Secondo l’Eurispes la messa in sicurezza delle infrastrutture e dei luoghi di lavoro agevolerebbe il risanamento della finanza pubblica: infatti gli 874.940 infortuni sul lavoro rilevati nel 2008 sono costati oltre i 43,8 miliardi di euro, pari al 2,8 per cento del Pil italiano dello stesso anno. Una riduzione degli infortuni comporterebbe un potenziale risparmio economico compreso tra i 438 milioni di euro (nel caso di una diminuzione degli infortuni pari all’uno per cento) e i 4,4 miliardi di euro (nell’ipotesi di una diminuzione del dieci per cento). Discorso analogo per quanto riguarda la sicurezza nelle infrastrutture e l’impatto economico degli incidenti stradali. Il risparmio stimato, infatti, è compreso tra i 288 milioni di euro (nell’ipotesi di una diminuzione degli incidenti pari all’uno per cento) e i 2,8 miliardi (dieci per cento di incidenti in meno).
In caso di infortuni sul lavoro, la responsabilità non grava interamente sul delegato per la sicurezza del servizio di prevenzione e protezione (un semplice “ausiliario”) ma anche sull’azienda. Neppure la negligenza del lavoratore esclude la responsabilità dell’azienda, che rimane l’unico “garante” della sicurezza del cantiere. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza (n. 32357) depositata il 26 agosto.
La Corte ha specificato che la nomina del delegato per la sicurezza non equivale a “delega di funzioni” utile ai fini dell’esenzione del datore di lavoro da responsabilità per violazione della normativa infortunistica, perché gli consentirebbe di “trasferire” ad altri la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell’obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi con l’espletamento dell’attività lavorativa”.
“Il datore di lavoro – in sostanza, si continua a leggere dalla parte motiva della sentenza – quale diretto responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuato e pressante per imporre che i lavoratore rispettino la normativa e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarsi ad essa anche instaurando prassi di lavoro non corrette e foriere di pericoli.
Come conciliare con quanto segue?
'Incredibile la dichiarazione del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, secondo il quale 'robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci' ed inoltre 'dobbiamo rinunciare ad una quantita' di regole inutili'''. E' quanto ha dichiarato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi secondo il quale ''l'affermazione di Tremonti mette in pericolo non solo i lavoratori, ma anche i consumatori''.
Secondo Rienzi ''appartiene, infatti, alla logica irresponsabile e antistorica secondo la quale in nome del profitto, le regole devono passare in secondo piano. Regole che nel caso della 626 sono poste a tutela dei lavoratori, ma che negli altri casi sono poste a tutela della qualita' del prodotto e della sicurezza dei consumatori. Peraltro non ci si rende conto che nella competizione internazionale l'Italia deve puntare alla qualita' e all'esportazione dei diritti e delle garanzie, piu' che rinunciare a conquiste di civilta' ottenute nel XX secolo''.
Le aziende di tipo artigianale presentano un indice di rischio notevolmente più alto delle aziende di tipo industriale: passiamo infatti da una media di circa 30 infortuni indennizzati per mille addetti delle aziende industriali a quasi 40 di quelle artigiane. Nelle aziende artigiane, che rappresentano ben il 42% delle aziende assicurate, inoltre, esaminando la dimensione aziendale, l’indice addirittura cresce di circa il 60% nella classe da 1 a 15 addetti. L’indice è molto alto anche nella classe da 16 a 30 (pari a 56,15), inferiore alla media per le pochissime aziende artigiane oltre i 30 addetti (32,33). E' nettamente al di sotto della media l’indice relativo ai lavoratori autonomi (28,67) che costituiscono la maggioranza degli addetti delle aziende artigiane (oltre il 60%). Si può ipotizzare che per quanto riguarda i lavoratori autonomi sussistano probabili fenomeni di sottodenuncia.
La lavorazione di Metalli è il settore più pericoloso, per le aziende artigiane l’attività in assoluto più rischiosa è la lavorazione del Legno, con 58 indennizzi su 1000 addetti nel complesso delle aziende artigiane e addirittura 77 nelle piccole aziende che hanno meno di 16 addetti.
Al secondo posto per rischiosità nelle aziende artigiane troviamo l’Industria dei mezzi di Trasporto (costruzioni e riparazioni di auto, moto, barche, ecc.), per cui sono indennizzati 58 infortuni per 1000 addetti.In questo settore l’indice è molto elevato per le aziende di dimensioni più piccole.
Altri settori di rilievo in relazione al rischio nelle aziende artigiane, “con indici al di sopra del valore 50 sono la Lavorazione dei Minerali, le Costruzioni e la Meccanica.
Per le aziende a carattere industriale la graduatoria dei settori più rischiosi si presenta molto più simile a quella delle aziende in generale: ai primi posti troviamo, infatti, la lavorazione dei metalli, la lavorazione dei minerali non metalliferi, le costruzioni e la lavorazione del legno con indici nettamente superiori a quello medio.
Nelle microimprese il 14,3% degli infortuni avviene entro la prima settimana di lavoro. Tale dato sale addirittura al 20% nel settore delle costruzioni. Il 38,4 % degli infortuni avviene entro il primo anno di lavoro.
Camera di Commercio di Milano, For srl, “Rapporto preliminare”, a cura di Emilio Volturo, (formato PDF, 1.45 MB).