovrapposte e l’uso della macchina per taglio con cuffia di protezione sollevata.

Il terzo caso è relativo ad attività di armatura di un muro di contenimento.
Un lavoratore, mentre sta completando il taglio di una tavola di legno, “per ricavare un listello di piccole dimensioni (20X30 mm per una lunghezza di 600)”, s’avvicina con la mano destra alla lama in movimento della sega circolare multilame, con indossato un guanto che s’impiglia sulla lama stessa con conseguente trascinamento della mano contro l’utensile e amputazione di due dita.
La sega circolare “era provvista di cuffia di protezione”.
In questo caso le cause dell’incidente sono il mancato uso dello spingitoio, l’avvicinamento della manoalla lama della sega circolare e l’uso di un DPI che si impiglia nella macchina.

Infine un ultimo caso relativo ad attività di falegnameria.
Il lavoratore utilizza una sega circolare per “realizzare dei cunei in legno ricavandoli da dei travetti in legno (i cunei da realizzare misuravano 7,5 x 7,5 x 15 cm)”.
Dopo aver realizzato 5/6 pezzi si infortuna “urtando con la mano destra contro la lama in rotazione”. La sega era priva di cuffia di protezione.

Incidenti con la pialla a filo e la troncatrice

Il primo caso è relativo ad attività di preparazione di campionature di pavimenti in legno.
Un lavoratore è incaricato di spianare dei campioni di piccole tavole con una vecchia pialla a filo priva di protezione.
In seguito al rifiuto di uno dei pezzi, la mano destra che fa avanzare la tavola, va a finire a contatto con l’utensile in rotazione.
Le indagini successive hanno portato alla luce che non c’era a disposizione l’idoneo attrezzospingipezzo e che, come già indicato, la pialla a filo era priva di protezioni fisse regolabili.
Inoltre “l’infortunato non era formato sull’utilizzo corretto della macchina che adoperava raramente”.

Il secondo caso è relativo ad attività di produzione di mobili e serramenti su misura.
In una ditta, composta da tre soci, con attività di falegnameria, uno dei soci deve piallare un “listello in rovere lungo 80 cm e dello spessore di circa 3,5 per 1,5 cm”, utilizzando una pialla a filo.
Per farlo il lavoratore lascia scoperta una parte dell’utensile per far passare il pezzo che tiene con le mani. Mentre esegue questa operazione, a causa del rifiuto del pezzo per un nodo, il pezzo gli sfugge dalle mani e lo porta ad urtare con le dita la lama dell’utensile. La conseguenza è l’amputazione delle falangi distali del 3°, 4° e 5° dito e la sub-amputazione della terza falange del 2° dito della mano destra.
Al di là della presenza di nodi nel listello di rovere, si evidenzia il comportamento errato: l’uso della pialla senza regolare adeguatamente la protezione. Comportamento errato dovuto ad una mancanza di adeguata formazione/informazione.

Il terzo caso è invece relativo all’uso di una troncatrice in attività di sezionatura tavolame eassemblaggio di pallets e contenitori per imballaggi mediante chiodatura/aggraffatura.
Un lavoratore sezionando una tavola con la troncatrice del tipo con lama a scomparsa, viene a contatto con l’utensile e si procura il taglio del quinto dito della mano destra.
Le indagini hanno riscontrato la presenza di una troncatrice per legno con protezioni inadeguate.

Infine il quarto caso è relativo all’attività di una falegnameria con produzione e posa in opera di serramenti.
Un lavoratore durante il prelievo di un listello in legno, precedentemente tagliato a misura con sega troncatrice, si ferisce alla mano a seguito della caduta della “testa” della troncatrice.
La “molla antagonista di ritorno al punto morto superiore (PMS) della testa della troncatrice era rotta da oltre 20 giorni”.

Incidenti con la fresatrice (toupie)

