giovedì 28 gennaio 2010

Armadi e DPI per FITOSANITARI e FITOFARMACI





Armadi e DPI per FITOFARMACI # PESTICIDI # FITOSANITARI


MODALITA’ CONSERVAZIONE FITOFARMACI IN AZIENDA
(Direttiva 91/414/CEE)

I prodotti fitosanitari devono essere riposti in armadietto chiuso a chiave, opportunamente forato per evitare l’accumulo di vapori tossici. L’armadietto deve essere collocato in un locale arieggiato.
Se il quantitativo di prodotti detenuti in magazzino e’ consistente bisogna predisporre anche una ventola estrattrice.
All’esterno del magazzino devono essere collocati i relativi segnali di pericolo.


Deposito fitofarmaci (da Linee Guida Integrate DDG Sanità 5368 del 29.5.09)

Per il magazzinaggio dei prodotti  fitosanitari deve essere individuato in azienda
un locale dedicato con le seguenti caratteristiche:

• Locale chiuso o porzione di locale delimitato da cancelli o rete metallica, ad uso esclusivo in cui non sono stoccati altri prodotti o attrezzature se non direttamente collegate all’uso dei prodotti fitosanitari, ad esempio le attrezzature per la distribuzione;
• Pavimentazione in battuto di cemento o comunque lavabile per poter raccogliere eventuali accidentali versamenti; inoltre devono essere presenti un cordolo di contenimento;
• Locale sempre ben areato naturalmente. Qualora il deposito sia realizzato da una porzione di un locale più ampio, quale ad esempio il capannone per il rimessaggio macchine, l’aerazione è garantita naturalmente; qualora il locale sia dedicato provvedere ad un apertura diretta con l’esterno installando una griglia nella porta di accesso o su una finestra;
• Impianto elettrico sicuro e assenza nel locale di caldaie, bruciatori a gas o stufe elettriche;
• Modalità di conservazione che impediscano il deterioramento degli imballi utilizzando scaffalature o bancali di legno; è inoltre buona norma che nelle vicinanze sia presente materiale assorbente e attrezzatura per la raccolta di prodotti versati.

Quando i quantitativi utilizzati in azienda siano molto contenuti è sufficiente conservare i prodotti fitosanitari in un armadio chiuso a chiave, con griglia che consenta la ventilazione e provvisto all’interno di bacini di contenimento.
I requisiti sopra citati sono tratti per estensione, con le dovute semplificazioni, dal D.D.G. Sanità Regione Lombardia n° 13488 del 8.6.2001.





ARMADI PER FITOSANITARI E PESTICIDI versioni e misure

Armadi componibili per FITOSANITARI - dim 1075x500x1850H mm
Armadi componibili per FITOSANITARI - dim 575x500x1850H mm
Armadi componibili per FITOSANITARI - dim 1075x500x1100H mm
Armadi componibili per FITOSANITARI - dim 575x500x1100H mm
Armadi monoblocco per FITOSANITARI - dim 1000x460x1800H mm
Armadi monoblocco per FITOSANITARI - dim 1000x460x1000H mm
Armadi monoblocco per FITOSANITARI - dim 730x400x1600H mm zincati





Armadi di stoccaggio per prodotti pesticidi, fitosanitari od inquinanti per le acque, adatti allo stoccaggio di contenitori per sostanze liquide ed in polvere comburenti, tossiche (moderatamente tossiche), irritanti, nocive, corrosive (moderatamente corrosive) od inquinanti per le acque. Strutture di tipo monolitico rinforzate con bordi accuratamente arrotondati per la massima sicurezza dell’utilizzatore. Verniciatura con polveri epossidiche anticorrosive.



DEPOSITO, COMMERCIO E VENDITA DI PRODOTTI FITOSANITARI.
Circolare Ministero della Sanità 30 aprile. 1993 n. 15


Per assicurare il primo soccorso dovrà essere disponibile:
- cassetta di pronto soccorso
- doccia d’emergenza ubicata in zona facilmente e rapidamente accessibile dal deposito. Se risponde a queste caratteristiche può essere la stessa dei servizi igienici
- lava occhi di emergenza ubicato in zona facilmente e rapidamente accessibile dal deposito
- cartello segnaletico con i telefoni di emergenza






Nel mondo agricolo l’impiego di vari prodotti chimici di sintesi ha facilitato un aumento delle produzioni agricole, ma ha anche causato profonde modifiche nell’equilibrio degli ecosistemi e gravi ripercussioni sulla salubrità dei prodotti e sui rischi lavorativi degli operatori agricoli. 