Il primo caso è relativo ad attività del laboratorio di falegnameria di un cantiere navale per manutenzione delle unità navali.
Un lavoratore, con l’aiuto di un collega, deve effettuare la “fresatura di pezzi particolari in polietilene a forma di listelli lunghi destinati a costituire delle strisce antiscivolamento sui natanti e pontoni. Il lavoro era stato commissionato da un operatore del reparto facente le funzioni del capo squadra, quel giorno a casa per malattia”.
La lavorazione viene svolta con una “fresatrice (toupie), in cui era stato montato un utensile specifico adatto alla lavorazione dei listelli di polietilene sulla cui superficie si dovevano ricavare delle scanalature longitudinali con la funzione di renderle antisdrucciolo”.
Viene regolata la posizione in altezza dell’utensile (fresa) e quella in orizzontale delle guide in modo da ottenere la posizione e la profondità di taglio delle scanalature nel modo voluto.
Tuttavia con quel tipo di utensile in lavorazione non è possibile posizionare la protezione di cui è dotata la macchina  per evitare il contatto con l’organo lavoratore (fresa) da parte degli operatori”, operatori che - in questo caso – comunque non ne conoscono il “corretto utilizzo”.
I due operatori lavorano nel seguente modo: il primo tiene pressato contro la guida, con entrambi le mani, il tratto di listello in lavorazione sulla fresa, mentre contemporaneamente il secondo tiene “in guida” il tratto di pezzo lavorato per evitare che vibri date le notevoli dimensioni longitudinali. Durante la lavorazione si verificava un effetto “rifiuto del pezzo” per cui la mano sinistra di uno dei due lavoratori, tenuta in pressione sul pezzo, entra in contatto con la lama della fresa.
“La possibilità che si potesse verificare il rifiuto del pezzo era abbastanza probabile trattandosi di un materiale particolarmente duro”. E l’incidente avviene per la presenza di una fresa verticale con protezioni inadeguate, per una procedura errata (spingere “con forza il pezzo in lavorazione contro la fresa non protetta”) e per una evidente carenza di formazione e addestramento.

Il secondo caso è relativo ad attività di costruzione di infissi, porte e finestre in legno, con l’uso di macchine utensili.
Un lavoratore, con 15 anni di esperienza lavorativa in qualità di falegname, effettua una lavorazione alla toupie, per ricavare una scanalatura su un listello in legno di pino.
La scanalatura non deve coprire l’intera lunghezza del listello, ma deve risultare più corta, del tipo chiamata in gergo “fresatura non passante”. Questa è una delle “lavorazioni più rischiose” che si possono effettuare alla toupie, poiché il fenomeno del “rifiuto del pezzo” può verificarsi con una “probabilità molto più elevata che non per altre lavorazioni”.
Per eseguire questa operazione è necessario utilizzare “macchine provviste di ripari adeguati, che consentano il lavoro lasciando scoperto l’utensile per il minimo indispensabile” e l’operatore deve avere un atteggiamento “improntato alla massima professionalità ed attenzione”.
La toupie in questione è “equipaggiata con tutti i sistemi di sicurezza previsti per fresature non passanti”  (provvista di cuffia per la protezione dell’utensile, di semiguide in alluminio con barrette per contornare l’utensile, di gruppo pressore munito di schermo) e l’operatore “ha avuto cura di scegliere un listello privo di nodi, di impostare sulla toupie un congruo numero di giri dell’albero portafresa e di porre attenzione durante la fase di fresatura vera e propria”. Tuttavia per effettuare il lavoro non utilizza il gruppo pressore munito di schermo, “a suo dire per controllare con più facilità l’esecuzione del lavoro”.
Si sente sicuro della sua scelta ed è certo, per come ha impostato il lavoro, che non si verifichi un rifiuto del pezzo.
Tuttavia l’evento si verifica e l’infortunato va con le dita della mano sinistra contro la fresa in rotazione.
Dunque un incidente non “riconducibile a carenze di tipo antinfortunistico imputabili alla macchina, ma ad un’operazione errata, dovuta ad una sottovalutazione del rischio dello stesso operatore”.

Concludiamo con due brevissimi casi.

In un attività di lavorazione del legno,  mentre un operatore lavora con una macchina toupie, si stacca dalla fresa una lama che proiettata all'esterno lo colpisce al collo “causando la recisione della carotide”.
La lavorazione avviene dopo la sostituzione delle lame della fresa e la rimozione delle protezioni.

In un attività di restauro mobili un lavoratore esegue la “scanalatura su un lato di una cornice in legno di ciliegio lunga circa due metri e larga 8 centimetri con una toupie priva di cuffia di protezione”.
Nello spingere il pezzo direttamente con le mani, questo viene agganciato e proiettato via e la mano sinistra viene in contatto con la lama che amputa le falangi del 2, 3 e 4 dito.
Dunque un caso di fresatura senza cuffia di protezione e senza l’utilizzo dello spingipezzo.

Casi di infortunio possibili relative al comparto del legno o, comunque, ad attività di taglio del legno. Azienda Ulss 21 Legnago, “ Mani sicure: prevenzione infortuni in falegnameria”, protocolli di lavoro sicuro alle cinque macchine base per la lavorazione del legno, redatti da Antonio Composta (Tecnico della Prevenzione presso il Servizio SPISAL dell’Azienda ULSS 21 di Legnago):



Perché in alcuni settori gli operatori pur provando spesso altri capi ritornano poi a scegliere e comprare una tipologia (piuttosto che altre se pur pluriaccessoriate)? Una risposta condivisa è che si accorgono che alcuni capi sono stati proprio progettati per una specifica funzione e quindi a livello operativo sono proprio comodi per quella funzione più di altri (che magari vantano più tasche, più accessori, più dettagli - che però non servono e anzi magari risultano "impiglianti").


Ecco allora il successo presso le aziende di FALEGNAMERIA di questa linea che sia per il colore che per il modello risulta "preferita" al punto tale da far tornare a sceglierla in più di un contesto.

GIUBBETTO
PANTALONI


Concludiamo consigliandovi di fare molta attenzione dunque alla scelta del vestiario da lavoro ed antinfortunistica, oltre alle funzionalità guardate anche l’aspetto estetico. Un operaio ben vestito, con abiti da lavoro esteticamente piacevoli, comodi e confortevoli, rispecchia in qualche modo l’intero gruppo aziendale agli occhi dei clienti ed è parte integrante dell'immagine aziendale.






lunedì 25 ottobre 2010

Guanti per Usi Speciali

Di GUANTI per usi speciali o applicazioni particolari ormai ce ne sono veramente tanti, sia a livello di produzione che a livello di applicazione; qualsiasi argomento perciò non sarebbe abbastanza completo e esaustivo delle infinite gamme di produzione a disposizione.
Ne segnalo giusto alcuni, più per far capire che le richieste generiche e approssimative nel ns. settore sono ormai in via di estinzione (si spera):


Guanti in NEOPRENE spessore 0,48 mm e lunghi 75 cm.
Concepiti per utilizzo in condizioni di ambiente umido o bagnato. Protezione chimica superiore grazie all’utilizzo del policloroprene (Neoprene) in funzione multilayer. Forniti in taglia unica uomo (9/10).
Sterilizzabile in autoclave a 134 °C. Polimero studiato appositamente per la realizzazione di guanti, dove la manipolazione di componenti fragili è delicati richiede una tattilità accentuata. (Da utilizzare con DRY BOX).
Resistenza chimica alla maggior parte dei composti chimici, livelli di resistenza alla permeazione elevati e ottima resistenza all’abrasione sono requisiti basilari di questo guanto. (Fornibili anche nello spessore nominale 0,75 mm ma non disponibili).





Lunghezza cm. 64
Materiale PVC + prolunga
Lunghezza extra: ideale per lavori in profondità, mantenendo l’utilizzatore pulito e protetto in ambienti sporchi; offre buona protezione meccanica e chimica in presenza di olii. Norme EN 388 Livelli 4121
Lunghezze varie cm. 28 - cm. 35 - cm. 45 - cm. 60 - cm. 70
Materiale PVC intero
Lunghezza extra: ideale per lavori in profondità, mantenendo l’utilizzatore pulito e protetto in ambienti sporchi; offre buona protezione meccanica e chimica in presenza di olii. Norme EN 388 Livelli 4121


                             

Guanti anticalore per vigili del fuoco in pelle idrorepellente di vitello. Spessore mm 0,9 manichetta da cm 17 in pelle crosta spessore mm 12, banda rifrangente 3M. Interno coibentato in PARALINEX (3 strati Nomex-feltro, Kevlar-viscosa) Norma EN 388 - EN 407 - EN659 IIIª categoria 0624



GUANTI protettivi per il CALORE RADIANTE Guanto con palmo in pelle crosta di bovino, tessuto in Kevlar® alluminizzato sul dorso con fodera in feltro di cotone. Manichetta in Kevlar® alluminizzato con fodera in feltro di cotone sul dorso. Indicati per operazioni di saldatura MIG, ARCO.





Guanti per la protezione contro il calore in fodera realizzata in materiale speciale non tessuto. Concepito per la manipolazione discontinua di oggetti molto caldi a 250°C. Buona resistenza all'usura, agli strappi e ai tagli. Non contiene (ovviamente) amianto, lavabili in lavatrice. Adatti come guanti anticalore nei lavori di: fucinatura, estrusione prodotti in gomma o plastica, manipolazione pezzi di fusione caldi, rimozione dai forni di prodotti alimentari, produzione pneumatici, rimozione di prodotti sterilizzati in autoclave. Rientrano nella categoria: Guanti per usi speciali - IIIª categoria 0493


Guanti antifreddo termici (tecnologia a filo continuo), leggeri ed elasticizzati, adatti a tutte le condizioni di lavoro in ambiente freddo. Utilizzabili anche come sottoguanti. Aderiscono perfettamente alla mano e si asciugano più rapidamente del cotone. Ambidestri. Adatti per: lavori all’aperto, costruzioni edilizie, manutenzione e per proteggere dal freddo in qualsiasi circostanza. Guanti antifreddo - IIª categoria 0493