Parliamo in particolare dei prodotti fitosanitari, una serie di sostanze chimiche sintetiche utilizzate per distruggere i parassiti in agricoltura; sostanze per lo più di natura tossica, se non addirittura cancerogene, che devono essere utilizzate e manipolate con grande attenzione.

Vediamo le indicazioni relative ad alcuni comportamenti corretti che possono portare ad una riduzione del rischio:

- “leggere attentamente le etichette e le schede di sicurezza di tutti i prodotti chimici utilizzati;
- segregare i prodotti fitosanitari in luoghi dove l’accesso è garantito solamente a personale qualificato;
- allontanare dall’area da trattare persone e animali;
- utilizzare i dispositivi di protezione individuale;
- effettuare le operazioni di trattamento quando il vento spira in maniera tale che la nube non investa l’operatore;
- effettuare le operazioni rispettando sempre il tempo di rientro, ossia il tempo che deve trascorrere tra l’ultimo trattamento e il diradamento, la potatura ecc.;
- durante i trattamenti, non mangiare, fumare e bere, eseguire correttamente le operazioni di pulizia degli ugelli delle macchine irroratrici;
- aver cura dell’ambiente dove tali operazioni vengono eseguite;
- utilizzare correttamente le macchine e provvedere costantemente alla loro revisione e manutenzione”.

Questi i DPI da utilizzare nelle specifiche fasi di lavoro:


- preparazione distribuzione: tuta, guanti, occhiali, stivali, copricapo, maschera;
- rientro nelle colture trattate senza rispetto del tempo di rientro: tuta, guanti, stivali, copricapo, maschera;
- rientro nelle colture trattate con rispetto del tempo di rientro: tuta, guanti, stivali.

Contattare le aziende "specializzate" di ANTINFORTUNISTICA in DPI per protezione Chimica Professionale (i canali di distribuzione generica NON conoscono i livelli di protezione).


In particolare l’operatore agricolo “dovrà indossare i dispositivi di protezione individuali già fin dal momento della preparazione della miscela che è la fase più critica in quanto comporta il contatto diretto con il prodotto fitosanitario allo stato puro o ad alta concentrazione. Questa fase comprende operazioni di pesatura del prodotto, miscelazione con acqua e travaso nel mezzo utilizzato per irrorare. La preparazione della miscela dovrà avvenire all’aperto, in assenza di vento e il più possibile vicino al campo da trattare”.

Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che “l’impiego dei mezzi di protezione individuali determina sicuramente un elemento di disagio e può essere causa di numerosi inconvenienti. I dispositivi di protezione devono essere individuali poiché lo scambio fra più operatori, può essere causa di trasmissione di malattie. Il DPI deve essere compatibile con altri dispositivi quando vi è un utilizzo contemporaneo, non deve limitare o impedire i movimenti e deve essere funzionalmente pratico”.




Dal documento, che si sofferma nella descrizione dei vari DPI, prendiamo alcune notizie sulla tuta, il DPI “più importante per ridurre l’ esposizione dermale durante tutte le operazioni in cui si manipolano prodotti fitosanitari”.
La tuta “può essere di diversa fattura e fabbricata con qualsiasi materiale, purché sia idonea e certificata per il rischio chimico da cui ci si deve proteggere, e può essere composta da uno o due pezzi”.
Come abbiamo accennato l’aspetto di estrema rilevanza è la presenza della marcatura e della dichiarazione di conformità CE unitamente alla “nota informativa scritta che indichi che è in grado di proteggere l’operatore” in caso di contatto con prodotti fitosanitari.
La nota informativa, “che deve sempre accompagnare la tuta, fornisce indicazioni per la sua gestione (utilizzo e riutilizzo, decontaminazione, pulizia ed eventuale lavaggio, manutenzione, conservazione e smaltimento)”.
Si ricorda che “materiali sicuri e con buon comfort sono costituiti dal cotone impermeabilizzato, dal Tyvek (Pro-Tech Du Pont) o analoghe per certificazione come effetto barriera). Le tute di cotone si bagnano facilmente e, se non sono adeguatamente trattate con sostanze impermeabili, non forniscono una buona protezione. Già da qualche anno sono in commercio tute di materiali impermeabili, ma traspiranti, che rappresentano la soluzione ideale”.

Infine riprendiamo alcune avvertenze per un corretto impiego della tuta:

- “deve essere pulita e senza strappi; va calzata stretta sopra i guanti protettivi e sopra gli stivali; in pratica le maniche ed i pantaloni devono essere indossati all’esterno di guanti e stivali per evitare che, in caso di rovesciamento accidentale del PF (prodotto fitosanitario, ndr) concentrato o della miscela, il liquido stesso venga convogliato dalla tuta all’interno di guanti o calzature, a contatto con la pelle;

- il tutto deve offrire un buon equilibrio tra protezione e comfort; oltre a proteggere dalle sostanze tossiche deve, cioè, non limitare i movimenti, non impedire la sudorazione e quindi non deve essere troppo calda d’estate, non essere pesante, essere facilmente lavabile;

- se la nota informativa della tuta consente il suo periodico lavaggio ed il suo riutilizzo,questa non deve essere lavata contemporaneamente con altri indumenti che potrebbero contaminarsi; i residui di PF possono essere rimossi, in buona parte, utilizzando sapone comune (sapone di Marsiglia) e lasciando riposare il tessuto per un’ora in una soluzione di ipoclorito di sodio in acqua all’1% (nome commerciale: candeggina); dopo ogni utilizzo la tuta va esposta all’aria e al sole: ciò facilita la degradazione dei residui grazie all’azione delle radiazioni solari”.

Doccia di emergenza con Lavaocchi di emergenza  
(rif. Circolare 15/93 e Decreto Legge 81/2008)













venerdì 22 gennaio 2010

I Pericoli derivanti da una Segnaletica sbagliata



In molti casi un idoneo progetto di segnaletica, con opportuni simboli, pittogrammi e materiali, può contribuire a ridurre o annullare l’incidentalità.

L’efficienza della segnaletica di cui è dotata una strada è fra i principali requisiti per minimizzare la frequenza e gravità degli incidenti.

Molti problemi di sicurezza, infatti, si evidenziano in occasione della redazione degli elaborati segnaletici, con i quali si può porvi rimedio; anzi, l’evidenziazione creatasi su tali problemi può suggerire, in alcuni casi, di risolverli modificando il progetto della strada, anzichè aggiungendo segnali di pericolo (ad es. è preferibile correggere una curva pericolosa nel progetto, aumentando il raggio di curvatura, se possibile, piuttosto che inserire, a progetto varato, il segnale di “curva pericolosa” od un limite di velocità).

Le normative in base alle quali si progetta la segnaletica stradale sono quelle del Codice della Strada e relativo Regolamento di attuazione.





Oltre alla velocità eccessiva, alle droghe, all’alcool, al mancato rispetto delle regole, c’è un altro pericolo lungo le strade italiane: la segnaletica.

Una panoramica di errori e orrori:
avvisi contraddittori,
segnali rovinati e illeggibili,
non conformi al codice della strada,
poco visibili di notte, collocati in modo sbagliato,
oppure assenti dove sarebbero indispensabili.

... in breve sembra che SOLO UN TERZO DELLA SEGNALETICA sia attualmente a norma!





martedì 19 gennaio 2010

Differenza tra PREZZO e COSTO (occulto) di un DPI


Se il prezzo costituisce il parametro guida del mercato, certamente i produttori dell'Estremo Oriente, che in questo hanno il loro punto di forza, sbaraglieranno anche nei mercati occidentali.