Guanti progettati per mantenere le mani calde in ambiente freddo. Sintetico in filo continuo, fodera termica acrilica altamente isolante, rivestimento di lattice garantisce comfort durante il lavoro fino a - 30°C. Presa sicura in tutte le condizioni sia su oggetti asciutti che bagnati. Per operazioni di manipolazione e trasporto in condizioni di basse temperature. Guanti antifreddo - IIª categoria



Guanti Canadesi robusti e duraturi impregnati di nitrile, ottima resistenza all’abrasione e al taglio. Non induriscono né si screpolano in condizioni di freddo intenso. Respingono olio, grasso e sporco. Morbida fodera in cotone jersey. Ottima presa asciutta per maneggio di oggetti e materiali. Adatti per: guida di autocarri, carrelli elevatori e gru, lavori all’aperto, in cantieri edili, in locali non riscaldati. Guanti antifreddo - IIª categoria



Guanti isolanti ANTIGELO rivestiti in PVC idrorepellente, non induriscono come la pelle conservando la loro flessibilità anche a temperature molto basse. Isolante in poliuretano espanso. Fodera rigirabile idrofila/idrofobica. Resistenti ai sali, ai prodotti chimici e alle sostanze caustiche. Adatti per: lavori all’esterno, in celle frigorifere, trasporti durante la stagione invernale e manutenzione strade. Guanti antifreddo - IIª categoria 0493



Guanti monouso in NEOPRENE, senza polvere (per ridurre il rischio di dermatiti e allergie). L’assenza totale di proteine del lattice naturale garantisce prevenzioni delle allergie di Tipo I. Punta delle dita tesaurizzate per una presa ottimale su oggetti asciutti e bagnati; bordo salvagoccia. Eccellente comfort, flessibilità e resistenza alla perforazione (rispetto al lattice o al vinile). Ottima protezione chimica contro acidi, basi ed alcali. Adatti per: industria farmaceutica, chimica, agricoltura, viticoltura. Confezione dispenser da 100 pezzi. Guanti resistenti alle sostanze chimiche e per la protezione del prodotto - IIIª categoria



Guanti monouso in puro NITRILE con cipria vegetale che definiscono un nuovo standard in fatto di comfort, durata e qualità. Offrono una grande resistenza alla perforazione (rispetto al lattice o al vinile), un'elevata resistenza a graffi, tagli, abrasioni ed una protezione contro spruzzi di sostanze chimiche. Adatti per: industria farmaceutica e chimica. Confezione dispenser da 100 pezzi. Guanti resistenti alle sostanze chimiche e per la protezione del prodotto - IIIª categoria



Protezione da un largo spettro di prodotti pericolosi: l'unico guanto a base di elastomero esistente sul mercato, che resiste ai 12 prodotti chimici elencati nella norma EN 374 e ai 3 gas elencati nella norma EN 943-2. La sovrapposizione di un polimero a di un supporto in cotone crea un isolamento termico e favorisce l’assorbimento del sudore preservando l'impermeabilità. Resiste ai 12 prodotti chimici della norma EN 374 e ai 3 gas della norma EN 943-2.
Per il contatto prolungato con i solventi chetonici, aromatici, clorati, alifatici, esteri, eteri.
Basato sulla tecnologia dell’unione del neoprene e dell'alcool polivinilico, due materiali dalle elevate prestazioni, consente una protezione chimica eccezionale (associata al comfort del supporto interno in cotone).



Guanti monouso per Raggi X
Prodotti con compound di lattice piombifero integrato chimicamente, che preserva i guanti dalla foto-ossidazione. Indicati per operatori e pazienti o altre persone per protezione
nelle operazioni radiologiche.
Tecnologia multylayer (multistrato): il primo è di lattice puro al 100% per proteggere l’operatore dal contatto con residui di piombo e per conferire al guanto la necessaria
resistenza alla trazione. I guanti sono ergonomici (preformati anatomicamente) senza nervature, facili da indossare, soffici e confortevoli. Forniscono un elevato grado di protezione
contro le radiazioni. Lunghezza minima: 300 mm
Disponibili in tre spessori standard:
0,22 mm
0,30 mm
0,38 mm
Polso con bordino salvagoccia (arrotolato). Esenti da polvere (powder free).

giovedì 14 ottobre 2010

ANTICADUTA: Analisi Infortuni


Incidenti in cui è fatale il mancato utilizzo di dispositivi di protezione personali anticaduta

Il primo caso riguarda l’attività di sopralluogo tecnico sul tetto di un capannone.
Un lavoratore, in compagnia di due colleghi, si porta presso la sede di una ditta dove sono presenti altri lavoratori e l’operatore della piattaforma elevabile.
Dopo aver stabilito i rilievi da effettuare il primo lavoratore e l’operatore salgono sulla piattaforma elevabile indossando le imbracature, agganciati con il cordino al parapetto della piattaforma. Scendono al piano di gronda del capannone, nello specifico in prossimità della terza trave a Y guardando dalla strada. Giunti in alto scendono sulla trave e togliendosi entrambi l’imbracatura salgono sulle lastre in fibrocemento, al fine di effettuare i rilievi fotografici il più vicino possibile al tetto e permettere ad altri lavoratori di salire con la piattaforma, a un livello più alto della copertura, per effettuare delle fotografie panoramiche.
L’operatore, che dopo l’incidente dichiarerà di non aver notato se erano presenti sulla copertura dei sistemi d’ancoraggio, si sposta con il lavoratore in linea perpendicolare verso la parte centrale del tetto, presumibilmente passando da una trave all’altra. Giunti ambedue sulla settima lastra ondulata, l’operatore si ferma per eseguire delle fotografie, mentre il lavoratore prosegue attraversando un ulteriore tratto di circa dodici lastre, giungendo su un secondo capannone. Tornando indietro salta in sequenza da una lastra all’altra, fino a cadere accidentalmente su una di queste ultime, infrangendola con il peso del corpo. Cade sul pavimento del magazzino sottostante, da un’altezza di circa m. 7,30.
È evidente che malgrado sia determinante nell’incidente la procedura scorretta del lavoratore, l’uso di imbracature, di cinture di sicurezza avrebbe reso meno grave l’epilogo di questa vicenda.


Il secondo caso riguarda attività di riparazione della copertura in lastre ondulate.
Un lavoratore autonomo si trova sul tetto di una copertura in fibrocemento di un capannone ad uso magazzino di foraggio. Il suo lavoro consiste, appunto, nella riparazione della copertura in lastre ondulate “che in conseguenza delle forti piogge dei giorni precedenti, risultavano danneggiate e presentavano infiltrazioni di acqua piovana che bagnava il materiale stoccato all'interno del magazzino”.
Dopo essere salito sulla copertura e mentre effettua un "giro" di ricognizione sulla copertura per individuare i punti su cui intervenire, improvvisamente il lavoratore cade sul pavimento sottostante in cemento da un'altezza di circa 10 metri per il cedimento di una lastra in fibrocemento.
Il lavoratore non solo non aveva predisposto apposite andatoie appoggiate sulle lastre in fibrocemento per ripartire il peso del corpo, ma non indossava neanche l’apposita imbracatura collegata a fune di trattenuta.


Anche il terzo caso riguarda l’attività di controllo e riparazione di una copertura.
Un lavoratore sta attraversando il tetto in lastre di fibrocemento assieme ad un ingegnere progettista, collaboratore esterno della ditta, per controllare le grondaie intasate. Improvvisamente due lastre adiacenti si rompono e i due precipitano sul pavimento sottostante. Cadono da un’altezza di circa 9 metri. L’ingegnere subisce contusioni multiple guaribili in 15 giorni, mentre il manutentore muore all’istante per i traumi al capo.
Lo spessore delle lastre in fibrocemento era di 0,6 centimetri.
Entrambi non indossavano cinture di sicurezza e non erano state predisposte passerelle per rendere sicuro il tragitto.



KIT di protezione anticaduta pronti per l'uso
È facile proteggersi contro le cadute con questi kit ideati per applicazioni specifiche


Kit professionale con zaino - Duraflex ad 2 punti di aggancio + Manyard ME86.
Miller Manyard elastico da 2 m con connettore a doppia leva in acciaio da 63 mm, rivestiti con TEFLON. Zainetto in omaggio.
Il kit Zainetto Miller è un kit anticaduta multi-funzione, dalle elevate prestazioni, composto da un’imbracatura elastica DuraFlex a 2 punti di aggancio, con cordino Manyard con assorbitore di energia da 2 m e connettore per impalcatura. Articolo ideato per distendersi e seguire i movimenti del lavoratore, garantendo comfort e produttività.
Il Manyard elastico riduce i rischi di inciampare sul cordino.
Il rivestimento brevettato in TEFLON sui nastri DuraFlex e sul Manyard contribuisce a prolungare la durata di questo kit versatile e pratico.