La concorrenza dei produttori dell'Estremo Oriente, particolarmente cinesi, si fa sentire soprattutto nei prodotti semplici a relativa bassa tecnologia: guanti, calzature, abbigliamento ecc. Alcuni di questi prodotti di importazione hanno una discreta qualità, ma in generale non offrono le garanzie tecniche e normative dei prodotti realizzati dalle aziende italiane e europee.

Da tempo è stata istituita una speciale "sorveglianza del mercato", consistente nel sottoporre alcuni prodotti sospetti a una serie di test in laboratori indipendenti e certificati al fine di valutarne la validità tecnica e la rispondenza alle norme. In caso di comporvata insufficienza, si segnala (?) il caso all'autorità competente nella speranza (non certezza) che provveda nel modo opportuno nei confronti delle aziende produttrici o, nel caso di aziende estere, nei confronti delle case che le rappresentano in Italia.

Quale iniziativa si può dunque prendere per fronteggiare questo fenomeno?
Alla base di tutto c'è una certa mancanza di "cultura antinfortunistica".



Chi acquista (e spesso si tratta anche di grandi imprese o istituzioni pubbliche e di commesse consistenti) ignora o sottovaluta i rischi a cui va incontro acquistando materiali che si possono poi dimostrare non all'altezza per prevenire i rischi o limitare i danni di incidenti.

Chi vende spesso non si rende conto della delicatezza del problema
e quindi delle responsabilità che si assume vendendo materiale inadatto.
Infine, va sottolineata l'inadeguatezza o l'insufficienza dell'attività di controllo da parte degli enti preposti per mancanza di risorse adeguate come numero di ispettori o di competenze.



In definitiva, si tratta di svolgere una grande azione di formazione che sensibilizzi tutti gli attori del mercato sulle specifiche problematiche del settore.

Se le istituzioni prestassero maggiore attenzione al settore della protezione degli infortuni, si potrebbe ridurre il costo degli stessi che la comunità nazionale sopporta. INAIL “... il costo degli infortuni è dell’ordine dei 28 miliardi di euro l’anno ...”. E' una cifra enorme che potrebbe, con iniziative mirate, ridursi notevolmente. Ho letto anche che tale cifra corrisponde a 3 punti del Pil. Abbiamo intenzione di fare qualcosa, o lasciamo le cose così come sono e continuiamo a contare i morti e gli infortuni?

Da un punto di vista teorico in ogni Azienda quando si devono fare delle scelte o decidere dei nuovi investimenti si ritiene sempre opportuno e conveniente coinvolgere fin dalla prima fase di ricerca del fornitore, di stesura del progetto, di definizione delle caratteristiche-requisiti ovvero delle specifiche tecniche del bene da acquisire, anche la Direzione Tecnica (o meglio tutte le unità afferenti al sistema produttivo); nella realtà delle cose poi tutto questo rimane come buon proposito e la definizione finale del contratto viene decisa quasi esclusivamente dall’alta Amministrazione facendo delle valutazioni quasi esclusivamente di natura economica basate sul minor costo apparente.


Differenza reale tra PREZZO e COSTO


Come ben sappiamo in realtà la scelta andrebbe fatta coerentemente analizzando il costo reale ovvero andando a scoprire quelli che sono i costi occulti spesso ben chiari: l'esempio forse banale è sempre lo stesso:

1 calzatura costo € 12,00 + Iva durata media 2 mesi
1 calzatura costo € 46,00 + Iva durata media 12 mesi
(analisi effettuata su prestazioni calzature fornite settore officina)

1 guanto costo € 1,20 + Iva durata media 2 giorni
1 guanto costo € 4,60 + Iva durata media 20 giorni
(analisi effettuata su prestazioni calzature fornite settore officina)


gli esempi sono volutamente sintetici: se volessimo approfondire scopriremmo che, ad esempio nell'ambito della protezione meccanica, dei Guanti in Dyneema® o in Kevlar® sebbene abbiano prezzi iniziali alti consentono un risparmio veramente notevole nel lungo periodo e questo è sinonimo di effetiva riduzione dei costi. Il prodotto low cost nel ns. settore avrà sempre una resa bassa sia come performance sia come durata.



Gamma GILET Alta Visibilità