Kit Scorpion. Zainetto con: Scorpion 1008588 e Duraflex MA 02 ad un punto d'aggancio dorsale.
Ideale per lavorare ad altezze ridotte! Imbracatura elastica DuraFlex® con un punto di ancoraggio e dispositivo retrattile Scorpion a rapida attivazione (connettore girevole per impalcature e gancio a doppia leva).
Rivestimento in TEFLON.


Kit edilizia Miller Minilite. Dispositivo retrattile da 3,3 m con moschettone. Imbracatura elastica Miller DuraFlex ad un punto di ancoraggio con rivestimento in TEFLON. Il kit è contenuto in una valigetta in plastica.

Fornibili altri KIT per diverse applicazioni

KIT per Coperture Tetti art. 895 DAM895
KIT Arresto Cadute art. 896 DAM896
KIT per Trattenuta art. 897 DAM897
KIT per Edilizia generico art. 898 DAM898
KIT per Posizionamento e Anticaduta art. 899 DAM899


RISCHIO PREVALENTE: i lavori in quota possono esporre i lavoratori a rischi particolarmente elevati per la loro salute e sicurezza, in particolare al rischio di caduta dall’alto e ad altri gravi infortuni connessi alla specifica attività lavorativa. Pur valutando tutti i rischi specifici connessi alla attività (taglio, fuoco, proiezione di schegge, elettrocuzione, etc.), il “rischio costantemente presente resta la caduta dall’alto”;


RISCHIO da SOSPENSIONE: se la sospensione cosciente, prolungata e continuativa, nel dispositivo di presa del corpo collegato alle funi o sul seggiolino sospeso, può comportare un rischio per la salute dell’operatore (compressione dei vasi degli arti inferiori e conseguente disturbo del ritorno di sangue venoso), la sospensione inerte (a seguito di perdita di conoscenza) può invece indurre la cosiddetta “patologia causata dall’imbracatura”. Questa patologia consiste in un rapido peggioramento delle funzioni vitali in particolari condizioni fisiche e patologiche;


RISCHIO AMBIENTALE: l’attività generalmente si svolge in ambienti soggetti a rischi particolari, dati dalla conformazione del sito o dalla situazione contingente del luogo di lavoro; (caduta di oggetti o di parti di struttura dall’alto, scivolosità dei supporti, cedimenti strutturali, esposizione a scariche elettriche atmosferiche); rischi che possono risultare aggravati dalle condizioni meteorologiche.


RISCHI CONCORRENTI: la valutazione dei rischi deve tenere in considerazione l’eventuale esposizione a quei rischi di minor intensità, ma direttamente concorrenti all’innesco di una eventuale caduta (scarsa aderenza delle calzature, abbagliamento degli occhi, rapido raffreddamento o congelamento, riduzione di visibilità, colpo di calore o di sole, vertigini e/o disturbi dell’equilibrio).


Riguardo ai rischi da sospensione cosciente si dovrà valutare:
- l’utilizzazione di imbracature progettate e costruite appositamente per le posizioni in sospensione;
- l’effettuazione di più di una interruzione della posizione di sospensione, tramite pause di lavoro, scambio di mansioni tra gli operatori e cambi di posizione.
- il tempo di esposizione del singolo operatore (che non essere superiore alle otto ore giornaliere complessive, con turni di lavoro continuativi non superiori a quattro ore e con almeno due interruzioni per ogni turno di lavoro).
Alcuni studi hanno evidenziato il possibile sopraggiungere di una patologia causata dall’imbracatura, in conseguenza della perdita di conoscenza, che può portare ad un malessere grave in un tempo inferiore a 30 minuti. Dunque dovranno essere previste modalità di intervento di emergenza che riducano il tempo di esposizione al rischio, nel caso di sospensione inerte, a pochi minuti.



E' fondamentale ai fini del buon funzionamento di tutti i sistemi di prevenzione e di protezione contro la caduta dall’alto utilizzati nei lavori con funi:
- l’idoneità psico-fisica del lavoratore;
- l’informazione e la formazione adeguate e qualificate del lavoratore, in relazione alle operazioni previste;
- l’addestramento qualificato e ripetuto del lavoratore sulle tecniche operative, sulle manovre di salvataggio e sulle procedure di emergenza.




giovedì 7 ottobre 2010

Armadi per Protezione Documenti


Armadi di sicurezza per supporti magnetici e cartacei.


Il Decreto Legislativo 196/03 impone ad aziende, professionisti e alla pubblica amministrazione norme di adeguamento nell'ambito del trattamento dati. Sono previste multe salate per i trasgressori; per non incorrere in tali sanzioni il trattamento dei dati deve avvenire nel rispetto del D.p.s.(documento programmatico di sicurezza) che l'azienda è tenuta a scrivere, aggiornare con cadenza annuale e allegare al bilancio.

1° Occorre custodire e controllare i dati personali oggetto di trattamento per contenere nella misura più ampia possibile il rischio che i dati siano distrutti, dispersi anche accidentalmente, conoscibili fuori dei casi consentiti o altrimenti trattati in modo illecito. L’inosservanza di questo espone a responsabilità civile e penale per danno anche non patrimoniale qualora, davanti al giudice ordinario, non si dimostri di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo.

2° Occorre adottare ogni altra misura di sicurezza idonea a fronteggiare le predette evenienze, avuto riguardo alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle caratteristiche del trattamento, di cui si devono valutare comunque i rischi. La normativa è chiara: la conclusione è che è meglio essere previdenti che pentirsi in seguito. Mettersi al riparo dalle sanzioni - e naturalmente anche dal danno di un fermo operativo parziale o totale derivante dalla perdita dei dati - non è così difficile come sembra. È necessario dotarsi di adeguate misure di protezione dei dati, e in questo campo gli armadi ignifughi sono l’unico e valido aiuto certificato.

Costruiti completamente in acciaio decappato ed elettrozincato, spessore 10/10, con verniciatura a polveri epossidiche con passaggio in galleria termica a 200°C.
Struttura composta a vari strati di acciaio e rinforzata da imbottiture ignifughe dall’elevato potere coibente. Sistema antiscasso a 2 o 3 punti di chiusura con serratura a norme CE, la stessa usata nelle porte tagliafuoco. Guarnizione termo espandente (DIN 4102) che isola l’interno dell’armadio dall’esterno. Speciale guarnizione termoespandente supplementare ermetica e antipolvere. Piedini regolabili per permettere la messa in bolla dell’armadio. Zoccolo pallettizzato con frontalino
di coper tura per lo spostamento agevole degli armadi. Assicurazione RC prodotti per
tutta la vita dell’armadio.
Tutti gli ARMADI sono visualizzabili su:

venerdì 1 ottobre 2010

Elmetto o Casco Antinfortunistico? Criteri di Scelta






ELMETTO antinfortunistico: criteri di scelta

Ecco le informazioni necessarie per non incorrere in un acquisto sbagliato, per non imparare a posteriori quali sono le caratteristiche che differenziano tra loro gli elmetti antinfortunistici, e fare un acquisto ragionato.

L’uso dell'elmetto di protezione è obbligatorio per tutti quei lavori che possono provocare lesioni al capo tramite oggetti che cadono, si rovesciano o sono lanciati, oppure tramite carichi oscillanti o urti con ostacoli vari.


EN 397 - Norma di riferimento per i caschi utilizzati nelle industrie per proteggere l’utente contro oggetti in caduta e contro urti alla testa.

EN 812 - Il caschetto anti-urto (tipo “Bump Cap”) protegge l’utente contro impatti di lieve entitá o rischi di tagli alla testa. I caschetti non proteggono da oggetti in caduta come i prodotti approvati secondo la norma EN 397.



EN 397 è la sigla della norma europea relativa ai caschi per l’industria e l’edilizia. Secondo questa norma, il casco di protezione per uso industriale è costituito da una calotta esterna e da un rivestimento interno. L’effetto protettivo del casco di protezione è basato sulla sua capacità di attutire gli urti tramite deformazione elastica e plastica, nonché sulla sua resistenza alla perforazione da oggetti acuminati o taglienti.
Le norme per l’industria parlano di ELMETTI, la norma alpinistica parla di CASCHI.


Nel lavoro in quota serve un casco e non un semplice elmetto.
Le norme per l’industria non prendono in considerazione i rischi legati al lavoro in quota. La norma alpinistica prevede la protezione nelle attività in quota e non prende in considerazione i rischi legati alle attività industriali. Manca al momento una norma che prenda in considerazione i rischi legati al lavoro in quota (rischi di lavorazioni industriali + rischi di posizione in quota).

Quindi per i lavori in quota o in condizioni particolari saranno utili i requisiti aggiuntivi:
1° presenza di un sottogola fissato stabilmente al guscio con almeno 3 punti di fissaggio (meglio 4) e di cui sia dato il carico minimo di resistenza non minore di quanto stabilito dalla EN 397;
2° resistenza agli urti laterali, data dalla norma EN 14052 o dalla marcatura LD nell’ambito della norma EN 397;
3° accessori occhiali - visiera per protezione meccanica e per protezione UV;
4° cuffie antirumore se ritenute necessarie a seguito della valutazione dei rischi;
5° versione luminescente per la visibilità notturna o in caso di nebbie o pioggia;
6° versione con rifrangenti per servizi sanitari d'emergenza e di soccorso;
7° sistema di aerazione che mantenga la testa sempre fresca.

Un ottimo esempio è questo tipo di CASCO
• Casco dal design innovativo, leggero, compatto, confortevole e ben ventilato grazie alle 10 fessure d’aerazione che consentono di mantenere fresca la testa. Fessure d’aerazione protette da griglia antintrusione in alluminio.
• Dotato di un meccanismo di regolazione rapido semplice ed efficace mediante la rotella-cremagliera con presa in gomma posizionato sul retro del casco.


La durata di impiego dei caschi e/o elmetti è generalmente fissata a 5 anni. La durata di impiego è limitata da eventuali danni meccanici. Quindi l'unica regola valida resta la seguente: dopo una forte sollecitazione meccanica il casco di protezione deve essere sostituito.

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Elmetto ELE95

Codice
ELE95       Elmetto PLASMA AQ design innovativo aerazione protetta in alluminio
ELE95HV Elmetto PLASMA HI-VIZ design innovativo aerazione protetta in alluminio
ELE95C     VISIERA EN 166 - EN 14458  per elmetto - Trasparente 
ELE95F     VISIERA EN 166 - EN 14458  per elmetto - Smoke
ELE95D     Cuffia ANTIRUMORE range protezione 87db(A) – 98db(A)











EN 397 - Norma di riferimento per i caschi utilizzati nelle industrie per proteggere l’utente contro oggetti in caduta e contro urti alla testa.

EN 812 - Il caschetto anti-urto (tipo “Bump Cap”) protegge l’utente contro impatti di lieve entitá o rischi di tagli alla testa. I caschetti non proteggono da oggetti in caduta come i prodotti approvati secondo la norma EN 397.



Art. ELE 4 sotto


Art. ELE54

sotto 
Elmetto Dielettrico in polimero termoplastico ABS con visiera in policarbonato trasparente retrattile, areato e con bardatura interna regolabile con cremagliera e fascia antisudore.

elmetto a norme EN 397, EN 50365 Class:0 - EN 397 -30°C/+50°C, 
resistenza alla deformazione laterale LD + resistenza a MM (metallo fuso) 440 Volt,
visiera a norme EN 166 1 B 9 AS, AF

completo elmetto + visiera
Colori: giallo, blu, bianco, rosso. 

Accessori per sostituzione: Visera trasparente intercambiabile
Accessori per sostituzione: Visera fumé intercambiabile 









Art. ELE53

ssotto Elmetto in polimero termoplastico ABS Dielettrico DPI di III categoria di rischio
bardatura a 6 punti con cremagliera, fascia antisudore

sottogola a Y o 4 punti e sottomento. CERTIFICATO a norma EN 50365 = elmetti isolanti da utilizzare su impianti di Categoria 0 e I (test a 1000 V) + norma EN397 da - 30° C A + 50° C







Peltor G2000 SOLARIS e' un elmetto che, grazie alla teconologia UV-Indikator (Solaris), indica la durata residua di utilizzo dell'elmetto. Bardatura in pelle, ventilato per la riduzione di calore. Costruito in materiale ABS stabilizzato UV, per ottenere un prodotto leggero senza rinunciare al massimo della resistenza. L'elmetto supera di gran lunga i requisiti dei test formali ed e' comodo grazie al profilo relativamente basso ed alla parte posteriore piu' lunga. Massima classe di protezione in conformita' alla norma EN 397, con le seguenti omologazioni aggiuntive: bassa temperatura (-30°C), deformazione laterale (LD) e metallo fuso (MM). Peso 340 gr.










Altra cosa sono gli Elmetti (ELMI) per le squadre di emergenza aziendali:

Elmo per Vigili del Fuoco fabbricato in Germania, realizzato in High Temp Fibre, conforme alla norma EN443:2008 (ne eccede i requisiti). Scocca interna in PU ad alta resistenza al calore. Visiera integrata resistente agli urti (EN14458:2004). Sistema di regolazione rapida per adattarsi alla circonferenza della testa (cm 53 - 62). 
Predisposizione per maschera a pieno facciale. Cinturino sottogola a tre punti di aggancio per una chiusura sicura e confortevole. Dielettrico, con protezione nucale in pelle o alluminizzata (non compresa e fornibile a corredo), resistente alle sostanze chimiche. Colore rosso o giallo fluo (a richiesta colore nero).
Sono disponibili i seguenti accessori: protezione nucale in pelle oppure protezione nucale alluminizzata.


Gamma GILET Alta Visibilità